Lettere al Direttore
24 Novembre 2021

La “cultura dello stupro”

di Redazione | 2 min

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Ci siamo illuse che tutte le conquiste fatte per vedere riconosciuti i nostri sacrosanti diritti in tema di emancipazione politica e sociale, avrebbe comportato di per sé una conseguente emancipazione della sfera personale. Che una significativa integrazione nell’ambito lavorativo, favorita da sempre crescenti e brillanti risultati in ambito formativo, e una maggiore indipendenza economica, avrebbero avuto come implicita conseguenza un drastico ridimensionamento del “bubbone violenza”.
E invece è ancora lì drammaticamente presente, retaggio che la donna porta su di sè dalla notte dei tempi  e che affonda le proprie radici in diffusi codici valoriali e comportamentali  che tendono a minimizzare, se non addirittura a giustificare, qualunque forma di violenza nei suoi confronti. Un complesso sistema di pregiudizi, convinzioni, privilegi, che minano pesantemente, fino a delegittimarla, la propria libertà sessuale, attraverso un egemonico controllo del corpo maschile su quello femminile.
Quella “cultura dello stupro” che in un “processo cosciente di intimidazione” punta a colpevolizzare la vittima, stigmatizzandone i comportamenti, che, giudicati ambigui e provocanti, farebbero correre un rischio consapevole nel causare la violenza. Nell’orrore del  “diceva di no ma in fondo lo voleva” o del “magari le è pure piaciuto “, si avverte una indegna e insopportabile presunzione che giunge addirittura a giustificare un simile esecrabile crimine fisico e psicologico, e che troppo spesso si traduce in una drammatica odissea per chi la violenza l’ha subita e non di rado non viene creduta e, in un contesto spesso prevenuto e tra mille distinguo, deve affrontare umilianti indagini che ledono profondamente la sua dignità.

Usciamo dunque dal paradigma che tende a marginalizzare, indicandoli come casi straordinari fuori dal comune sentire, derubricandoli spesso come “ragazzate”, tutta una serie di comportamenti che, a partire dai commenti sessuali più o meno pesanti o le tante forme di molestie arrivano a degenerare in crimini di inaudita violenza. Finchè non ci sarà un unanime riconoscimento che tali aberranti comportamenti si verificano su larga scala in un preciso contesto sociale, culturale e ideologico che perpetua un secolare processo di oggettivazione sessuale, si continuerà a scippare alle donne il diritto a sentirsi protagoniste, forti di quella compiuta emancipazione che è condizione ineludibile per riconoscersi cittadine a pieno titolo.

Fiorenza Bignozzi
ANDE  (Associazione Nazionale Donne Elettrici)

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