Cronaca
15 Settembre 2021
Iniziate le operazioni autoptiche, le prime analisi confermano la morte per impiccagione. Rimane il nodo della sorveglianza: i carabinieri segnalarono nel verbale di arresto le intenzioni suicide

Suicidio in carcere. L’avvocato della famiglia: “Fare luce perché non accada mai più”

di Daniele Oppo | 3 min

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Il carcere dell’Arginone / Archivio

I primi accertamenti autoptici confermano che Lorenzo Lodi, il 29enne morto in carcere il 1° settembre, si è suicidato impiccandosi.

Riamane tutto da stabilire se quel gesto estremo, per nulla improvviso e inaspettato, si sarebbe potuto evitare con un’adeguata sorveglianza. Su questo cerca di fare luce l’indagine coordinata dal procuratore Andrea Garau e condotta dalla Squadra mobile.

Per la morte del 29enne, quattro persone sono indagate per l’ipotesi di reato di cooperazione nell’omicidio colposo. Si tratta del comandate della Polizia penitenziaria e di tre agenti di 51, 31 e 28 anni, tutti difesi dall’avvocato Alberto Bova.

Lodi era stato portato all’Arginone il 31 agosto dopo l’arresto compiuto dai carabinieri di Cento, che lo avevano trovato in possesso di 2 kg di marijuana, più di un etto e mezzo di hashish, una pistola rubata (una Tanfoglio calibro 9) e munizioni, oltre a 16mila euro in contanti.

Secondo quanto emerso finora, l’intervento nella sua abitazione era stato inizialmente eseguito perché la fidanzata e due amici avevano segnalato le intenzioni suicidarie di Lodi – espresse tramite messaggi inviati da cellulare -, arrivato quando nella sua abitazione c’erano già pompieri e carabinieri, che si aspettavano di trovarlo in casa. È stato lui a consegnare la pistola che aveva in macchina, poi durante la perquisizione è stato trovato il resto.

Una volta condotto all’Arginone, in attesa di essere sentito dal giudice per la convalida dell’arresto, è stato posto sotto sorveglianza normale nella sezione Nuovi Giunti. Nel pomeriggio, tra le 14,30 e le 15 è stato ritrovato privo di vita: si era impiccato usando le lenzuola della cella, forse usando una scopa e due pianali, ma l’aspetto del ‘come’ – la dinamica effettiva – deve essere ancora accertata totalmente.

L’indagine, nella sostanza, mira a capire se la sorveglianza sia stata adeguata: nel verbale di arresto i carabinieri avevano segnalato le intenzioni suicide di Lodi ed è da valutare se questa informazione – a tutti gli effetti centrale per una corretta gestione del detenuto – sia stata adeguatamente presa in considerazione dal personale carcerario e se in tal caso, magari aumentando il livello di sorveglianza, si sarebbe potuta evitare la tragedia.

“Ritengo che sia doveroso fare luce su questo caso, perché non accada mai più”, afferma l’avvocato Antonio De Rensis, che assiste la famiglia del 29enne.

Ieri (martedì 14 settembre) c’era anche lui in procura per il conferimento dell’incarico al medico legale Raffaella Marino, che avrà 60 giorni di tempo per consegnare la relazione. De Rensis ha nominato come proprio consulente Sabino Pelosi, medico legale dell’Ausl di Modena, mentre l’avvocato Bova ha scelto Francesco Maria Avato. “Aspettiamo fiduciosi – commenta Bova -. Riteniamo che non si potesse fare nulla di più rispetto a quello che è stato fatto”.

Il 20 settembre verrà conferito l’incarico alla tossicologa Francesca Righini per gli esami tossicologici.

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