
di Giada Magnani
L’uccisione del nostro ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, riporta alla mente un altro lutto che colpì il Ferrarese esattamente 60 anni fa.
Il 12 novembre 1961 tredici aviatori italiani, facenti parte della 43a brigata aerea, 46° stormo, di stanza a Pisa, furono trucidati a Kindu, sul confine col Katanga, da frange estremiste in guerra nell’ambito di una cruenta lotta separatista, una volta ottenuta l’indipendenza dal Belgio.
Tra questi c’era anche un ferrarese: il capitano pilota Giorgio Gonelli, 31 anni, originario di Mirabello, dove, così come a Ferrara, gli son state dedicate vie ed edifici pubblici.
Gonelli con altri 12 suoi compagni era impegnato nella prima missione Italiana di pace del dopoguerra. Tutti e 13 i militari operavano nel contesto di un intervento internazionale dell’Onu, teso a riportare l’ordine in quello stato martoriato da una lunga fase di secessione fratricida.
Volavano a bordo di due C119 Flyng Box Lyra 33, per trasportare aiuti e rifornimenti a soldati maltesi impegnati in difesa della popolazione civile stremata, che era nel caos e necessitava di cibo e beni di prima necessità.
Ma quel giorno un gruppo di milizie ribelli li attaccarono di sorpresa, mentre pranzavano in una mensa, li massacrarono e li seppellirono in una fossa comune, dove restarono nell’oblio per quattro mesi. Solo dopo tutto quel tempo furono informate le autorità locali e quelle italiane e i corpi degli aviatori, straziati forse anche con atti di cannibalismo, furono riesumati dai Caschi Blu Etiopi, e riportati in patria.
Le loro spoglie riposano da allora nel sacrario della cappella dell’aeroporto militare di Pisa. Mentre due altri monumenti sono stati eretti in ricordo dei 13 martiri: l’uno a Fiumicino l’altro a Pieve di Torina, Macerata.
All’epoca ne nacque un caso diplomatico. Il tutto fu causato pare da un errore: i nostri avieri sarebbero stati scambiati per militari faziosi, accorsi per armeggiare con le forze in campo. Gli assassini restarono comunque impuniti, l’eccidio irrisolto.
Mentre a quegli eroi nel 30ennale del loro sacrificio umanitario venne assegnata la medaglia d’oro militare alla memoria, e i familiari furono risarciti 45 anni dopo l’eccidio.
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