Gli rubano la bici. Li riconosce e li fa fermare dai poliziotti
Gli hanno rubato la bicicletta ma lui è riuscito a riconoscerli e a indicarli ai poliziotti intervenuti sul posto, che li hanno denunciati
Gli hanno rubato la bicicletta ma lui è riuscito a riconoscerli e a indicarli ai poliziotti intervenuti sul posto, che li hanno denunciati
Lo hanno notato nelle vicinanze della stazione e lo hanno controllato, ma la carta di identità fornita agli agenti è risultata falsa e lo hanno arrestato
Gli hanno trovato nel computer con oltre 40 filmati pedopornografici. Così il 65enne Massimo Restivo Caponcello è finito davanti al giudice nella giornata di ieri mentre è imputato in un altro processo per un raggiro ai danni di un'anziana per 400mila euro
Doppio processo ieri per un 65enne accusato di detenzione o accesso a materiale pedopornografico (per cui la procura ha chiesto 6 mesi) e per un raggiro da 400mila euro a un'anziana
Il giudice per le indagini preliminari ha deciso di riservarsi, prenderà quindi in seguito la decisione sull'opposizione all'archiviazione richiesta dalla Procura di Ferrara in merito al camper andato a fuoco nel parcheggio della Decathlon lo scorso 6 febbraio
Tutto è ancora al vaglio degli inquirenti, le perquisizioni e i sequestri eseguiti martedì servono proprio a trovare eventuali riscontri. Certo è che nell’atto d’accusa di Pietro Scavuzzo, l’imprenditore siciliano ed ex collaboratore di giustizia dalle cui dichiarazioni nasce l’indagine sulle presunte tangenti a Ferrara Fiere, i contenuti sono piuttosto forti.
L’indagine è divisa in due: la prima parte riguarda i rapporti di Scavuzzo con Ferrara Fiere e la seconda riguarda l’appalto per la riqualificazione post sisma del quartiere fieristico.
Il primo troncone. Da quel che si apprende, Scavuzzo si sarebbe ‘rivoltato’, andando a denunciare tutto (e autoaccusandosi, per questo è anche lui indagato), una volta vistosi strozzato dai crediti accumulati nei confronti della Fiera: 300mila euro per gli allestimenti non pagati alla sua Europa Stand srl, società specializzata in forniture per fiere, mostre e congressi.
Secondo quanto ha raccontato agli inquirenti, l’imprenditore si sarebbe garantito una sorta di esclusiva versando nelle mani dei vertici dell’ente il 20% del valore degli allestimenti stessi. Un do ut des che, nella versione dell’accusatore, avrebbe previsto anche la divisione tra i vari soggetti coinvolti di una quota degli utili realizzati durante le esposizioni, come ad esempio i ricavi del bar: questo fa nascere l’ipotesi di reato di peculato.
In tempo di crisi gli affari non sarebbero più andati come previsto, così Scavuzzo non avrebbe più versato quel 20% richiesto e come conseguenza non solo sarebbe stato escluso dai nuovi allestimenti, ma la Fiera avrebbe anche stoppato i pagamenti arretrati, facendogli accumulare un credito enorme e un grande problema di liquidità. Il rapporto sembra essere stato transato a quota 50mila euro, poi Scavuzzo risulta aver mollato la società, vendendola, a detta sua, per pochi euro.
Il secondo troncone. Si salta alla seconda parte dell’indagine, che è quella più rilevante anche dal punto di vista economico e riguarda l’appalto da circa 5 milioni di euro per i lavori di riqualificazione post sisma, vinto dalla AeC di Modena. Proprio quel nome sarebbe saltato fuori in anticipo, rispetto all’aggiudicazione, durante una conversazione una conversazione privata con uno degli indagati.
Ma sull’appalto c’è di più: secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, che nelle carte sequestrate martedì cercano riscontri, il suo valore sarebbe stato gonfiato, facendolo passare da 1,7 milioni di euro ai 5 milioni circa poi finanziati tramite i soldi della gestione commissariale dell’emergenza terremoto.
Ed è proprio qui che potrebbero inserirsi alcuni dei nomi degli indagati non ancora noti e nei confronti dei quali non sono stati compiuti atti garantiti: quelli appartenenti al livello politico.
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