Attualità
18 Aprile 2020
Il sub-commissario all'emergenza parla dei problemi da risolvere nel Ferrarese e della ripartenza: “Inevitabile nelle prossime settimane ritornare in situazione di sorveglianza e apertura”

Covid-19. Carradori a tutto campo dalla situazione nelle Rsa alla necessità della Fase-2

di Daniele Oppo | 5 min

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Tiziano Carradori, direttore dell’azienda ospedaliera

“Diagnosi tempestive, separazione e iniziare quanto prima la terapia di riduzione e controllo dei sintomi” è la sintetica strategia proposta da Tiziano Carradori, sub-commissario all’emergenza Covid-19 e dg dell’azienda ospedaliera di Ferrara, intervenuto venerdì mattina in conferenza stampa con i media locali.

Quattro gli argomenti più caldi al momento: risolvere la questione dei contagi tra i conviventi con le persone poste in quarantena; affrontare la situazione delle strutture residenziali socio sanitarie e tenere sotto un occhio vigile la situazione dell’ospedale di Cento. E pensare alla ripartenza.

Basso contagio. Si parte da una situazione che vede Ferrara comunque favorita rispetto al contesto sia nazionale che regionale. “Contiamo a ieri (giovedì, ndr)  700 casi di persone diagnosticate come positive sulla base dei tamponi, questo vuol dire che abbiamo 2,2 casi per 1000 abitanti che è 2,3 volte inferiore a quella che mediamente registriamo in Regione, dove sempre alla data di ieri avevamo una prevalenza di 4,71 casi per mille abitanti – spiega il sub-commissario -. Continuiamo ad essere i meno interessati, assieme alla provincia di Ravenna”. Anche il numero dei decessi (74 a giovedì) – che sono relativamente “pochi, ma pesanti” –  rapportati alla popolazione, dicono che “siamo in una situazione che è quasi 3 volte inferiore alla media regionale, 0,2 morti per 1000 abitanti, la regione ne è ha 0,63 per mille. E anche se prendiamo la letalità (morti sul totale dei positivi), abbiamo un 10,6 morti per 100 casi diagnosticati, contro media regionale di oltre 13”. Una situazione che, afferma Carradori, “conferma la bassa diffusione nel nostro territorio” del coronavirus Sars-CoV-2.

I contagi in famiglia. Eppure non mancano le criticità da affrontare. “Negli ultimi 15 giorni in modo particolare la proporzione dei contagi che interessa le persone prossime ai quarantenati ha raggiunto circa il 18% del totale. Dalla fine di febbraio era l’11%. Ci troviamo in un aumento di contagi di queste persone dell’80% a livello regionale”, spiega il dg del Sant’Anna. La domanda, allora, diventa importante e abbisogna di una risposta di sistema: “Fino a che punto nel domicilio delle persone quarantenate sono soddisfate condizioni d’isolamento (bagno dedicato, spazi, capacità di autonomia): la quarantena la facciamo fare in casa o altrove?”.

Le residenze. La seconda questione è quella che oggi sembra più impellente anche a Ferrara – si pensi a La Fiorana o alla Beneficenza Manica ad Argenta –  ovvero quella dei contagi nelle strutture residenziali socio sanitarie, dove “nel periodo di osservazione, ad oggi, la media è del 7%”, ma “negli ultimi 15 giorni a livello generale (non locale) è praticamente raddoppiata, al 15%”. Ecco allora la proposta del sub-comissario: “Bisogna che ci comportiamo come ci siamo comportati negli ospedali. Non possiamo far coesistere, senza separazione di percorsi, senza dpi, persone che supponiamo essere esenti dalla malattia e persone non esenti. Le persone positive non devono rimanere nella stessa struttura se non può creare condizioni di isolamento, dobbiamo riflettere sulla opportunità, come si fa negli ospedali (noi abbiamo il Delta che è Covid+) di individuare strutture esclusivamente dedicate al trattamento di persone positive, in modo tale da evitare diffusione dei contagi”.

I controlli al Sant’Anna. Il dg, anche in risposta ad alcune perplessità sindacali, mostra come la situazione dei contagi tra gli operatori sanitari del Sant’Anna appaia decisamente sotto controllo. In base ai tamponi effettuati, infatti, si registra “una positività di periodo (dall’inizio a oggi) inferiore all’8%, concentrate tutte nel primo periodo”. Addirittura, ragiona, “con ogni probabilità dobbiamo riflettere se ridurre i letti dedicati ai Covid+”.  Per continuare a moniorare e mantenere un basso livello di contagio l’azienda si è già attrezzata: “Da lunedì dovremmo partire con dei sierologici (diversi da quelli rapidi cromatografici) ai quali viene attribuita una maggiore affidabilità – annuncia Carradori -. Abbiamo 1.400 kit. A ieri abbiamo sottoposto a test rapido 1.070 colleghi, che si aggiungono ai 390-400 tamponati e abbiamo 2600 persone. In questi 1.070 abbiamo solo il 2% di positivi. Faremo in parallelo e a campione il prelievo ematico e il tampone sulla stessa persona per vedere affidabili che possiamo attribuire ai test più rapidi”.

Attenzione su Cento. Discorso diverso lo meritano altre strutture provinciali, in particolare quella dell’ospedale di Cento (che è una struttura Ausl), dove ci sono “evidenze che meritano un approfondimento”. Il riferimento è ai 37 tamponi positivi su 241 refertati.

La Fase-2. Carradori non nasconde la sua propensione verso l’avvicinamento alla “Fase-2” quanto più tempestivamente possibile, pur con estrema prudenza: “Io penso che un rischio di ripartenza di una epidemia lo correremo sempre, visto che viene evitato solo se viene eradicato il virus – spiega il dg -. Se andiamo in una Fase 2 dobbiamo preoccuparci di non tornare indietro, ma se non andiamo nella Fase 2 la salute non viene compromessa solo dal coronavirus, ma anche dal reddito, dalla segregazione domiciliare: la salute dipende tanti fattori”. La ripartenza va approcciata, ovviamente, “con prudenza, dotandoci di tutti gli strumenti e senza dimenticare quello che nostro malgrado abbiamo imparato (igiene, distanziamento), ma io penso che sarà inevitabile nelle prossime settimane ritornare in situazione di sorveglianza e apertura. Personalmente sono più preoccupato del mantenimento sine die di quello che noi abbiamo sperimentato con il lockdown quasi totale”. Il tutto però a patto che vengano adottate “strategie condivise a livello di sistema, se no si porta al fallimento ognuna delle strategie possibili”.

La ripresa comporterà anche nuovi adattamenti anche per le strutture sanitarie. “Stiamo lavorando   – spiega –  sugli appuntamenti,  le visite, le precauzioni esterne ed interne che dovremmo prendere, e stiamo lavorando per vedere come ripristinare il ritmo delle attività nelle condizioni di massima tutela e sicurezza dei sanitari e delle persone che attendono”.

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