Cronaca
19 Dicembre 2019
Roberta Previati alla Corte d'Appello che dimezza la pena a Eder Guidarelli: "Questa non è giustizia, mi vergogno di vivere in un sistema che dimentica lo strazio per lo stalking"

Omicidio Cenci, la mamma all’assassino: “Seminfermità per giustificare l’atrocità”

di Elisa Fornasini | 4 min

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Sentenza Fiera. La Procura ricorre in Appello

Dopo la sentenza di primo grado con cui il gup Carlo Negri del tribunale Ferrara ha pronunciato l'assoluzione per i cinque accusati per le presunte tangenti tra i padiglioni della Fiera, nei giorni scorsi, la Procura ha deciso di ricorrere alla Corte d'Appello di Bologna per quanto riguarda la posizione dell'ex presidente Filippo Parisini, inizialmente prosciolto dal giudice dopo la richiesta di rinvio a giudizio, chiedendo ai giudici bolognesi di disporne il rinvio a giudizio

Marcello Cenci

“Con questa sentenza viene giustificato tutto, dallo stalking all’omicidio. Consiglio agli assassini di invocare la seminfermità mentale per giustificare e legittimare ogni azione disumana, anche quella più atroce”. È inevitabilmente la disperazione per una “giustizia che fa schifo” a pervadere l’animo di Roberta Previati, la mamma di Marcello Cenci ucciso da Eder Guidarelli nella notte tra l’1 e il 2 luglio del 2017 a Valencia.

La madre prende atto delle motivazioni della Corte d’Assise d’Appello di Bologna che ha dimezzato la pena all’autore del “brutale assassinio di mio figlio”. Ma leggere quelle 114 pagine è stato un colpo durissimo al cuore perché “questa non è giustizia, questa non è la mia Italia, questo non è uno Stato di diritto”.

Il punto critico è il riconoscimento della seminfermità mentale. “Una persona ritenuta normale, ben accolta, integrata nella società, con un lavoro e delle passioni (giocava anche a calcetto con mio figlio) è diventata improvvisamente seminferma di mente”.

Eppure “lui era pienamente capace di intendere e volere – ricostruisce la madre di Cenci -. Non lo dico io, lo hanno stabilito tre perizie. Solo la consulenza di parte pagata dalla difesa ha invocato la seminfermità. In caso di dubbi, la Corte avrebbe potuto e dovuto nominare un proprio perito e invece ha stabilito che tutte le bugie raccontate da Eder sono diventate una sua verità e ha deciso di abbassare la pena”.

La ricostruzione dei giudici diventa quindi “superficiale, ricostruisce male i fatti in quei due giorni di follia, confonde il nome dell’assassino con quello di mio figlio”. E nel farlo “dimentica lo strazio, il dolore fisico e morale per gli atti di stalking. Dimentica il dolore per la perdita in nome di una presunta seminfermità sostenuta dal suo avvocato e dal presidente della Corte che non sono medici o psichiatri”.

Non è stata riconosciuta neanche la premeditazione. “Ma cosa doveva fare di più? Doveva scriverlo che voleva ammazzare mio figlio? Non basta l’alter ego Symon per verificare come si comportava Marcello con le donne e scoprire la sua posizione a Valencia?”.

Per queste domande non c’è risposta, di fronte a una Corte che reputa “sincero e autentico il pentimento di Guidarelli in aula davanti ai genitori”. “Per questo non ho parole – confessa Previati -. Sono passati due anni e mezzo da quando ha ucciso Marcello, poteva comunicare questo pentimento prima ma l’ha fatto solo in appello. Non si era pentito per gli atti di stalking sempre più violenti e compiuti sempre alle spalle. Questo è passato in secondo piano”.

E non ci sono parole davanti alla tomba di Cenci. “Tutte le mattine vado a salutare Marcello e non riesco a parlargli. È terribile. Mi vergogno di vivere in questo sistema, dove la vittima passa dalla parte del colpevole, dove non si considera la persona uccisa ma solo la persona che l’ha ucciso, perché è l’unica rimasta in vita. Così non ci si sente più parte dell’Italia, non ci si sente più tutelati“.

Rimane una constatazione – “spero che i giudici non provino mai il dolore di vedere l’assassino del proprio figlio condannato alla pena di soli 16 anni” – e il proseguo dell’iter giudiziario. Ovvero il ricorso per Cassazione della Procura Generale che si muoverà per l’annullamento della sentenza. “È l’unica cosa che si può fare”, mormora tra i singhiozzi la madre.

Una “sentenza ingiusta – anche a detta dell’avvocato Valentina Bordonaro che assiste la famiglia di Cenci costituitasi parte civile – che lascia totalmente basiti, perché fondata esclusivamente sulle risultanze di una consulenza di parte e perché non tiene minimamente conto dei tre elaborati, già agli atti, che hanno dichiarato Guidarelli pienamente capace di intendere e volere”.

La Corte “a fronte delle evidenti perplessità in merito alle capacità di Guidarelli avrebbe dovuto/potuto effettuare una propria perizia, cosa non fatta inspiegabilmente – conferma la legale -. La scelta di valutare autonomamente la seminfermità, senza l’ausilio di un nuovo e imparziale tecnico, è chiaramente una misera giustificazione per alleggerire la pena inflitta all’imputato”.

“La sofferenza dei genitori, che reagiscono in maniera diversa e che hanno bisogno di metabolizzare le motivazioni della sentenza, è immensa e umanamente incontenibile” ammette Bordonaro, che attende il ricorso già preannunciato del Procuratore Generale: “Confidiamo nuovamente nella Giustizia“.

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