Attualità
29 Luglio 2019
Carlo Ottavi, 48 anni, affetto da spina bifida, ‘pretende’ di poter lavorare

“La mia battaglia? L’ho fatta vivendo”

di Marco Zavagli | 4 min

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La sua colpa? Due vertebre tra loro troppo distanti. La condanna che gli ha inflitto la natura? Non poter guarire. Carlo Ottavi ha 48 anni. È nato a Verona, ma vive sin da piccolo a Ferrara. Da quando è nato è affetto da spina bifida, una malformazione congenita della colonna vertebrale. La malattia, che in Italia colpisce circa 5 bambini ogni 10.000 nati, comporta disabilità motorie e funzionali a carico di diversi organi e apparati, oltre a complicazioni neurologiche.

Carlo Ottavi è perfettamente consapevole della diversità cui l’ha costretto il semplice gesto di nascere. E con quella diversità è cresciuto, ha studiato, ha coltivato passioni. Tanto che oggi può dire che “la mia battaglia contro la diversità l’ho fatta vivendo, dimostrando agli altri che la diversità è un problema loro, non mio”.

Ma oltre alla condanna inflitta dalla natura, ce n’è un’altra. Questa volta inflitta dalla società. Non poter lavorare.

“Sono anni che cerco in tutti i modi di poter lavorare”. I suoi problemi economici iniziano circa dieci anni fa. Vengono a mancare i genitori. Possedeva però una casa a Verona. Con quell’affitto sbarcava il lunario. “Poi le tasse, i lavori di manutenzione, altre spese. L’abbiamo venduta. Ma ora i soldi sono finiti”.

Ottavi si era iscritto nelle liste di collocamento della provincia di Ferrara. Nulla. Poi, complice un cambio di residenza nella vicina Occhiobello, in quelle di Rovigo. “Qui in 5 anni mi hanno trovato solamente, attraverso convenzione tra la Provincia e una cooperativa di assemblaggio di Fratta Polesine, un piccolo impiego part time. Avvitavo bulloni per sei ore al giorno. Prima per sei mesi, poi altri sei mesi di rinnovo”. Scaduta la proroga non l’hanno assunto. “Eppure, anche se non era il lavoro che sognavo, era pur sempre un lavoro, lo facevo volentieri. Io non ho pretese lavorative, mi basta che sia un impiego che posso svolgere fisicamente”.

Già, perché a causa della sua malattia, Ottavi non può svolgere qualsiasi mansione. “Quantomeno devo poter stare seduto”.

E si sente anche fortunato. Perché fino al ventesimo anno di vita la sua vita era di gran lunga peggiore. Fino a quell’età non riuscivo a camminare. Poi ho fatto degli interventi a Roma e ho avuto la possibilità di muovere le gambe, aiutandomi con un bastone. Ero rinato. Quei primi anni sono stati di non vita”. Nemmeno negli studi aveva trovato conforto. “Nella scuola ci possono essere ambienti molto cattivi. Io ricordo l’indifferenza degli insegnanti e lo scherno dei compagni. Non potevo entrare nei locali, e i miei amici quando uscivano inventavano le scuse più diverse”.

Dopo la scuola dell’obbligo si è iscritto a psicologia a Padova. “Volevo essere di aiuto a chi si fosse trovato nelle mie condizioni. Avevo ottenuto il diploma di scuola superiore come assistente di comunità infantile. L’avevo fatto in funzione di quella facoltà, ma tutti i giorni col treno facevo fatica a fare il pendolare. Ero vicino alla laurea breve, peccato”.

Nel frattempo coltiva le sue passioni. Il teatro, il cinema e la fotografia. “Ho seguito corsi di recitazione con Massimo Malucelli. Ho avuto parti di attore nel cinema indipendente, ad esempio con Francesco Barigozzi, regista ferrarese che vive a Berlino”. Ha lavorato con Viktor Rambaldi, “facendo foto di scena per il suo cortometraggio Trespass e per ‘Chi ha rubato il naso a Pinocchio?’, suo spettacolo teatrale”. Un’esperienza nella pellicola la deve anche a Franco Battiato. “L’ho conosciuto a uno dei suoi concerti, mi vedeva sempre in prima fila. Una volta mi ha invitato nel suo camerino e mi ha voluto per una parte in Musikanten, il suo film uscito nel 2005”.

Ultimamente ha ripreso in mano la macchina fotografica. “Mi piacerebbe tornare a teatro, dove potevo essere chi volevo; ma ora che ho il bastone sono legato solo a certi personaggi. Con la fotografia invece faccio spesso fotografie di scena e quindi è come essere a teatro, anche se in altro modo”.

Ora, con il suo certificato di invalidità, e quel po’ di esperienza maturata (vanta anche un attestato come segreteria data entry), cerca lavoro. Da un bel po’. “Non si immagina quanti curricula ho mandato via mail. Mai, mai una risposta. L’ufficio disabili continua a dirmi che non c’è niente. È possibile? davvero è possibile? io lo trovo allucinante”.

E così Ottavi, dopo la battaglia contro la discriminazione, si torva suo malgrado ad affrontare quella per il lavoro. “La vedo come un’altra battaglia, perché mi sento abbandonato dallo Stato. Quando leggo di collocamento mirato obbligatorie, o di categorie protette, si tratta di una realtà solo scritta, ma che non c’è, non esiste, nonostante la Costituzione”.

Ecco allora il suo appello: “quando ho chiesto aiuto alle istituzioni ho ricevuto solo nuove parole. Ormai c’è uno stacco tra i politici e la gente normale. È gente che non sa cosa vuole dire fare la spesa. O, peggio, non poterla fare. Io chiedo e pretendo di avere una possibilità. Anche perché io ho delle competenze e voglio avere questa possibilità”.

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