Bondeno. Qualche difformità nella tenuta dei registri delle presenze nella comunità che avrebbe generato l’indebita percezione di circa 5mila euro ottenuti dall’Ausl di Ferrara per la presa in carico di tre persone con difficoltà. Per questo un parroco dell’Alto Ferrarese è finito per questo a processo.
L’imputato è don Giorgio Lazzarato, parroco di diverse parrocchie nel Bondense e gestore della comunità di accoglienza a Salvatonica, difeso dall’avvocato Barbara Grandi. L’accusa, sostenuta dal pm Andrea Maggioni (che su basi simili aprì una indagine sul tutto il sistema di accoglienza stranieri ferrarese, con molte posizioni già archiviate), è di aver segnato come presenti in struttura tre persone (tutte italiane), in periodi in cui in realtà si trovavano altrove – due all’ospedale e una con la propria compagna – ottenendo così indebitamente i fondi dell’azienda sanitaria per il servizio.
Sottoponendosi all’esame dell’imputato durante l’udienza di mercoledì, don Lazzarato – che in questi giorni ha festeggiato 42 anni dalla prima messa – ha spiegato in buona sostanza che, almeno nei due casi dei ricoveri, lui considerava quelle persone sempre sotto la sua custodia e la sua cura, tant’è che si recava quotidianamente a trovarli per prestare loro assistenza, occupandosi di loro anche durante la degenza ospedaliera. Circostanza, questa, confermata anche dai testimoni – una volontaria e un ex ospite – portati dalla difesa, che però non hanno dato una collocazione temporale precisa in merito alla permanenza di tali persone nella struttura con riferimento agli specifici periodi contestati dall’accusa.
Nell’altro caso il parroco ha ammesso di aver forse peccato di disattenzione, almeno per alcuni mesi perché coincidenti con l’affidamento improvviso di un gruppo di minori stranieri non accompagnati che lo impegnò tanto, facendogli perdere di vista l’effettiva presenza o meno dell’uomo in struttura. Sembra significativo, per valutare almeno l’assenza di dolo da parte del parroco e la sua effettiva volontà di aiutare le persone, il fatto che l’immobile assegnato all’uomo sia rimasto occupato dalle sue cose e nella sua disponibilità anche per un ulteriore anno – pur risultando lui ormai formalmente assente – in modo da dargli un luogo di riferimento nel caso l’esperienza di convivenza non fosse andata a buon fine ed evitare così che ricadesse in comportamenti nocivi.
L’azienda sanitaria – a cui il prete aveva già offerto una transazione da poco più di 5mila euro, rifiutata – si è costituita parte civile tramite l’avvocato Riccardo Venturi. Il 10 luglio si aprirà la fase della discussione, con la requisitoria del pubblico ministero Andrea Maggioni e le arringhe degli avvocati.
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