Bondeno
14 Gennaio 2019
Anche la 3^AB dell'istituto ha ascoltato le parole della senatrice sui giorni dell'olocausto

Giornata della Memoria: gli studenti del Carducci di Bondeno incontrano Liliana Segre

di Redazione | 2 min

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Bondeno. Venerdì 11 gennaio, al Teatro Nuovo di Ferrara, la 3aAB dell’Ipssc di Bondeno ha partecipato all’evento: “La senatrice Liliana Segre incontra gli studenti di Ferrara e Provincia”.

Un’occasione a cui non si poteva mancare. Un teatro gremito. Un applauso scrosciante all’entrata di una ragazza d’altri tempi, una nonna di oggi pronta a raccontare una porzione di se stessa ai ragazzi lì convenuti. La parola come unico antidoto all’oblio, ovvero “Testimoniare” come imperativo. Questo è il fine dell’attività di Liliana Segre, perché la parola orale, per quanto più evanescente, è certamente più efficace di quella scritta. Lei lo sa bene e dopo un brevissimo ringraziamento ai docenti, quasi maître à penser di sartriana memoria, impatta rapidamente l’attenzione dei ragazzi raccontando non i grandi eventi da libro di testo, ma quello che era il suo quotidiano di ragazzina alle prese con la famiglia. La nonna e l’amatissimo padre sono i protagonisti principali di un racconto che parla di scuola, di affetti, di fuga in Svizzera, di viaggio verso l’ignoto, di separazione e di sopravvivenza. Ebbene, in alcuni passaggi (soprattutto nei silenzi riguardo ai rumorosi oppure quando riprende alcuni studenti alquanto disinteressati invitandoli ad uscire), riaffiorano visibilmente quelle caratteristiche caratteriali forti, necessarie a vincere la disumanità di un lager nazista. Le stesse peculiarità che la spingono ancora oggi a ricordare i visi e i nomi di compagne perdute e lottare contro il buio della ragione. Sino ad affermare quel rifiuto della violenza, non intesa come sinonimo di perdono, che sottolinea un distinguo umano profondo, ossia l’affermazione di una vitalità opposta alla mortifera esistenza degli aguzzini.

Che dire di più? Gli studenti della 3aAB hanno ascoltato con grande attenzione, scritto appunti, e, quasi incredibilmente, hanno dimenticato i cellulari. “Professore”, hanno domandato quasi tutti durante il viaggio di rientro, “perché non abbiamo potuto fare delle domande?”. Come rispondere se non per la mancanza di tempo. A ben pensare, però, se le autorità fossero state meno protagoniste ed avessero contenuto i loro istituzionali, superflui e lunghi interventi nei soli saluti, allora non avrebbero tolto, ad un’iniziativa “fatta per gli studenti” (come loro stesse hanno sottolineato), il tempo agli interventi dei ragazzi. D’altra parte, solo se volessimo che la “Giornata della Memoria” non si declinasse al passato, quale reperto di un’epoca definitivamente tramontata, ma rimanesse uno scoglio ad argine di un possibile ritorno, sotto altre forme, di spettri non mai totalmente defunti, allora, solo allora, sarebbe necessario che i superstiti, le vittime di quel tempo, interagissero ora, adesso, sempre, con i giovani.

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