Tutto è iniziato con una sparatoria nel maggio del 2015, di fronte al pronto soccorso di Ravenna. Un regolamento di conti per il mancato pagamento di una partita di droga, che portò all’arresto di un 35enne italiano e di un 38enne marocchino. Da quel momento, il comando provinciale dei carabinieri di Ravenna ha fatto partire un’imponente indagine per smantellare un’organizzazione dedita allo spaccio e attiva nelle città e provincie limitrofe, con Ferrara e la sua riviera tra i principali centri di smercio. Nei giorni scorsi il lavoro degli inquirenti ha portato al sequestro di 39mila euro, 26 chili di droga tra cocaina ed eroina e all’arresto di sette persone.
Secondo il colonnello dell’Arma ravennate Roberto De Cinti, il gruppo criminale sarebbe stato il frutto di un “sodalizio bicefalo”, ovvero di un’alleanza tra un gruppo albanese che faceva arrivare la droga attraverso l’Adriatico e di un’altro, prevalentemente tunisino ma supportato anche da una componente italiana, che si occupava di piazzarla al dettaglio, in particolare tra Ravenna, Ferrara, Rimini e Forlì. De Cinti ha affermato che l’organizzazione lavorava “in maniera professionale, con caratteristiche quasi imprenditoriali” ed era in grado di smerciare circa 80 grammi di sostanze ogni due giorni.
L’indagine è partita in un momento di contrasto per un mancato pagamento tra i due gruppi alleati, che portò alla sparatoria del maggio 2015. Avvenne in seguito a una rissa tra i componenti delle due bande, che costò il ricovero al pronto soccorso a uno dei componenti della banda albanese. A quel punto un 35enne italiano e un 38enne marocchino arrivarono nel parcheggio armati e spararono una decina di colpi verso l’automobile di un 32enne albanese, che rimase illeso. I due furono identificati e arrestati, e da lì partì l’indagine ‘Amarcord’, che prende il nome da un bar dove erano soliti riunirsi i due gruppi criminali.
A fornire le prove schiaccianti della lavorazione e dello smercio di droga, oltre a intercettazioni difficilmente fraintendibili (“era sotto casa e si è trovato i borghesi dietro al culo. Abbiamo ripulito la casa e siamo fermi, però siamo anche un po’ in paranoia”) sono state anche le immagini e video raccolti sul campo. Grazie a una microcamera montata nella cappa di aspirazione dei fornelli nell’appartamento di uno degli albanesi, i militari hanno ripreso le operazioni di impasto e taglio delle droghe. L’inquilino si è accorto di essere spiato proprio mentre stava ‘cucinando’ una partita di eroina, dopo aver smontato la cappa per cercare di aumentarne l’efficacia. Quando ha visto la telecamera è uscito di casa senza nemmeno chiudere la porta, è saltato in auto e ha raggiunto uno dei nascondigli sparsi per Ravenna – nei pressi di una ferrovia – dove erano presenti 800 grammi di eroina. Ma era già troppo tardi: gli uomini dell’Arma erano già in azione e dopo averlo arrestato hanno trovato altri 20 chili di eroina nell’appartamento.
A finire in manette la mattina del 9 luglio con un’ordinanza di custodia cautelare sono stati i quattro cittadini albanesi Avni Avduli, Elton Avduli, Irakli Papa (di età compresa tra 28 e 42 anni), insieme a Noamen Issaoui e Rochdi Iuissaoui (tunisini di 37 e e 32 anni) e alla 32enne italiana Khatrin Valeriani, moglie di uno dei componenti della banda.
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