Cronaca
13 Dicembre 2017
Colombani, una delle vittime: “Non sono stato creduto subito, ferito dalle voci su di me”. Il difensore del serbo: “Adempio a un dovere ma dubbi sul quadro probatorio”

Igor. Nell’attesa che si materializzi il fantasma, rinviato a ottobre il processo per le rapine

di Daniele Oppo | 3 min

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A destra il pm Ciro Alberto Savino, al centro l’avvocato di Igor, Cristian Altieri

Nell’attesa che il suo fantasma si materializzi, è iniziato il processo a carico di Norbert Feher – anche se per Ferrara rimane ancora Igor Vaclavic – per l’ondata di rapine violente commesse insieme ai complici Ivan Pajdek e Patrik Ruszo nell’estate del 2015, conclusasi poi – senza Igor – con l’omicidio Tartari ad Aguscello.

L’udienza. Quella di mercoledì mattina è stata solo un’udienza filtro in cui il collegio giudicante (Vartan Giacomelli presidente e a latere Debora Landolfi e Sandra Lepore) ha ammesso le prove: i testimoni della pubblica accusa (pm Ciro Alberto Savino), oltre quelli della parte civile (una delle vittime, Alessandro Colombani, rappresentato dall’avvocato Cristian Corvini) e la riserva di produzione documentale da parte della difesa: l’avvocato d’ufficio Cristian Altieri (in sostituzione del legale Maria Teresa Colamussi), che si è riservato anche l’esame dell’imputato, oggi latitante, casomai venisse catturato.

Il rinvio dell’udienza è piuttosto lungo: 17 ottobre del prossimo anno, a meno che “Igor” non venga trovato prima, allora potrebbe cambiare qualcosa.

La vittima. “Pensavo si facesse un po’ prima – commenta con un poco di rammarico Colombani alla fine dell’udienza -. Ci aspettiamo comunque che ci sia giustizia e che la legge faccia il suo corso. Speriamo che venga preso e che sconti tutto quello che ha fatto di male, io sono forse la cosa più leggera visto ciò che ha fatto agli altri”.

Colombani, che subì una violentissima rapina il 26 luglio 2015 nella sua abitazione di Villanova di Denore, come dicevamo è l’unica parte civile per le rapine e parte anche con un po’ di svantaggio: la sua denuncia iniziale fu contro ignoti e il caso venne archiviato abbastanza rapidamente, con annessa distruzione delle prove raccolte. Poi le testimonianze delle altre vittime e le confessioni di Pajdek (e in parte di Ruszo) confermarono che anche lui fu una delle vittime della banda. Non mancano, anche per questo, note amare nelle parole di Colombani: “Per diverso tempo non sono stato creduto, pesavano mi fossi inventato tutto, che avevo litigato con qualcuno. Poi dopo le confessioni mi hanno creduto, ma le voci che sono circolate e che ho scoperto solo dopo mi hanno ferito molto di più delle botte”.

Il difensore di Igor. Non sarà un lavoro facile neppure quello del difensore di “Igor”, l’avvocato Altieri: “Sto adempiendo a un dovere d’ufficio, non avendo una versione alternativa – spiega ai taccuini -. Mi stupisco però che le dichiarazioni dei due correi siano state avvalorate da un’aura di incontestabilità. C’è un elemento di incertezza riguardo alla figura di Igor, non si sa neppure se è russo, dell’ex Jugoslavia o uzbeko dato che in un atto si dice sia nato a Tashkent. rimangono dubbioso rispetto al quadro probatorio: ci sono incongruenze nelle dichiarazioni, Igor sarebbe il capo banda ma i due non conoscono neppure il suo nome, non si capisce in che modo avesse un ruolo dominante. Se non fosse un processo fondato su un certo tipo di pressioni dovute a fatti successivi, probabilmente non ci sarebbero elementi per istruirlo”.

Le rapine dell’estate 2015. La banda, secondo l’accusa, qualche giorno dopo la rapina a casa Colombani, il 30 luglio, colpì a Mesola in casa della 93enne Emma Santi che venne imbavagliata e legata a letto con ai polsi fascette elettriche (tecnica usata anche per Tartari), per quasi due giorni prima di essere soccorsa dal figlio. Poi, ancora, il 5 agosto, a Coronella nella casa di Cristina e Giulio Bertelli, figlia e padre, lui invalido di 86enne, in balia della banda per cinque ore: per questa rapina Pajdek è stato accusato anche di violenza sessuale per aver palpato la donna.

Già condannati i complici. Per quei fatti Pajdek e Ruszo sono stati condannati in rito abbreviato rispettivamente a 15 anni e due mesi di reclusione (più 2.920 euro di multa) e 14 anni e 4 mesi (più 2.840 euro di multa).

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