Politica
30 Novembre 2017
La replica del nuovo direttore generale dell'Ispra e le lacune legislative rilevate dall'Anas

Bratti: “Non sono un miracolato”

di Marco Zavagli | 3 min

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“Io non sono un miracolato. La legge che io ho proposto non dice che i parlamentari o comunque gli assessori non possono partecipare ad una manifestazione di interesse, sarebbe incostituzionale. Dice che non possono essere nominati”.

Secondo l’ex deputato Pd il primo decreto, il numero 4, “era sbagliato e l’hanno corretto. Altrimenti a quella selezione non solo non avrebbero potuto partecipare i parlamentari, ma nemmeno ad esempio chi ha fatto l’assessore nei comuni sopra i 20000 abitanti o i consiglieri comunali. Sarebbe stata discriminazione alla rovescia. In quel caso io avrei presentato ricorso”.

La norma in questione richiamata nel decreto è l’articolo 8 della legge 132 del 2016, che parla dei requisiti del direttore generale dell’Ispra. “Quell’articolo prevede l’incompatibilità e infatti l’ho rispettato dal momento che mi sono dimesso subito dalla carica di deputato entro i 15 giorni previsti dall’atto di nomina. Prendo servizio il 14 dicembre e avrei potuto rimanere fino a fine legislatura”.

Per quanto riguarda invece la coincidenza temporale tra l’emanazione del decreto numero 4 del 30 agosto e la manifestazione di interessa di Bratti, il deputato spiega che “io la domanda l’ho fatta il 24 agosto, alle ore 11.30, quindi dopo l’avviso dell’11 agosto ma prima del nuovo bando del 30”. Comunque prima che uscisse il primo chiarimento e l’hanno protocollata il 30 perché forse erano chiusi”.

L’esponente ecodem rivendica poi la bontà del suo curriculum (che riportiamo in fondo all’articolo): “se lo si legge magari si capirà perché hanno preso me. È chiaro che c’è qualcuno che cerca di buttarmi addosso un po’ di fango. Sono ritornato a lavorare e non credo che aver fatto politica sia un delitto”.

Bratti ricorda infine che avfrebbe anche potuto ricandidarsi alla Camera – lo statuto del Pd prevede fino a tre mandati -, “ma ho scelto di ritornare a lavorare e fare quello che facevo prima”.

Fin qui la replica del diretto interessato. Quanto alla normativa di riferimento invece, va rilevato il richiamo che l’atto di nomina fa al decreto legislativo numero 39 del 2013, che elenca le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190.

Cosa dicono questi commi? Il comma 49 sprona il governo, “ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, nonché della prevenzione dei conflitti di interessi”, ad “adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni”. Il comma 50 indica i principi e criteri ai quali dovrebbero ispirarsi questi decreti legislativi. E la lettera c) chiede di “disciplinare i criteri di conferimento nonché i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive. I casi di non conferibilità devono essere graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico ricoperte, all’ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con l’amministrazione che conferisce l’incarico”.

Si parla quindi di almeno un anno tra un incarico in parlamento e una nomina a un enete come l’Ispra. Ma qui, e non è colpa di Bratti, il governo non è intervenuto, nonostante la segnalazione a governo e parlamento numero 4 del 2015, punto 5 dell’Autorità anti-corruzione, anch’essa richiamata nel decreto di nomina.

 

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