Carissimi amici del Dialetto Ferrarese e dei territori che lo parlano. Qualche tempo fa, purtroppo, è venuta a mancare Piera Wolf Ruiba in Normandia, dove abitava da anni. Piera era una professoressa in pensione che viveva a Melleville, appunto in Normandia....
Carissimi amici che mi seguite in questo spazio. Il Concorso Letterario Bergamini 2024, imponeva il seguente tema : “NEL PAESE DEI MIEI DESIDERI VORREI TROVARE” … Per chi scrive, per diletto come me, o presumo pure per i professionisti, è difficile impostare una poesia o un racconto, con input altrui. Io ce l’ho fatta. Ho ricevuto pure tre riconoscimenti
Cari amici del Dialetto Ferrarese. Il 9 maggio alle 16 alla delizia del Verginese a Gambulaga, il “Tréb dal tridèl” è invitato alla chiusura dell'anno accademico dell'Utef. Nell'occasione alcuni soci ( Flooriana Guidetti,Sandro Mingozzi, Mario Montano, Claudio...
Carissimi amici del Dialetto Ferrarese (maiuscolo per...amore). In questo spazio vi presento una mia poesia che ha vinto un doppio premio nel prestigioso Concorso Letterario “Bruno Pasini” – XVIII ^ Edizione - 2023 – “ÀLL, RADÌŚ... CÓJAR L'ÀTIM”
Carissimi amici del Dialetto Ferrarese. Si è spento serenamente, in questi giorni, Nerio Poletti, classe 1930. (Ho letto la notizia sui social dalla nipote Vanna). Vecchio amico mio, ma soprattutto del dialetto ferrarese. Lo avevo incrociato diverse volte a Bondeno...
Questa volta, amici del dialetto ferrarese, vi propongo un paio di poesie di uno dei più grandi amici della nostra stupenda lingua: Luigi “Gigi – Tamba” Vincenzi. Una seria (La quistion dlà difarénza), che denota l’amarezza dell’autore nel constatare il rischio della sua fine. Maestro elementare, s’era reso conto che i bambini non lo parlavano quasi più. L’altra invece (“La vìda”), è scaturita dalla vena ironica e dall’amore che suggeriva di degustare, mai però ubriacarsi : il vino.
Luigi Vincenzi, «Gigi» per gli amici, «Tamba» per i dialettologi, è nato a Ospitale di Bondeno nel 1926, era maestro elementare, in pensione dal 1988. Cominciò a scrivere in dialetto intorno agli anni settanta, poesie di carattere agreste, anche per la conoscenza profonda di questo mondo essendo il padre agricoltore ed avendo passato le varie estati lavorando nei campi facendo, così, una vera Università del dialetto.
Il suo mondo è quello dei diseredati che debbono lottare ogni giorno per vivere; è stato per diciotto anni a contatto con il mondo di sacrificio dei pescatori di Goro. Dopo un primo premio al concorso di Portomaggiore nel 1974, ed ancora un primo premio al concorso di Tresigallo nel 1984, ha collezionato moltissimi premi nei vari concorsi nel ferrarese e fuori provincia, fin quando, per la sua conoscenza del dialetto in tutte le sue sfaccettature, gli è stato richiesto di partecipare a Giurie di concorsi: il “Lindo Guernieri” di Portomaggiore; il “Mario Roffi” di Ferrara; il “Bruno Pasini” di Massafiscaglia; ed anche a quello organizzato da alcuni anni dalla Parrocchia di S.Giacomo di Ferrara. Ha pubblicato nel 1977, insieme allo zio materno Nino Tagliani (Fanghét) “La fiéra di śdaz“; nel 1987 a cura della testata Diocesana “La Voce”, di cui all’epoca era redattore l’amico suo Dino Tebaldi, “Al Pàlio ad Fràra” in ottave; e pubblicò: “Grépul” una raccolta di poesie che comprende un atto unico, premiato con il 1° premio all’Antica Fiera di Portomaggiore nel 1996: “I reśiduàt ad guèra“.
Fu socio fondatore (1982) de AlTréb dal Tridèl, cenacolo di cultura dialettale di cui fu segretario “storico”; è stato attore del “Teatro Minore Alberto Belli” e scrisse pure una commedia in tre atti “Al cavaliér … e tanto altro ancora!
LA QUISTIÓȠ DLA DIFARÉNZA
Dialèt: cruda espresioƞ, gréża paròla!
L’è nat cóme favèla ad pòvra zént
ch’la stava int ‘na tèra sénza scòla;
e ch’la savéva dìr, mò scrivar: niént!…
È nat pruvèrbi e nóm d’urdégn d’lavór,
nóm ad fadìgh, biśógn: póchi paròl
adàti a dìr miśèria, fam, dulór
e tramandadi a vóś da padr in fiòl-
L’è nat da stiàƞ dlà tèra e stiàƞ ad val
dóv al fagòt dla vita al jéra péś,
dóv al zadrón al jera a mén di mal
da supurtàr, int l’alt e bas fraréś.
Uƞ, diś adès, che quél più pur l’è al so;
un àltr al diś, invéz:<< Nò, nò!… L’è al mié!..>>
Tirànd ognuƞ i mèrit dal sò cò,
as porta sól giavóƞ int la famié…
Ch’la sia ciamà “calìgh, “nèbia” o “fumana”,
l’è sémpar la cundénsa dal vapór!…
La “cmàr, la “levatrìz” o la “mamàna”
l’è quéla che la cój i frùt dl’amór!…
Da Mésula a Bundéƞ, l’è difarént
mo l’è fraréś con difarénz da niént.
Èl più fraréś “farléta” opùr “zupèl”?
Èl mèj ciamàral “piò” opur “varsùr”?
Chi gh’à raśón?..Mi a dìgh ch’ l’è un bèl zapèl
zarcàr int al pacùgh quél ch’l’è più pur!…
Baucànd i fa cunsùlt i profesór
e, al nòstar bèl dialèt, intànt, al mór!
TRADUZIONE.
LA QUESTIONE DELLA DIFFERENZA- Dialetto cruda espressione, fredda parola!/ È nato come favella di povera gente/ che abitava in una terra senza scuola;/ e che sapeva dire ma scrivere: niente!…/ Sono nati proverbi e nomi di arnesi da lavoro/ nomi di fatiche, bisogni: poche parole/ adatte ad esprimere miseria , fame, dolore/ e tramandate a voce di padre in figlio./ È nato da gente (‘stiàƞ – cristiani) della terra e gente delle valli) / dove il fagotto della vita era pesante,/ dove la talassemia era il minore dei mali / da sopportare, nell’alto e basso ferrarese./ Uno, dice adesso, che quello più puro è il proprio;/ un altro invece dice:<< No, no!… è il mio!>>/ Tirando ciascuno i meriti dalla propria parte/ si porta solo zizzagna ( “giavóƞ”-erba infestante delle risaie) in famiglia… / Che sia chiamata “calìgh”, “nèbia” o “fumana” (tre sinonimi di nebbia, secondo la zona : basso, centro o alto ferrarese,) è sempre la solita condensa del vapore!…/ La comare (cmàr),la levatrice, (levatrìz), levatrice o la mammana,(mamàna: Sono tre sinonimi per definire l’ostetrica) / è quella che raccoglie i frutti dell’amore!…/ Da Mesola a Bondeno è diverso/ ma è ferrarese con differenze da nulla./ È più ferrarese “farléta” oppure “zupèl”? (sinonimi per definire il vangile, applicato al manico della vanga per affondarla col piede). Nel bondenese si trova anche “tapét” , tappo di legno inchiodato nel manico della vanga)./ È meglio chiamarlo “piò”(piolo), oppure “varsùr” ? (versuro,) (sinonimi di aratro. Vedi Baiolini: Dizionario “Etimologico”.)/ Chi ha ragione?…Io dico che è una bella confusione/ cercare nell’immondizia ciò che è più puro!…/ Chiacchierando (a vanvera) fanno consulti i professori/ e il nostro bel dialetto, intanto, muore!
LA VIDA
Arcòrd la mié campagna impreziusìda
da strén d’ólm, ad nugàri e da la vida.
La vida… acsì intòrta, ruvda, śgruplóśa,
l’è ‘na pianta mudèsta ma… prezióśa:
a primavera i cò, béƞ armundà,
da pampan, fój e rìz, i vién dubà;
tra màģ e żugn, sotfója la fiurìs
e ad graplìƞ con i gràƞ la s’impinis;
al gónfia coj sò raz, al sól d’agóst,
la pòlpa ad chi granìƞ che… la vién móst
mustrànd in in trasparénza i gramustìƞ.
Acsì al calór dal sól al s’càmbia iƞ viƞ!
Viƞ… par dar fòrza a j’omn int al lavór;
pr’ardàr ai vèc un póch dal pèrs vigór;
par mandar żò magùn mar cmè la fiél;
pr’al Sacramént ch’al vèrz ill pòrt dal Ziél.
A sóƞ inamurà ad cla pianta
che, vdéndla, am sént… cuntént, al cuór al canta;
par mi a sarév la giòia più cumpida,
da mòrt, èsar suplì ai pié d’na vida!
DEDICA
A dèdich a j’astém stì mié vèrs
parché is arvéda in témp ad quél ch’ j’à pèrs;
e, int al stes témp, ai dedich ai bavdùr…
parché?… Im è più simpàtich, av al żur!…
TRADUZIONE
LA VITE- Ricordo la mia (“mia” nel senso “quella dei miei tempi”)/ campagna impreziosita/ da filari di olmi, di noci e dalla vite./ La vite… così contorta, ruvida, nodosa / è una pianta modesta ma … preziosa:/ a primavera i tralci, ben potati/ da pampini, foglie e viticci vengono addobbati;/ tra maggio e giugno, sotto le foglie, fiorisce/ e di grappolini con i chicchi si riempie/gonfia con i suoi raggi, il sole d’agosto,/la polpa di quei chicchi che… diviene mosto/mostrando in trasparenza i vinaccioli./ Così il calore del sole si cambia in vino!/Vino… per dare forza agli uomini nel lavoro;/ per ridare ai vecchi un po’ del perduto vigore;/ per inghiottire dispiaceri (letteralmente “magùn” significa “durelli di pollo o altro volatile” – in senso figurativo è “dispiaceri”, “afflizioni”) amari come il fiele;/ per il Sacramento che apre le porte del Cielo./ Sono innamorato tanto di questa pianta/ che, vedendola, mi sento contento… il cuore canta ;/ per me sarebbe la gioia più completa,/ da morto essere sepolto ai piedi di una vite!
DEDICA
Dedico agli astemi questi miei versi/ perché si ravvedano in tempo di ciò che hanno perso/ e, nello stesso tempo, li dedico ai bevitori …/ perché? Mi sono più simpatici, ve lo giuro!
Dal libro di Luigi Vincenzi “Tamba”: GRÉPUL. A cura di M.C. Nascosi Ed. arstudio C
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