Eventi e cultura
17 Dicembre 2016
Alla libreria Ibs+Libraccio la scrittirce Giuseppe Sgarbi dialogano sui loro ultimi lavori

Susanna Tamaro e la fiaba che non aveva ancora scritto

di Redazione | 4 min

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di Federica Pezzoli

Due storie sull’ampio respiro del vivente, sull’eternità, che ha un prima, un durante e un dopo di noi: perché fermarsi al durante e non farsi domande sul prima e sul dopo? Sono i volumi presentati al pubblico ferrarese:“Lei mi parla ancora” di Giuseppe Sgarbi (Skira) e “La tigre e l’acrobata” (La Nave di Teseo).

È stata Elisabetta Sgarbi, figlia del primo ed editrice della seconda, a dare il benvenuto al pubblico descrivendo i due ospiti come “due persone apparentemente lontane, ma accomunate dall’amore per la parola scritta”. In realtà Tamaro e Sgarbi hanno almeno altre due cose in comune, come si è scoperto durante l’incontro: entrambi hanno un passato come pescatori ed entrambi sono maestri elementari. E diverse cose in comune hanno anche i loro due ultimi lavori, la prima è che “entrambi in apparenza sono favole, ma in realtà sono parabole”, ha affermato il moderatore Giuseppe Cesaro: entrambi hanno l’intento di “farci riflettere su un mistero sul quale il nostro tempo ha smesso di meditare, l’eternità e il viaggio verso di essa”.

“Quello che ancora mi mancava – ha spiegato Susanna Tamaro – era scrivere una cosa fantastica, una fiaba, che è il libro più difficile da scrivere perché deve avere tantissime cose dentro, poesia, senso etico, fantasia, e tutte in equilibrio”. Per questo l’autrice confessa che “è stato il libro più difficile: ogni parola era una ricerca. Però una volta finito sono stata molto contenta perché è un vero e proprio dono”.

La protagonista è una piccola tigre che mette in discussione quello che la natura le offre e che i suoi simili semplicemente accettano e parte per un viaggio alla ricerca di qualcosa, del sole, della luce, di se stessa, fuori dai confini della Taiga in cui è nata e da cui le altre tigri non usciranno mai. La tigre della Tamaro è animata da profonda inquietudine: “avere un tarlo e ciò che ci rende sensibili, ci dona umanità; ora non è più permesso e si prendono pillole per non avere tarli. Non mi piace questa società che ci vuole automi, in cui non c’è spazio per le inquietudini, per la sensibilità. Bisogna tornare a parlare della necessità dell’inquietudine, soprattutto con i giovani”, ha spiegato l’autrice. La sua tigre “sceglie l’idealità, non la realtà” e nel suo viaggio incontra esseri umani, ma “riesce a parlare solo con coloro che hanno il cuore puro, ossia con dei ‘falliti’ che tra il potere e la libertà hanno scelto la libertà, perdendo il potere e diventando antistituzionali”.

unnamed“Anche la Rina era una tigre, vero Nino”, domanda Cesaro a Sgarbi: “Sì, anche se forse è un po’ azzardato paragonarla a un animale. La prima volta che l’ho vista aveva il camice bianco coperto di macchie, il professor Sandri all’università la chiamava ‘la Rina spaccatutto’”. “Il nostro incontro è stato casuale: sono andato a casa sua perché dovevo riprendere dei libri che avevo prestato a qualcuno, abbiamo iniziato a studiare insieme per l’esame di chimica, ma lei dopo aver letto le pagine del libro una sola volta ricordava già tutto, mentre io avevo bisogno di ripeter più volte”: questo è solo il primo dei tanti ricordi di Giuseppe Sgarbi sulla moglie, scomparsa un anno fa a novembre, che si possono leggere fra le pagine di “Lei mi parla ancora”.

Tamaro ha definito “La tigre e l’acrobata” “un inno all’umanità”, in cui cerca di fare ai lettori “il dono della visione che porta la speranza”, come scrive nel libro: “ai nostri giovani manca una visone, una prospettiva di lungo corso, la nostra società è ottusa, la visione che domina è il pragmatismo economico e tecnologico, ci vuole una visione dell’invisibile”.

E se quello della Tamaro è un libro sulla visone, Cesaro ha definito quello di Sgarbi un libro “non sull’assenza, ma anzi sulla presenza” della moglie, di coloro che non si trovano più, eppure li sentiamo accanto. Anche se l’incipit del libro è proprio la domanda “Perché sei andata via?”, Giuseppe Sgarbi venerdì pomeriggio ha confidato al pubblico: “Per me è come si ci fosse sempre, qualche volta dialogo con lei come se fosse lì, oppure a letto allungo la mano credendo di trovarla accanto e poi le chiedo di aiutarci sempre”.

Sgarbi in fondo non ha mai perso la Rina, come scrive nel libro: “non ci siamo persi perché non ci siamo mai posseduti. Amarsi per noi voleva dire essere, non avere, essere l’uno per l’altra non l’uno dell’altra”. Ecco perché , concludendo questa conversazione a tre, Susanna Tamaro ha sottolineato che “Lei mi parla ancora” dovrebbe essere una lettura obbligatoria per gli studenti delle scuole superiori: “in un modo anaffettivo, di incontri elettronici, insegnerebbe ai ragazzi cos’è una storia d’amore”.

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