di Serena Vezzani
Cento. “Referendum costituzionale: il sì e il no a confronto”: questo il titolo dell’incontro pubblico organizzato dal gruppo “Cento in movimento”, con la collaborazione del Circolo della stampa, ieri, a partire dalle 16, in sala Zarri.
Come relatore per il no, Fernando Rossi, ex sindaco di Portomaggiore ed ex senatore; come relatore per il sì, Mattia Franceschelli, coordinatore del comitato “Basta un sì – Cento per il referendum”, laureato in diritto costituzionale: con un format di venti minuti a testa per esporre i punti chiave, si è parlato di enti territoriali, bicameralismo e Costituzione. A moderare Marianna Petronelli e Giuliano Monari.
Una proposta “ferraginosa, confusa e ridondante”, quella della riforma, secondo Rossi, che, sostiene, “manca di maggioranza non solo costituzionale, ma anche parlamentare”. Per non parlare del bicameralismo paritario: “Ci raccontano che l’abbiano fatta per semplificare su tempi di legge lunghi che, in realtà, non dipendono dallo stato della Camera. Rimangono tanti poteri al Senato che sarebbe bastato chiudere se l’obiettivo era il risparmio”.
Critiche anche al “titolo” del referendum e agli articoli che lo compongono, “eccessivamente lunghi e poco chiari”; poi, la contraddizione maggiore, secondo Rossi: “Si tratta di una proposta del Governo, rappresentante di una parte, che va contro la Costituzione stessa, che vuole sia fatta dal Parlamento”. E, infine,”si tratta di una controriforma a favore di J.P. Morgan, delle banche e delle multinazionali”.
Legittima è invece la riforma secondo Franceschelli: “Il Governo ha sì presentato la proposta, ma il Parlamento l’ha modificata per due anni fino alla forma attuale”. Il nuovo Senato, costituito da 74 consiglieri regionali e 21 sindaci, “è fondamentale, perché siamo il Paese al mondo col più alto numero di contenziosi alla corte costituzionale tra Stato e regione, e l’unico ad avere due camere uguali”. Dopo il referendum, infatti, “ci sarà una camera eletta dai cittadini e una camera che riunirà gli enti territoriali”.
Si restituirà inoltre dignità al diritto delle minoranze parlamentari “con l’obbligo di esaminare e votare le proposte di legge di 150.000 firme”; salirà inoltre anche la soglia per il referendum abrogativo: non più 500mila firme di elettori, ma 800mila. “E il quorum sarà fissato al 51% dei votanti delle ultime politiche”. Al contrario, se la raccolta firme si attesta tra le 500 e 800mila resterà il quorum del 51% degli aventi diritto al voto.
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