Faccio il sovversivo 2.0
21 Ottobre 2016

Berco, atto iniziale

di Faccio | 2 min

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L’ennesima vertenza, l’ennesima lotta, sempre contro il profitto e contro il capitale

Che la classe operaia abbia una crisi esistenziale non lo dico io, è un dato di fatto. Basti pensare che per la vertenza del 2013, quando ancora i social non invadevano le nostre menti come adesso, una sera mi alzai da tavola per andare in una sede di partito a pochi passi da casa, presi la parola e dissi  che la nostra BERCO stava per affondare e che, secondo me, il pericolo di scontri sociali tra di noi era molto vicino

Avete mai provato?

Avete mai provato ad uscire di casa alle 22,00 e fare ritorno alle 6,00 della mattina dopo e non per fare serata, ma per andare al lavoro? Avete mai provato a partire di casa quando sta per cominciare un evento serale che vi interessa? Avete mai provato ad andare...

Noi siamo la Berco

Sono giorni molto intensi quelli che stiamo affrontando in fabbrica, il clima non è per niente buono e non si lavora affatto bene, anche se la speranza che tutto si sistemi è sempre tra di noi: stiamo uniti, non dobbiamo fare l’errore di dividerci, tutti insieme per un unico scopo, cioè salvare l’occupazione e riportare Berco dove era un tempo

Essere davanti alla fabbrica a parlare e a discutere per ore capita solamente in occasione di scioperi e presidi.

Capita così, che stai conversando con un compagno di lavoro, dopo aver parlato per 1 o 2 ore un po’ ti stanchi e allora incroci gli sguardi di altri colleghi, che saluti con un cenno della testa. Guardare le facce è veramente affascinante, perché sembra che tutti vogliano far vedere che sorridono, in realtà da sorridere c’è ben poco e capisci che è come se ci proteggessimo l’uno con l’altro, proprio come una mamma fa con il suo bambino.

L’atmosfera che si respira è irreale, POLIZIOTTI ANTI SOMMOSSA venuti da Padova? Ma quando mai?

Il clima era tranquillo e forse anche troppo camomilloso (parola nuova? chiedere all’accademia della crusca, grazie) quando ad un certo punto ecco apparire 2 camionette di poliziotti con tanto di “maniche fatte su”. Ci guardiamo, ci scappa da ridere e diciamo che secondo noi si sta un po’ esagerando. Nel frattempo sentiamo uno squillo di cellulare, era la mamma di un collega che diceva al proprio figlio di tornare a casa immediatamente, perché sicuramente stavamo facendo delle brutte cose, perché Copparo è piena zeppa di poliziotti con i manganelli pronti per picchiare gli operai che si comportavano male.

“L’ultimo anello di catena che protesta”

Io, il collega e altri intorno scoppiamo in una risata senza ritegno, poi però arriva un’altra telefonata: era la moglie preoccupata di un altro che sosteneva praticamente le stesse cose.

Lì ci siamo chiesti: ma veramente è necessario tutto questo stanziamento di mezzi per della gente che difende il proprio posto di lavoro? L’unica risposta che mi viene in mente è che, evidentemente, ci sono delle realtà diverse dalla nostra. Personalmente non capisco come si possa manomettere o danneggiare il proprio stabilimento dato che è quella roba lì che ti permette di vivere dignitosamente.

Arriva la sera e, assieme agli ex dipendenti passati a dare la loro solidarietà e che ringrazio pubblicamente, ci accorgiamo che ci sono più forze dell’ordine che civili… allora scambiamo 2 chiacchiere con i carabinieri, anche loro davanti allo stabilimento 24 ore su 24. Facciamo arrivare quella che sarebbe la fine del turno e tra la pioggia fine e fredda della sera ci avviamo verso casa.

Poi arriva il 20 ottobre, vengono ritirate le procedure di mobilità, discussioni a non finire, ipotesi di ogni genere, ma ci sono le commesse e non abbiamo tempo da perdere, si torna a lavorare…

Per il momento…

Continua…?

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