Attualità
30 Aprile 2016
Una lezione pubblica con il padre della filosofia dell’informazione per parlare di dati, etica e possesso

I dati nell’era di internet: a lezione con Floridi

di Redazione | 3 min

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floridi_lezionepubblica-1di Silvia Franzoni

Nativi digitali o meno, con il digitale, nel 2016, tutti ci hanno a che fare. E ci hanno a che fare personalmente, nel senso che parte della propria persona, per semplificare, è in internet sotto forma di informazione reificata. C’è dunque un archivio sterminato di dati e qualcuno li possiede, ne controlla accesso e disponibilità: chi?

Attorno a questa domanda Luciano Floridi, professore di Filosofia ed Etica dell’informazione e direttore di ricerca all’Oxford Internet Institute, ha tessuto una lezione pubblica, invitato a palazzo Bonacossi dal master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara. La sua disamina ha toccato campi di indagine vasti, dalla filosofia dell’informazione all’etica all’economia, restituendo una realtà complessa in modo assimilabile anche ai più digiuni della materia.

floridi_lezionepubblica-2Non tutti masticano di meccanismi di commoditizzazione o sistemi di two-sided market, ma il concetto è semplice: “Il vero potere è quello di chi influenza l’influente, e per lungo tempo è stato il potere sulle cose o sulle informazioni sulle cose – spiega con grande chiarezza Floridi – ma ora si parla di potere sulla produzione delle informazioni sulle cose”.

Oggi si vendono cose che prima non erano vendibili – “la chiacchiera, come è su Facebook, ad esempio” – si generalizzano i prodotti, eliminando le differenze come quelle “tra una libreria e un colosso come Google che decide da un giorno all’altro di digitalizzare tutti i libri”; si forniscono i dati come ‘dono’ e il tutto in un sistema di mercato in cui le transizioni tra due soggetti avvengono solo grazie ad un terzo, una piattaforma distinta.

“I dati non sono produzione di valore ma danno valore a qualcos’altro e in questo processo dunque, a questo punto, inseriamo la pubblicità, che è il denaro che lo mette in moto: avremmo una massa così enorme di potere, ma anche così fragile, che non può – continua il filosofo – non essere esercitata”.

La si esercita su un pubblico che è detto di ‘utenti’. Non votanti, né cittadini, non clienti, ma utenti, semplici beneficiari di doni senza diritti. Il più delle volte inconsapevoli, colpevolmente. “Ad esercitarlo è la California, dove ci sono tutti i colossi dei social media: e lo esercita in modo benevolo, sia chiaro, e questa non è una cosa di poco conto perché se cambiasse rotta, beh, noi non abbiamo una strategia di difesa”.

Gli effetti sono intuibili: la questione del diritto all’oblio, o il più recente caso Apple-Fbi, ne sono una diretta conseguenza perchè “i diritti umani non sono complementari: lo potevano sembrare in un sistema in cui legge e spazio fisico andavano d’accordo – continua a spiegare – ma la geografia oggi non ci aiuta, si mescolano un sacco di cose nello stesso luogo, i diritti di libera espressione, privacy e sicurezza sono in contrasto, c’è una crisi dei fondamenti”. A riportare la bussola in questo mare magnum dovrebbe essere la legge, che manca. O meglio, è mancata per troppo tempo.

“Dopo quattro anni di lavori, l’Europa ha approvato il General Data Protection Regulation (Gdpr), un testo lunghissimo e dettagliatissimo – illustra Floridi – su molte operazioni, è una cosa colossale che legifera sul flusso di dati in Europa e che tutti gli Stati dovranno adottare”. E l’adotterà anche l’Italia, che il suo treno l’ha perso ormai da tempo. “Domani si festeggiano 30 anni dalla prima connessione Internet nel nostro Paese – conclude – ma l’Italia non può dirsi una società dell’informazione matura. Davvero l’assenza di Internet qui farebbe scalpore? No, ed è questione di aspettative. Io non sono pessimista, sono frustrato: so che si può invertire la rotta, ma non vedo la rotta invertita”.

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