di Daniele Modica
Consuetudine vuole che il protagonista di un funerale sia il defunto. Ma ieri mattina nella Chiesa di San Gregorio Magno, Rina Cavallini Sgarbi, morta martedì sera all’età di 89 anni, ha dovuto dividere la scena con i figli, come, si dice, era solita fare anche in vita. La salma ha atteso all’ingresso della chiesa (la stessa in cui molti anni prima si era sposata con Giuseppe ‘Nino’ Sgarbi), attorniata dal brusio dei saluti di parenti e amici, quasi mezz’ora prima di veder comparire il figlio Vittorio in fondo alla via. Allora i fotografi l’hanno abbandonata per immortalare l’arrivo del critico. La figlia Elisabetta, invece era rimasta sempre lì, compita e schermata dietro due grossi occhiali da sole a salutare, come è consuetudine fare, tutti coloro che sono accorsi per dare l’ultimo saluto ad una donna amata, rispettata, venerata.
“Non ho dolore per mia madre – dirà di lì a poco Vittorio Sgarbi nel suo discorso dal pulpito della piccola chiesa -, perché mia madre è qui, non è morta. Lei non era mia madre era la Rina, una donna con una potenza che scavalcava il suo ruolo di madre e che quindi ha potuto avere con tutti coloro che la conoscevano un rapporto personale”. Rapporto che ha spinto tanti ad accalcare l’entrata di San Gregorio, dopo che il parroco di Ro, don Andrea Tani, ha chiesto sottovoce ad Elisabetta Sgarbi se non fosse il caso di iniziare, anche perché da dentro la chiesa l’arcivescovo Luigi Negri sbottava con impazienza per l’evidente ritardo. Fuori invece ad aspettare l’arrivo di Vittorio, molte personalità: dal cavalier Paolo Bruni, allo scrittore e poeta Roberto Pazzi, e altri noti e meno noti.
Presenti le istituzioni, anche da Ro, dove la famiglia Sgarbi abitava: il sindaco Antonio Giannini, il suo predecessore Filippo Parisini, e il Comandande della Stazione dei Carabinieri Massimo Guidi, venuti a porgere omaggio alla loro cittadina. Presente e commosso anche il parroco di Stienta, don Giancarlo Berti. Assente invece l’attuale amministrazione cittadina. La messa è stata celebrata da don Andrea Tani e da Giancarlo Berti, parroco di Stienta, paese di origine di Nino, marito di Rina, dove la salma è stata successivamente tumulata. Prima le parole dell’arcivescovo, venuto a porgere il suo saluto agli Sgarbi. Poi mons. Negri ha immediatamente lasciato la chiesa e il rito è cominciato.
Al centro della celebrazione, al vertice di pensieri, incontri, riflessioni di vita e morte c’era una famiglia intera, gli Sgarbi, ben noti alla nostra città, forse più e in modo diverso di come lo siano nel resto della penisola. Una assenza importante: quella di Nino Sgarbi, per motivi di salute. “Quando nell’architettura familiare cede una colonna, come era mia madre, cede tutto. È certo auspicabile che non avvenga, ma pare già evidente dall’assenza di mio padre. Ho provato a trascinarlo, senza successo. Ma lui piange, la verità è che si sente perduto senza Rina. Gli ho chiesto di scrivere il suo terzo libro, tutto su mia madre”.
La messa ha talvolta lambito i territori dello spettacolo, con la grande chiusa di Morgan e Tony Renis, grandi amici di famiglia, che hanno cantato insieme dal pulpito “Ciao ciao bambina” (Piove), la canzone preferita di Rina, con tanto di applausi finali. Molte le persone che hanno voluto dire qualche parola: oltre a Morgan e Tony Renis, lo scrittore Aldo Nove, e uno dei nipoti di Rina, molto commosso. Tutti a raccontare una sfaccettatura della grande personalità di Rina Cavallini Sgarbi. Rina, il vulcano. Rina la donna energica, generosa. La donna d’intelletto, l’insegnante di matematica. Rina la moglie, la farmacista. Rina collezionista d’arte insieme al figlio Vittorio. Rina forte e potente, e soprattutto Rina la madre, capace di parlare con severità e amore insieme.
“La Rina era un cannone – ha esordito Morgan, nella sua eclettica esuberanza -. Ho sempre pensato che fosse lei il vero Sgarbi. Io la conoscevo da molto tempo. Questo tipo di donne fa figli emissari di lei stessa, figli che sono potenti perché lei è potente. Una donna capace di assumere su di sé gli opposti. Non a caso si è occupata di matematica e di arte nella sua vita. Il musicista che opera questa unione è Bach”. Detto questo Morgan è andato dietro l’altare, ha raggiunto l’organo e ha cominciato a suonare. Ancora applausi.
Ricordo tra i più intensi quello della figlia Elisabetta: “Negli ultimi tempo ho scoperto la debolezza di mia madre, mi sono ritrovata a farle da mamma, fino all’ultimo momento sono stata con lei. Poi in uno di questi giorni, mentre aspettavo che Vittorio parlasse in televisione di mia madre, sono andata in bagno e mi sono guardata negli occhi e ho visto i suoi. L’ho visto veramente. Chi volesse ancora incontrare mia madre, ritrovare la sua energia d’amore, può venire a parlare con me”. Altri applausi.
Dopo l’andirivieni di personaggi, comparse su una scena che Rina ha condiviso con i suoi figli, e dopo tutte le parole, i gesti e le canzoni, a dare la misura della perdita, del dramma del distacco, i silenzi che inframezzavano il discorso di Vittorio Sgarbi e soprattutto quello scoppio di pianto, impossibile da trattenere di fronte alla bara con la mamma, quando Tony Renis e Morgan hanno intonato una canzone, che per un attimo è parsa a tutti quasi una musica sacra, ma di quella sacralità laica e a tratti cruda della vita. “Ciao ciao bambina / Non ti voltare / non posso dirti / rimani ancor / Vorrei trovare / parole nuove / ma piove piove / sul nostro amor…”.
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