di Anja Rossi
Copparo. “Passa il tempo come l’acqua sotto il ponte”, ma Giovanni Lindo Ferretti riesce ancora a sbalordire e a emozionare con forte semplicità. Ieri sera, infatti, lo storico cantante dei Cccp ha fatto tappa al teatro De Micheli di Copparo con “A cuor contento”, il tour che da qualche anno porta avanti con Ezio Bonicelli, alla chitarra e al violino, e con Luca A. Rossi, al basso e alla batteria elettrica.
Nell’unica data regionale del tour, Ferretti torna a raccontare il suo lungo percorso musicale e umano sia attraverso le canzoni del repertorio solista che da quelle dei Cccp, dei Csi e dei Pgr – Per grazia ricevuta, accompagnato dalle musiche di Bonicelli e Rossi, entrambi ex componenti degli Ustmamò.
È un concerto che sale in crescendo. All’inizio Ferretti intona “Pons tremolans”, tratto dalla sua ultima raccolta solista “Saga. Il canto dei canti”, con le mani in tasca e lo sguardo timido verso il pubblico. Passa poi a cantare pezzi storici come “Amandoti”, “Tu menti” e “Tomorrow”, fino a sbagliare una frase in “And the radio plays”. Ferretti sorride e il pubblico lo incoraggia, applaudendo più forte. È un pubblico molto vasto e differenziato quello che il cantautore si trova di fronte: c’è chi lo seguiva nell’Emilia degli anni ’80 e c’è chi l’ha scoperto in Internet solo da qualche anno. Tutti però lo acclamano e ne ricantano le canzoni, alcune diventate vere pietre miliari degli ultimi trent’anni di musica italiana.
Il concerto prosegue senza intermezzi di dialogo da parte di Ferretti, con parole usate solo per dare spazio alle canzoni. Una voce che il tempo non ha scalfito e che rimane capace di estendersi in tutte le sue potenzialità, dal racconto allo squarcio urlato come in “Occidente” e in “Cupe vampe”. Il silenzio verso il pubblico, sempre più caloroso e intimo, dura fino alla fine di “Curami”, una canzone che come lo stesso cantante spiega “non cantavo da venticinque anni. Sono stati Ezio e Luca a convincermi di farla dopo così tanto tempo. Loro erano alle scuole medie quando noi dei Cccp la facevamo. Ormai è andata – dice sorridendo emozionato -, oggi l’abbiamo fatta”.
Ferretti, sempre ligio nell’esecuzione dei suoi testi che ripercorrono la storia italiana ed europea degli ultimi trent’anni, si prende ora il piacere di cambiare con piccoli dettagli le sue canzoni, introducendo tra le righe la nuova droga fornita davanti al computer e declamando che “erano gli anni ’80, avevamo i capelli tinti e la madre Russia era l’ortodossia. Ora viva Putin”. Una frase che pone un punto fermo col passato, con quella sapiente ironia e vivida descrizione storica che ha sempre contraddistinto i lavori di Giovanni Lindo Ferretti e di chi con lui, in tempi non sospetti, urlava tra i palchi della periferia emiliana “fedele alla linea, la linea non c’è”.
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