“Chi sta dalla nostra parte politica può girare a testa alta quando si parla della politica culturale dell’amministrazione”. Massimo Maisto, vicesindaco con delega a Cultura e Turismo, rivendica i risultati di cinque anni di lavoro a ‘Ferrara città d’arte ma non solo’, dialogo organizzato dal Partito democratico sul ruolo strategico della cultura nella nostra città. All’iniziativa partecipano alcuni stakeholder, imprenditori, associazioni e professionisti del settore come gli architetti Diego Farina (Città della Cultura – Cultura della Città), e Gianfranco Franz (all’Università di Ferrara), nonché Matteo Fabbri (TryeCo 2.0), Andrea Malacarne (Italia Nostra) e Matteo Ludergnani (titolare dell’hotel Carlton e vicepresidente di Visit Ferrara).
A dare il la alla discussione provvede il responsabile Cultura ed Economia della segreteria provinciale Pd Francesco Badia, citando la frase attribuita (ma lui smentì) alcuni anni fa all’allora ministro Giulio Tremonti: con la cultura non si mangia. “Ė vero che la cultura non può stare ferma, chiudersi, ridursi, prendiamo la frase di Tremonti anche come una segnalazione di questo rischio – risponde Maisto aprendo il suo intervento –. Il primo obiettivo del nostro mandato è stata infatti la promozione della cultura diffusa, che nel nostro caso ha significato innanzitutto scuola, ma anche il fatto che siamo uno dei pochi Comuni ad aver investito sul Teatro Ragazzi. Abbiamo rafforzato la rete delle biblioteche, che hanno quintuplicato la presentazione di libri, mentre Ferrara Arta si occupa anche di moderna didattica e di realizzare cataloghi per bambini”.
Diffusione, ma a una condizione: che non si pregiudichi la qualità. “Parlare di cultura diffusa non significa che siamo tutti belli e bravi: si cerca di dare spazio a tutti, ma non sono tutti uguali”. Insomma, delle decine di libri presentati all’Ariostea “non saranno stati tutti degni di un Pulitzer o di un Nobel, e di certo Claudio Abbado era più bravo di tanti altri direttori”.
Altro punto rivendicato da Maisto sono gli spazi, “che in questi anni sono aumentati nonostante i tagli con l’apertura di Sonika,del Teatro Off, degli ex Magazzini Savonuzzi e della Porta degli Angeli. Abbiamo digitalizzato il cinema Boldini e il Teatro Cortazar è andato avanti: altri due risultati non scontati”.
Maisto insiste però anche sul ruolo dei privati, evidenziato a partire dall’invito ai professionisti di cui si è detto. “Abbiamo cercato di far svolgere tutto all’insegna della sussidiarietà: questa non è la cultura dell’ente o dell’assessore di turno: le associazioni, e speriamo in futuro gli imprenditori, sono stati invitati a sperimentare e gestire. E questo è importante anche perché si rendano conto della necessità che i bilanci non siano in perdita: il ragionamento ‘siccome facciamo qualcosa di bello non importa quanto costa’ con me non attacca” ha ribadito.
E infine il calendario, da costruire facendo in modo che “anche se c’è un evento che immaginiamo possa attrarre da fuori città solo trenta persone non sia sovrapposto”. Diffusione, qualità, spazi, sussidiarietà, calendario: ecco le cinque parole chiave che permetterebbero, agli elettori democratici, di “girare a testa alta” quando si parla di cultura.
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