Cronaca
30 Marzo 2014
L'ex pm: “Non esiste una ampia volontà politica di affrontare i temi ambientali"

Casson, da Gladio all’Ilva

di Redazione | 3 min

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La parola autorevole dell’onorevole Felice Casson, senatore della Repubblica dopo una carriera 25ennale da magistrato, ha risuonato per l’aula magna: il suo intervento ha preso avvio dalla vicenda processuale che lo ha visto protagonista a partire dall’agosto 1994 quando, procuratore a Venezia, si avvicina alla tematica delle questioni ambientali. L’on. Casson consegna al pubblico il caso riguardante l’inquinamento ambientale nella zona del Petrolchimico di Porto Marghera, una indagine ad ampio spettro che portò a rilevare una “unità di Italia dei Petrolchimici”, una rete diffusa in tutta la penisola – ed in questa rientra anche la Montedison di Ferrara – caratterizzata dalla lavorazione di una sostanza, il cloruro di vinile monomero (Cvm), responsabile di una anomalia a livello molecolare che causa l’insorgere di patologie tumorali.

I momenti fondamentali dell’indagine sono rievocati con precisione e dettaglio, ed il racconto si spinge fino a quelle multinazionali americane, le prime a trattare il Cvm, che già nel ’74 “annotavano in una informativa la conoscenza del danno, senza però interessarsi della soluzione”. Il caso italiano sollevato a Porto Marghera (che la Cassazione concluse con sentenza di condanna) è uno dei tanti esempi di una “condotta di produzione che considera solo il profitto” e che si inserisce in quella “sottovalutazione del tema ambientale tutt’altro che archiviata, la cui origine deve essere ricercata non solo nell’assenza di controllo della produzione, ma anche nel disinteressamento dello smaltimento dei rifiuti, che ha permesso la costituzione di una rete industriale del crimine”.

lezione2All’esempio concreto conseguono le domande degli studenti che, microfono saldo in mano, si interrogano su questioni ampie, dalle implicazioni mafiose alle eventuali influenze politiche sui processi. Appuntatosi ogni intervento, l’on. Casson ne dà risposta delineando una situazione complessa, quella italiana, in cui “non esiste una ampia volontà politica di affrontare i temi ambientali, dove anzi la resistenza parlamentare all’intervento è spaventosa”, incapace di sostituire “alle odierne irrisorie pene, condanne adeguate per i reati in materia ambientale” e che è ostacolo alle indagini stesse che, per la loro complessità, “richiederebbero una prescrizione più lunga e l’utilizzo di strumenti adeguati, come le intercettazioni telefoniche”.

La politica, se pare immobile e sorda al problema, è invece molto dinamica nella commistura dei poteri (“il caso dello stabilimento dell’Ilva di Taranto ne sia di esempio”), e favorisce non solo interferenze amministrative, ma anche “infiltrazioni mafiose, quel tentativo di colonizzazione economica attuato anche nei territori del settentrione”. Ad emergere dagli interventi anche il valore disgiuntivo della rapporto lavoro-salute, che è “segno del fallimento della politica – spiega ancora l’on. Casson – e punto cardine di tutto il dibattito odierno ”. Ed ancora, le eco-mafie, “organizzazioni criminali che si sono infiltrate a qualunque livello e che speculano sulla gestione dei rifiuto”, argomento non certo recente, ma che la “tendenza socio-politica di disinteressamento allo smaltimento corretto non può che riportare in auge”.

La conclusione dell’incontro è affidata alla rievocazione dei complessi risvolti che ebbe la strage di Peteano, dall’emergere di responsabilità di estrema destra fino alla scoperta di una struttura clandestina, Gladio, operante alle dipendenze dei servizi segreti stranieri e caratterizzata da una “illegittimità progressiva”: l’auspicio è quello della prevenzione, “sconosciuta ad una politica abituata ad intervenire all’ultimo con repressioni inutili, quando il solo intervento efficace è quello sulle cause”.

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