Cronaca
10 Gennaio 2014
Riccardo Sturla Avogadri: "Vorrei costruire un museo dei pescecani a Ferrara"

Sta meglio ‘l’amico degli squali’

di Daniele Oppo | 4 min

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Le cure sembrano aver avuto gli effetti sperati, ha già iniziato la riabilitazione con un personal trainer, la Rai preparerà un servizio su di lui, presto farà l’esame per rinnovare il brevetto di volo e non vede l’ora di ritornare a nuotare con i suoi ‘amici’ squali. Procede bene il cammino di guarigione per Riccardo Sturla Avogadri, grande esperto mondiale di pescecani gravemente ammalatosi per via di un misterioso batterio ‘regalatogli’ probabilmente proprio dai suoi amici marini.

L’infezione aveva gravemente compromesso le funzionalità del fegato tanto che, come ci racconta lo stesso Sturla “mi avevano già dato per morto e dopo pensavano già a un trapianto”. Invece è ancora vivo e vegeto e con il suo fegato: “Sono stato sottoposto a più interventi con degli aghi per risucchiare il pus, mezzo litro – racconta – e mi sono state fatte delle incisioni per infilare delle sonde di drenaggio”. Tutto questo per accompagnare una terapia a base di antibiotici – tre diversi – per aiutare il suo sistema immunitario nell’eliminazione del terribile batterio anaerobico (non ancora identificato in maniera specifica). Tra qualche giorno il dottor Sartori dell‘ospedale di Cona, il medico che gli ha salvato la vita con un intervento al fegato, lo visiterà per controllare se è tutto a posto dopo 15 giorni senza antibiotici e terapie e dovrà sottoporsi ad altre numerose visite ma lo sguardo di Sturla è già rivolto al futuro: “Sono dimagrito di 10 chili, ma ne ho già ripresi 3-4 e adesso ho iniziato la fisioterapia con un personal trainer della palestra Kleb, non escludo di farmi una nuotata in piscina con una bombola fra qualche settimana e dovrò anche rinnovare il brevetto di volo (è pilota di linea in cassa integrazione per Meridina ed è stato anche istruttore di volo, ndr)”.

La passione per l’acqua e per i suoi abitanti, gli squali in particolare, è nata 30 anni fa e non si è di certo spenta a seguito di questa disavventura: “Se potessi ci ritornerei subito” afferma Sturla che negli anni ha sviluppato un bagaglio talmente ampio di conoscenze da aver messo in piedi un progetto con l‘Università della Tuscia per la creazione di un database delle specie protette Cites e da esser stato incaricato dal Ministero per l’addestramento di tutti i comandanti d’Italia di Guardia Forestale per il riconoscimento delle specie protette. Proprio per questa occasione, rispolverando uno degli oltre 25 mila reperti che possiede – tra i quali alcune riproduzioni create dal maestro Carlo Rambaldi e che “vorrei portare a Ferrara per la costruzione di un museo degli squali” – avrebbe potuto incontrare il batterio che gli è costato la vita: “Probabilmente era lì, in mezzo a tutto quel materiale con alcuni pezzi in decomposizione e che ho toccato senza particolari precauzioni, infatti mi è venuta la febbre subito dopo”.

La Rai intanto vorrebbe preparare un servizio su di lui, ma non sarebbe la prima volta che Sturla comparirebbe in TV: “Ho fatto 20 puntate con Licia Colò  tra ‘Il pianeta delle meraviglie’ e ‘Animali e Animali’  – racconta -,  facevo servizi come inviato perché ho brevettato una tecnica che mi permette di addormentare gli squali grigi dei Caraibi toccandoli sul muso dove hanno dei sensori elettrici che se massaggiati opportunamente creano energia elettrica e termica che stimola le ampolle del Lorenzini facendo entrare lo squalo in uno stato di rilassamento. Gli piace – spiega Sturla -, lo squalo capisce che si può fidare e per creare un rapporto di fiducia gli si da da mangiare, anche se ce ne vuole prima che prendano cibo da un uomo, ma ormai è un evento che si verifica con più frequenza dato che in alcune zone sono ormai più abituati”.

Non solo il mare e non solo gli squali. “Mi manca il lavoro da pilota com’era una volta e che non tornerà più – conclude con un pizzico di malinconia -, adesso è tutto più complicato per la metà dei soldi ma con maggiori rischi e responsabilità”.

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