Cronaca
28 Settembre 2013
Operata d’urgenza perché non sentiva più il bimbo in pancia, per i periti nessuna resposabilità

“Non sanno se il figlio avrà una vita normale”

di Marco Zavagli | 3 min

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admin6Se non fosse corsa al pronto soccorso la madre e il figlio sarebbero probabilmente morti. Ora però il piccolo rischia di rimanere invalido. E tutto per una causa ancora ignota. È tornato in tribunale il caso di cui Estense.com ha già parlato lo scorso maggio, quando una partoriente fu costretta a un cesareo d’emergenza perché il figlio stava soffocando nel meconio.

Da circa un giorno la madre si era accorta che il suo bambino non si muoveva più nella pancia. Consigliata dai familiari, si recò di prima mattina al pronto soccorso. E qui venne operata d’urgenza. Era lo scorso 10 marzo. Nel corso dell’ operazione i chirurghi hanno notato come il liquido amniotico fosse praticamente assente. Il neonato era sommerso nel meconio. Circostanza che avrebbe causato l’ipossia che a sua volta ha portato a gravi danni cerebrali che si temono permanenti. L’ultimo monitoraggio era stato eseguito cinque giorni prima, senza evidenziare particolari problematiche. La visita successiva venne programmata a otto giorni di distanza, per il 13 marzo. Di lì a breve era atteso il parto naturale.

In seguito alla denuncia da parte del padre e della madre, assistiti dall’avvocato Antonio Boldrini, sono finiti nel registro degli indagati i medici che hanno seguito in fasi successive la vicenda. Si tratta del ginecologo che seguì la partoriente e di due dottoresse di turno quel giorno. Su richiesta della pm Ombretta Volta, il gip Monica Bighetti ha nominato due periti. Si tratta del professor Francesco De Ferrari di Brescia, medico legale, e del dottor Michele Costa di Milano, ginecologo, che sono stati sentiti ieri in aula in incidente probatorio.

Le loro conclusioni non hanno individuato colpe nell’operato dei medici. Il fatto è stato ricondotto a un episodio di encefalopatia ipossico-ischemica, una mancanza di ossigeno al cervello, con sindrome da aspirazione di meconio. In parole povere, dentro la placenta è venuto a mancare l’ossigeno e il liquido amniotico si è prosciugato. Ma le cause rimangono ancora oscure. E nemmeno era prevedibile la complicanza cui è andata incontro la madre. Questo perché, secondo i periti, al momento dell’ultimo monitoraggio il tracciato dell’elettrocardiogramma e le analisi del liquido amniotico erano regolari. Nulla lasciava presagire cosa poi effettivamente è successo.

La parte offesa ha contestato l’utilizzo massiccio di cortisone disposto dal ginecologo, ma i periti pur sconsigliandone l’uso in gravidanza, ammettono che nella letteratura scientifica ci sono ipotesi contrastanti e che non è possibile stabilire un nesso causale tra la somministrazione del farmaco e l’evento.

“Una cosa è certa – ribatte fuori dall’aula l’avvocato Boldrini -, se la mia assistita si fosse fidata dei medici e non si fosse recata per sua volontà in pronto soccorso sarebbe morta. E così il suo bambino. Alla fine dei conti i genitori del piccolo (che oggi ha sette mesi, ndr) ancora non sanno se il loro figlio potrà avere una vita normale”.

Ora spetteranno al pm le valutazioni del caso sulla opportunità di chiedere di rettamente l’archiviazione, o un supplemento di indagini o ancora andare avanti con la richiesta di rinvio a giudizio.

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