Cento
8 Maggio 2013
Ripresa a prendere soldi dalla cassa da una telecamera nascosta

Spy story aziendale, condannata farmacista

di Marco Zavagli | 2 min

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adminCento. Al termine di cinque ore di camera di consiglio il giudice Silvia Giorgi ha condannato Monica Zanta, farmacista imputata di appropriazione indebita. Dopo due tentativi di patteggiamento falliti, respinti dal giudice che aveva preteso la restituzione dell’intera somma sottratta nell’anno di contestazione (circa 40mila euro), la pena è stata di un anno, 600 euro di multa più una provvisionale di 15mila euro e un risarcimento danni da quantificarsi in sede civile.

Tutto è nato dal sospetto della parte offesa (costituitasi poi parte civile attraverso gli avvocati Luca Morassutto; Paola Zamparini e Lucia Mattioli), titolare della farmacia dove lavorava Zanta. Secondo quanto poi denunciato alla procura alcune somme di denaro sparivano misteriosamente dalla cassa. La certezza gliel’ha data il commercialista che, attraverso una verifica contabile, si è accorto che tra entrate e uscite c’era un ammanco di 40mila euro, “smarriti” nel nulla nel corso dell’ultimo anno.

È lo stesso commercialista a insinuare nel titolare il sospetto che qualcosa a livello di entrate e uscite di cassa non funzionava a dovere. E così l’uomo inizia a tenere gli occhi aperti. E un giorno di aprile 2011 afferma di aver intravisto la dipendente mentre prelevava 50 euro dalla cassa. A questo punto incarica un investigatore privato di far luce sull’intera vicenda. La Security di Davide Tuzzi consulta il parere legale dell’avvocato Morassutto, che dà il via libera per procedere con l’installazione di una telecamera nascosta in negozio. L’occhio invisibile della telecamere riprende la donna mentre prende denaro dal contatore di cassa e se lo intasca. Il dado è tratto. Il 14 ottobre del 2011 parte la querela per appropriazione indebita e, dopo le dovute indagini, il 6 luglio del 2012 il pm Nicola Proto emette un decreto di citazione diretta in giudizio per la farmacista.

Ora è arrivata la sentenza, “che non fa confermare – commenta l’avvocato Morassutto – come per il nostro ordinamento nel bilanciamento tra tutela della privacy del lavoratore e tutela del patrimonio aziendale e dell’ordine pubblico, prevalga quest’ultimo aspetto. Per questo le riprese nascoste, laddove motivate da un tangibile sospetto, sono concesse”.

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