Eventi e cultura
12 Dicembre 2012
La battaglia del presidente Gianni Venturi contro la ‘chiusura’ dell’Isr

La cultura in mutande. Anzi, in lingerie

di Marco Zavagli | 3 min

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Da Vedova e Manzoni ai Diamanti, dal Living theater e Carmelo Bene al Comunale, da Ronconi e Sanguineti in piazza Municipale per arrivare all’’incendio del Castello, ai Baloons, ai Buskers, alla Vulandra. È la parabola dell’arte e della cultura negli ultimi decenni a Ferrara. Che rischia di portarci in giro per il mondo in mutande. Pardon, in lingerie.

A tratteggiare forse con più amarezza che polemica questa “evoluzione” è Gianni Venturi, che nel suo blog di Estense.com (vai all’articolo) ricorda gli anni ’70 della Ferrara che puntava sull’avanguardia. “Anni indimenticabili – sospira l’intellettuale ferrarese – che la politica dei grandi eventi ha cancellato con ingessate e celebri rappresentazioni o mostre dentro il cerchio della tradizione e al massimo con un filino di provocazione”. Il segreto di allora fu quello di “uscire dalle mura per offrirsi al mondo anticipando scelte e personaggi che il tempo ha reso fondamentali nella storia del Novecento”. Un impulso  e una vocazione che non conosceva pari a livello di città d’arte di medie dimensioni. Tanto che proprio da quel fervore scaturì in Venturi l’idea dell’Istituto di studi rinascimentali.

Già, proprio quello che dopo aver fatto conoscere in tutta Europa e Oltreoceano il Rinascimento ferrarese, ora verrà trasformato in “ufficio comunale”. Un arretramento che il presidente dell’Istituto di studi rinascimentali non digerisce. “Ferrara ormai tutta perbenino non ha più bisogno di spinte d’avanguardia. Ci si accontenta di ricalcare il sicuro e ciò che rende in funzione turistica. Va di moda il sicuro ciò che non provoca rischio e che rende in funzione d’approvazione e di consenso”. Appunto l’incendio del Castello, i Baloons, i Buskers…. Insomma, tutto quello che “in qualche modo non disturba a differenza dell’avanguardia o di una cultura alta inevitabilmente aristocratica che produce scienza e sapienza e non spendibile economicamente”.

Il muro di gomma contro cui sbattono oggi quegli impulsi e fervori di decenni fa si chiama volgarmente cassa. Per gli addetti del settore, eventi e intrattenimento piegati alle logiche del turismo. Sopravvive ciò che fa strappare tagliandi in biglietteria in sostanza. “Non si riesce più a capire – sbotta il presidente dell’Isr – come debba essere amministrata quella cultura che non sia, come mi ripetono spesso, tecnicamente fruibile. Eppure ci sono dei fondamentali che non possono essere sottomessi alla ragione del mercato. Sarebbe come chiedere alla preparazione universitaria di essere popolare”.

Nulla a che vedere con ragionamenti di stampo elitario, bensì con “la difesa di quella che per trent’anni è stata un’eccellenza non solo cittadina, ma nazionale”. E che oggi “si vorrebbe ridurre a una direzione onoraria e senza il supporto del comitato scientifico”. “Se non si può per ragioni di statuto, si conceda provvisoriamente una deroga in attesa di tempi migliori. Altrimenti come ci si presenterà nelle grandi sedi culturali a parlare della storia di Ferrara? E, ancora, perché tanta sollecitazione da parte della Provincia per dismettere questa sua funzione?”. Forse accompagnati dalle veline, se è vero, come ricorda lo stesso Venturi nel suo blog, che la Biblioteca Nazionale di Firenze si è prestata a un Disco party e la gipsoteca del Canova a Possagno è diventata teatro per la pubblicità di una linea di intimo femminile. Più che il dolor (l’onor, in questo caso) potè il digiuno (di fondi)….

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