Politica
23 Luglio 2012
E' l'appello ai sindaci del Coordinamento dei Comitati per l'acqua bene comune della regione

“Fermate la fusione Hera Acegas-Aps”

di Redazione | 3 min

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Un accorato appello agli amministratori pubblici dell’Emilia Romagna per fermare la decisione che il consiglio di amministrazione di Hera sta per assumere, cioé la fusione con Acegas-Aps. Appello che arriva dal Coordinamento dei Comitati per l’acqua bene comune e per l’acqua pubblica della regione, che invocano un intervento da parte dei sindaci in primis, ai quali lo scorso 13 giugno lo stesso coordinamento aveva rivolto alcune domande per sapere cosa pensassero dell’impegno sottoscritto “per chiudere entro 90 giorni l’accordo fra Hera e Acegas-Aps  per una multiutility emiliano-romagnola, veneta, friulana, triestina e balcanica”.

“Nessuno – riferisce il coordinamento – ci ha risposto. Ora in un silenzio assordante della società e dei poteri pubblici,  i consigli di amministrazione a partire da quello di Hera decideranno le operazioni di aggregazione fra Acegas ed Hera. E’ una operazione oscura della quale non solo i cittadini, ma anche i consiglieri comunali, le giunte e moltissimi sindaci non sanno nulla”.

Secondo quanto il coordinamento è riuscito a venire a conoscenza, l’acquisizione della holding Acegas dai Comuni di Trieste e Padova varrebbe 126 milioni di euro contro la cessione del 14,5% di Hera (valore 164 milioni di euro) agli stessi Comuni. “L’operazione – ne deduce il coordinamento – si caratterizzerebbe pertanto da un saldo negativo pari a 38 milioni di euro per i soci pubblici emiliano romagnoli. L’indebitamento complessivo dopo la fusione assommerebbe ad oltre 2 miliardi e 800 milioni di euro, se non è vero ci diano i dati corretti”.

E’ ritenuto ancora più grave però il fatto che, a seguito della cessione del 14,5% di Hera, il pacchetto azionario detenuto dai Comuni della nostra regione potrebbe scendere sotto il 50%, “ancor più vero se si realizzasse l’aumento di capitale  previsto nel 2013 nella conversione delle obbligazioni emesse da Hera”. La conseguenza è che gli stessi Comuni non avrebbero più il controllo di Hera.

“Solo 8 mesi fa – è la considerazione del Coordinamento dei Comitati per l’acqua bene comune della regione – i Consigli comunali hanno votato sugli indirizzi del patto di sindacato dei soci pubblici per Hera. Si parlava di rilancio del “patto”, ma avviene il suo ridimensionamento strategico, si abbandona l’idea del soggetto aggregatore regionale, anzi si aprono propaggini in Serbia e in Bulgaria (Rila Gas A.D. – Sofia (Bulgaria) – 100%  e SIGAS d.o.o. – Belgrado (Serbia)- 90%). Tutto ciò non era previsto e quei documenti, approvati dai consigli comunali, diverrebbero carta straccia. Ciò è illegittimo,  solo i consigli comunali possono cambiare quell’orientamento, non i consigli di amministrazione. Vengono definitivamente stracciati gli accordi fatti con il sindacato al momento della creazione di Hera, nessuno ha da obiettare?”

Con i titoli in borsa delle due aziende che continuerebbero a scendere, “i processi di indebitamento saranno il carburante delle privatizzazioni. Alla faccia di 27 milioni di cittadini che al referendum del 12 e 13 giugno 2011 hanno indicato una strada diversa”.

Ci si chiede dunque chi controllerà la multiutility sovraregionale e chi controllerà la multinazionale con gli affari nei Balcani. La richiesta del coordinamento ai sindaci è quella di “avviare immediatamente un’istruttoria pubblica, di fare la discussione nei consigli comunali portando tutti gli elementi conoscitivi del caso ed avviare la consultazione dei cittadini”. “Reiteriamo – aggiungono i comitati per l’acqua pubblica – la richiesta di incontro ai sindaci delle città capoluogo del nostro territorio, a Manca in quanto presidente del Patto di sindacato ed a Virgilio Merola nella sua qualità di sindaco di Bologna e maggiore azionista di Hera. Chiediamo che le forze politiche si pronuncino e contribuiscano a modificare il percorso”, invitando inoltre i lavoratori a mobilitarsi e impegnandosi a corstruire un coordinamento con tutte le realtà territoriali coinvolte da questi processi. “Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che afferma la necessità di rispettare il risultato referendario – spiegano – la nostra battaglia è più forte”.

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