Politica
9 Gennaio 2012
Intervento sui dati della ricerca di Eures sulla ondata di licenziamenti del 2009

Un suicidio al giorno tra i disoccupati

di Redazione | 4 min

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Lo scorso 12 novembre si consumò l’epilogo finale di una farsa durata anche troppo tempo: le dimissioni da presidente del consiglio da parte di Silvio Berlusconi. A ripensarci ora, l’entusiasmo esploso quella notte che fece seguito a tale notizia poteva sembrare eccessivo, quasi paragonabile ad una caduta di un regime totalitario ma certamente oso immaginare che più che gioia fu un sentimento di liberazione da uno stato di esasperazione in cui il popolo italiano vi era stato trascinato da anni di becera e folle politica di governo.

Ma purtroppo per chi pensava che il berlusconismo fosse finito ha avuto un brutto risveglio quando Mario Monti ne ereditò i ranghi. Anche lì tanto entusiasmo, per nulla. Perché non occorra avere una fervida fantasia per capire che si è solo cambiato la forma (le persone) ma non la sostanza delle decisioni.

Sembra si voglia non vedere o non sapere, anche quando leggendo i giornali si scopre che le operaie dell’Omsa vengono licenziate e i lavoratori in cassa integrazione aumentano e nel gruppo Fiat vengono calpestati diritti che rendono dignitoso il lavoro, tutto ciò come uscisse da un vecchio film in bianco e nero come non fosse adesso. Come al telegiornale guardiamo i servizi sulle guerre e le rivolte sparse nel mondo coprendo il ronzio degli spari e le urla della disperazione col tintinnare dei bicchieri durante l’aperitivo.

Non avendo ben chiaro che la guerra ormai (intesa come crisi economica) ce l’abbiamo in casa e osservando i dati che emergono dalla ricerca di Eures sulla prima ondata di licenziamenti e chiusure di realtà produttive nel 2009, sembra di avere tra le mani un vero e proprio bollettino di guerra con una media di un suicidio al giorno tra i disoccupati italiani. Questa indagine condotta dall’istituto di ricerche economiche e sociali (Eures) prende in esame il 2009 perché fu l’anno in cui si diffusero i primi contraccolpi della crisi mondiale che fece seguito al fallimento della banca Lehman Brothers e sempre in quell’anno si fece ricorso in maniera considerevole alla cassa integrazione, mentre i fallimenti e la chiusura delle aziende più esposte dettero il via alla recessione nel nostro Paese, dal governo Berlusconi ampiamente sottovalutata per non dire rinnegata.

In base a questa ricerca, in Italia ci sono stati 2.986 suicidi con un aumento del 5,6% rispetto al 2008 dove furono 2.828, il che ha invertito la dinamica decrescente dell’ultimo biennio. L’incremento registrato ha riguardato sia la popolazione femminile (+1,6%, con 643 casi rispetto ai 631 del 2008), sia soprattutto quella maschile (+5,6%, passando da 2.197 a 2.343). Un aumento che, secondo Eures, viene associato alla forte interdipendenza con la crisi economico-occupazionale di quell’anno. E a confermarlo sono i numeri: sono stati infatti 357 i suicidi compiuti da disoccupati, con una crescita del 37,3% rispetto ai 260 casi del 2008, nella gran parte dei casi compiuti da persone espulse dal mercato del lavoro (272 in valori assoluti, pari al 76%, a fronte di 85 casi di persone in cerca di prima occupazione).

Un altro dato che ci permette di capire quanto sia intrinseco il rapporto tra l’aumento del fenomeno e la crisi in atto è rappresentato dal numero dei suicidi per ragioni economiche che raggiungerebbero proprio nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni (198 casi, con una crescita del 32% rispetto ai 150 casi del 2008 e del 67,8% rispetto ai 118 casi del 2007).

Sono cifre che nella loro brutale freddezza dei numeri ci mettono di fronte ad una realtà avvilente, esasperata e inconcludente nelle manovre del governo tecnico di Monti che impattano sull’occupazione, sui redditi e su di una riforma delle pensioni che genera discriminazioni e ingiustizie. E fino a quando non smetteremo di ascoltare chi ci vuole far credere che l’austerità sia un sacrificio sopportabile in nome della difesa di un qualche barlume di benessere, di un qualche avanzo di privilegio, di una qualche briciola di garanzia, il berlusconismo ovvero il liberismo all’italiana continuerà a prenderci in giro chiamando a tirare la cinghia sempre i soliti noti anche se ormai di buchi nella cinghia non ve n’è più.

Il fatto è che questo governo non ha nulla di tecnico, sembra invece essere un governo ancora più politico di quel che ci potesse toccare in sorte, inteso come compagine schierata esplicitamente a difesa e al controllo di interessi di “parte”. “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano”, prendo in prestito il titolo del libro di Gino & Michele perché siamo noi le formiche e non possiamo continuare a voltarci dall’altra parte. Si sa per antonomasia che l’italiano sia ostile all’onere della scelta e della presa di posizione, al rischio del giudizio autonomo e della responsabilità, alla fatica dell’informazione autonoma e che preferisce guardare al suo orticello.

Ma ora che anche quel lembo di certezza viene minacciato e, pure la quiete domestica dei piccoli agi viene insidiata, è la Democrazia che deve essere difesa; diffidando di chi la vede come una costruzione arcaica di ostacolo al profitto delle lobbie, al mercato capitalistico, all’accumulazione sulle spalle del popolo.

Sauro Govoni, segretario sezione Alto Ferrarese Pdci (Federazione della Sinistra)

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