Cronaca
15 Giugno 2011
Il legale della famiglia ha chiesto la riapertura dell’inchiesta per omicidio

Dopo vent’anni potrebbe riaprirsi il caso Bergamini

di Redazione | 3 min

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Per più di vent’anni è stato considerato un suicidio. Ora, dopo la caparbietà della famiglie, si parla di omicidio volontario per Donato Bergamini, chiamato da tutti “Denis”. Si riapre il caso del calciatore ferrarese scomparso il 18 novembre 1989 sulla statale jonica.

L’atleta di Boccaleone, allora 27enne, viene trovato morto nei pressi di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza. La versione ufficiale disse che Denis Bergamini si era suicidato buttandosi sotto un camion. L’ex fidanzata, unica testimone della morte di Denis, dichiarò che il pomeriggio del suo ultimo giorno il calciatore lasciò il ritiro del Cosenza per andarla a prendere. Con lei si sarebbe diretto sulla statale jonica. Qui si sarebbero fermati in una piazzola e a un certo momento il giovane, dopo aver saputo delle intenzioni di lei di lasciarlo, avrebbe preso la rincorsa e si sarebbe gettato sotto un camion in transito. Dopo averlo travolto, il mezzo pesante lo avrebbe trascinato sull’asfalto per circa 60 metri.

Per quel fatto fu aperta un’inchiesta, poi archiviata. In modo troppo frettoloso, secondo alcuni. Tra questi c’è il padre di Denis, Domiziano, che non ha mai creduto alla tesi del suicidio. Troppe secondo lui le circostanze che non tornano e che elenca nel blog (http://www.denisbergamini.com/) che cerca di riportare a galla il caso.

A cominciare dal fatto che “l’auto di Denis si trovava dietro al camion anziché sulla piazzola”. Quella sera pioveva ma le scarpe del ragazzo non riportavano la melma presente nella piazzola. “Perché la ragazza – scrive il padre sul sito – fa presente che mio figlio si sia gettato sotto al camion per amore quando era stato lui a lasciarla definitivamente nel giugno del 1989 e ora era insieme ad una ragazza di Russi con la quale, il giovedì prima del 18 novembre 1989, le telefona facendogli capire che qualcuno ce l’ha con lui?”. Dall’autopsia, poi, “non risulta trascinamento” del corpo e “le distanze non coincidono”.

Il corpo di Denis non presentava poi “nessuna ferita o ematomi in alcuna parte del corpo e neppure nessuna frattura ossea”, nonostante “il camionista ha dichiarato di aver fatto retromarcia per vedere se era ancora vivo, quindi l’avrebbe così sormontato due volte? (Dall’autopsia pervenuta con la riesumazione del corpo dopo circa 50 giorni risulta una morte avvenuta per arresto cardiaco e dissanguamento con schiacciamento al torace, con una ferita ampia a partire sulla parte destra del bacino restringendosi)”.

In base alle testimonianze, inoltre, la parte ferita dal bacino dovrebbe essere sul lato sinistro, non destro. Altro particolare non secondario: l’orologio che il ragazzo aveva al polso al momento della disgrazia “funzionava ancora e il vetro non presentava graffi”, nonostante il corpo fosse stato trascinato da un camion sull’asfalto per 60 metri.

All’obitorio l’infermiere dirà che il corpo, così come i vestiti, era distrutto. Cosa contraddetta dalle foto. Dall’autopsia risulterà anzi intatto con un’unica ferita sulla parte destra del bacino.

Questo 20 anni fa. Ora presso la procura di Castrovillari è stata depositata la richiesta di riapertura dell’inchiesta da rubricare come omicidio volontario. Il faldone consegnato nelle mani del procuratore capo Franco Giacomantonio è il frutto di oltre un anno di indagini svolte dal legale che assiste la famiglie, l’avvocato Eugenio Gallerani: oltre 200 pagine con 60 allegati, un centinaio di fotografie corredate da consulenze tecniche che smentirebbero la tesi iniziale del suicidio.

Il caso di Denis venne riportato all’attenzione generale, oltre che dalla famiglia, anche dalla stampa calabrese. L’anno scorso i tifosi del Cosenza organizzarono anche una marcia che, passando davanti alla procura, si concluse allo stadio per salutare il loro ex campione (vai all’articolo). Anche l’onorevole del Pd Alessandro Bratti si occupò della vicenda, presentando una interpellanza alla Camera.

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