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22 Ottobre 2017
Il Rinascimento di Marcello Fogolino

Ordine e bizzarria

di Redazione | 5 min

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di Maria Paola Forlani

“Tutto il rest’è di Marcel Fogolino
Maestro ver d’unire ogni colore,
Che come paragon sta l’oro fino,
Così con tutti è stato ‘l gran pittore:
Onde restato al fin con la vittoria
S’ha acquistato immortal lodi, e gloria.

Così l’encomio del medico ed erudito senese Pietro Andrea Mattioli, primo esegeta del pittore Marcello Fagolino nel suo poemetto ecfrastico sul Magno Palazzo di Trento: opera in ottava rima di 445 stanze. Ove, dilungandosi nella resa degli ambienti del castello clesiano, si produce nell’apologia degli artisti impiegati, da Dosso Dossi e Romanino a Fogolino: di quest’ultimo è l’iniziale attestato d’eccellenza pittorica, posto a segnare l’apprezzamento da parte di una storiografia che ne tramanderà il nome fino ai nostri giorni, seppure – e naturalmente – in forme non sempre così egregie.

Il Castello del Buonconsiglio di Trento svela, fino il 5 di novembre, con un’ampia mostra, la grandezza di Marcello Fogolino. L’iniziativa, che si sviluppa in collaborazione con i Musei Civici di Vicenza, riscopre un artista notevolissimo ma la cui fama di pittore venne offuscata dalle sue vicende private.

La condanna per l’omicidio di un barbiere, commesso, pare, insieme al fratello Matteo, la messa al bando, l’attività di spionaggio dalle tinte forti. Dopo le grandi mostre monografiche dedicate ai pittori che affrescarono il maniero ovvero Girolamo Romanino e i fratelli Dosso e Battista Dossi, il Castello del Buonconsiglio rende omaggio al terzo artista che contribuì alla decorazione del Magno Palazzo.

La rassegna intitolata “Ordine e bizzarria, Il Rinascimento di Marcello Fogolino”,
a cura di Carlo Federico Villa, Laura Dal Prà e Marina Botteri (catalogo Castello in Mostra), vuole far conoscere al grande pubblico un pittore che fu costretto a una forzata permanenza in Trentino, ma che riuscì a guadagnarsi, con la sua opera, la fiducia del principe vescovo Bernardo Cles, fino a divenire il pittore di corte e, poi, del suo successore, il principe vescovo Cristoforo Madruzzo.

Figlio d’arte – suo padre era un pittore di buon livello – fu mandato da giovane a bottega da Bartolomeo Montagna, in quel di Vicenza. In quella città lasciò opere importanti in numerose chiese prima di trasferirsi per otto anni a Venezia.

Ѐ documentato il suo rientro a Vicenza verso il 1518 e il suo operare insieme a Giovanni Speranza. La sua pittura di quegli anni mostra un distacco dai modelli quattrocenteschi e una adesione alle novità che, nelle ville e chiese venete, stava imponendo il Veronese. Rientrato nel Friuli nel Pordenonese ottiene commesse di rilievo per diverse chiese della città e del territorio, in parte oggi purtroppo perdute. In Friuli torna ancora, insieme al fratello pittore anche egli, dopo una nuova parentesi vicentina ma incappa nelle note vicende giudiziarie che gli resero difficile ottenere nuovi incarichi. Destino volle che Fogolino approdasse quindi a Trento dove, tra il 1528 e il 1533, si costruiva il Magno Palazzo del Castello del Buonconsiglio, un grandioso cantiere rinascimentale nel quale pittori, scultori, artigiani, garzoni di bottega lavorarono a tempo record per rendere sontuosa la nuova dimora rinascimentale del principe vescovo Bernardo Cles. Qui Fogolino trovò fama, commissioni e, grazie alla protezione vescovile e alla benevolenza della corona imperiale austriaca, un sicuro rifugio. Il periodo trentino è illustrato con sue opere provenienti da chiese del territorio e dalle collezioni del museo, mentre la sua produzione profana è approfondita grazie ai cicli pittorici del Castello del Buonconsiglio, ma anche dalle preziose testimonianze grafiche.

Dopo il 1541, sotto Cristoforo Madruzzo, organizzatore del Concilio, il percorso fogoliniano diventa nuovamente ondivago. Di certo lavora ad Ascoli Piceno, il vescovo di quella città, conosciuto a Trento, poi a Gorizia e ancora a Bressanone.

Si sa che venne cercato per la Residenza di Innsbruck ma di lui nulla è noto in quella città. Finì quindi da artista errante una vicenda cominciata allo stesso modo.

La mostra si snoda nelle sale del Magno Palazzo, in parte affrescate da Romanino e dai fratelli Dossi e in parte affrescate dallo stesso Fogolino, e prende avvio da pale d’altare che hanno contraddistinto l’evolversi del suo percorso stilistico tra Vicenza e la provincia di Pordenone, evidenziando la ricca valenza del patrimonio artistico e culturale del Triveneto con lo studio dei rapporti e della collaborazione culturale con altri artisti vicentini, tra cui Giovanni Boncosiglio, Bartolomeo Montagna e Francesco Verla. In mostra le magnifiche pale d’altare provenienti dal Rijksmuseum di Amsterdam, come la Madonna col Bambino e santi mai esposta in Italia, dalla Galleria dell’Accademia di Venezia, dalla Pinacoteca Nazionale di Siena, dalla Pinacoteca di Palazzo Chiericati a Vicenza ma anche le rarissime incisioni provenienti dal museo statale di Dresda.

La pala dell’Adorazione dei Magi (L’ Epifania) con la predella rappresentante: Annunciazione; Natività; Fuga in Egitto, proveniente da Vicenza dai Musei Civici, Pinacoteca Palazzo Chiericati (1510), fu trasportata da tavola su tela nel 1873.
Indubbiamente l’Epifania è testo sorprendente nella Vicenza del tempo, raccontando nello spazio della tavola una miriade di suggestioni.
Qui il fasto predomina sul tema sacro, di cui il dipinto diviene mero promemoria, collimando le componenti tradizionali della rappresentazione con le richieste della cultura tardoumanistica. Nel mondo bucolico di pastori, cacciatori, animali domestici emergono le figure esotiche di cammelli ed elefanti, un nano in primo piano, un sinistro personaggio con sulla spalla una scimmia, tutta intenta a spulciarlo, l’indolente paggio del re Gaspare, trasandato nella barba mal rasa. Tutti elementi caratterizzanti la variopinta corte: tali da avvicinate l’opera, con la sua aria da tableau vivant, più ad un presepe napoletano di secoli successivi.

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