Eventi e cultura
1 Ottobre 2016
A Internazionale si parla di arte di strada, che tra ostilità e diffidenza, ha colorato le periferie

Street art: “dipingere un muro è simbolo di libertà”

di Redazione | 3 min

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25Aprile. “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”

“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che auguro a voi di non sentire mai”. 

È con le parole di Piero Calamandrei – tra i padri fondatori della Costituzione – che il sindaco Alan Fabbri apre il suo intervento durante la celebrazione del 25 aprile, dopo l’alzabandiera e il picchetto d’onore. 

index1di Silvia Franzoni

C’è chi alza i muri, e chi li dipinge. La rinascita della pittura non è passata attraverso la tela ed ha scelto invece l’intonaco in una qualche periferia metropolitana. Stiamo parlando di street art, un concetto che resta ancor oggi nebuloso e deve i suoi natali, probabilmente, al più famoso esponente della corrente – sì, proprio Banksy – che voleva distinguersi dall’arte cosiddetta graffitara. È insomma “una categoria comoda”, come evidenziano gli artisti ospiti dell’incontro pomeridiano di Internazionale. Agostino Iacurci, street artist un po’ foggiano e un po’ cittadino del mondo, la crede “un contenitore di muralismi”. Alice Pasquini (in arte AliCè, artista di Roma che lavora in tutto il mondo e che quest’anno si è vista condannare dal tribunale di Bologna per “imbrattamentop dui muri”), per esempio, la considera una parola vuota e le preferisce “arte contestuale”. In fondo, cosa sarebbe la street art senza quella strada, e quel muro, e quel particolare colore del muro?

La parete muraria – e proprio quella lì nello specifico – parla attraverso il linguaggio dell’illustrazione, ma è essa stessa il testo da illustrare. La città, insomma, diventa lo spazio per una caccia al tesoro capace “di muovere le persone”. Ha messo in cammino anche la fotografa americana Jessica Stewart, che ha si è innamorata della street art romana proprio quando questa stava sbocciando, e l’ha documentata. “Ora ci sono i social – ammette – e siamo tutti un po’ troppo consumatori di materiale visivo, ma il web ha il pregio di funzionare da amplificatore dell’arte, il problema è che troppo spesso la fruizione resta superficiale”. Internet è insomma la nuova strada, e assicura lunga vita ad un’arte che nasce effimera.

Gli street artist non hanno l’ambizione di rendere le proprie opere eterne: il muro si creperà, cambierà il contesto, il tempo dilaverà il colore. Così sono più i passanti-fruitori ad affezionarsi ad un luogo di cui si sono riappropriati grazie al dipinto di un volto femminile o ai grandi giganti dalle tinte vivaci che danno identità a muri prima tutti uguali. Si torna a scegliere, dunque, cosa guardare. “La street art – spiega Alice – rende luogo un non-lieu: dipingere un muro è simbolo di libertà”. Sui propri lavori, Alice ed Agostino, ci mettono nome e cognome: “che senso avrebbe – fa notare Agostino – lavorare su di una parete alta sette metri per dieci giorni alla luce del sole e poi voler restare anonimi?”. I due ospiti vantano opere in mezzo mondo, e confessano di aver trovato quasi sempre, un po’ ovunque, stupore e ammirazione. In Italia, invece, vince l’ostilità.

index2Sarebbe più corretto dire, però, che nel bel Paese regna un atteggiamento schizofrenico: “mi hanno chiamato dall’Istituto Italiano di Cultura per rappresentare il nostro Paese, e sono finita sulla Treccani – racconta con ironia Alice – ma mi hanno anche condannata in primo grado per alcuni miei lavori a Bologna: io ricorrerò in appello, ma mi sembra sia tanto stupido perder tempo così”. Entra così in gioco – ma lo lascia subito per inadeguatezza – il limite della proprietà privata “che non fa altro che evidenziare – interviene Agostino – le proprie contraddizioni”. Come nel caso delle opere bolognesi di Blu.

E proprio in questo momento di reflusso dell’avanguardia artistica si assiste ad una ricerca di “museificazione all’aperto – evidenzia Stewart – e si ricorre sempre più alla street art come strumento di riqualificazione delle periferie limitando però l’intervento ad azioni estetiche”. I lavori su commissione, sempre più spesso l’ambito lavorativo degli street artist, circoscrivono nella legalità l’azione degli artisti e rappresentano la forma d’arte ibrida che offrirà le sfide più interessanti, anche in un’ottica commerciale. Il grande merito della street art, però, resterà quello “di aver riportato l’attenzione su qualcosa di cui non ce ne fregava più nulla”, chiosa Alice: una strada che è tornata ad essere proprio quella strada, e un muro, di nuovo proprio quel muro, proprio di quel colore.

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