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29 Settembre 2016
Mostra a Parma nel Complesso Monumentale della Pilotta

Lucrezia Romana. La virtù delle donne da Raffaello a Reni

di Redazione | 5 min

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di Maria Paola Forlani

Si è aperta a Parma nel Complesso Monumentale della Pilotta la mostra Lucrezia Romana. Le virtù delle donne da Raffaello a Reni. L’evento, nato da un’idea di Mario Scalini che ha curato mostra e catalogo con la collaborazione di Emanuela Fiori e Elena Rossoni, è stato promosso dal Polo Museale dell’Emilia Romagna in collaborazione con il Complesso Monumentale della Pilotta, la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Parma e Piacenza, il Comune di Parma e la Fondazione CariParma (catalogo SilvanaEditoriale).

Lucrezia di mano di Guido Reni

Non aspesero, ed’ infernale Aletto,

Che tra fiori e tra vezzi inganni apporre,

Ne di spavento armata horrida morte

Può temer d’honestà nutrito il petto.

Ulisse Bentivoglio (Lodi al Signor Guido Reni raccolte dall’imperfetto confuso)

Bologna 1632

Lucrezia primeggia tra le eroine del mondo antico per la sua esemplarità. L’eccezionale umanità della storia e la tragica risoluzione della scabrosa vicenda contengono elementi archetipi di empatica potenza, che la straordinaria capacità creativa degli artisti ha riletto e rappresentato. Soggetto iconografico e letterario, sospeso tra storia e leggenda, la storia della matrona diventa in ogni epoca uno specchio per riflettere, con valutazioni storiche, religiose, ideologiche e morali.

Esempio di virtù domestiche e familiari, inconsapevole ed involontaria ragione degli appetiti altrui, modello di alta dedizione alla Patria ed eroina dei diritti umani di libertà ed autodeterminazione, Lucrezia vibra nelle opere pittoriche, da Cranach a Raffaello, da Parmigianino a Reni, di una fascinazione che attraversa i secoli ed è anche per la contemporaneità un’occasione di riflettere sulla violenza, fisica e morale, contro le donne oggi.

Gli exempla virtutis sono tra i temi laici più interessanti della storia delle arti figurative. Il loro affermarsi in ambito repubblicano, come nelle corti peninsulari italiane, mostra il progressivo recupero delle tematiche relate alla integrità politica e morale in genere, care al mondo romano e non solo. Rappresentazioni di eroi antichi e moderni ricorrono con frequenza nei palazzi pubblici italiani, anche grazie alla letteratura in volgare che, da Dante a Petrarca, pose le basi per raffigurazioni storiche e allegoriche, condensandole in singoli immagini simboliche facilmente riconoscibili.

Tra le figure femminili esemplari è peculiare quella della “Lucrezia Romana”, figlia e moglie nella Roma retta dalla dinastia etrusca dei Tarquini che, non avendo potuto resistere all’oltraggio fisico infertole dal potere, sacrificò pubblicamente la propria vita per offrire ai suoi concittadini la motivazione alla ribellione rispetto alle vessazioni gravissime dei dominatori.

La mostra, attraverso una galleria di capolavori, da Raffaello ai suoi epigoni, sino a Guido Reni e la sua scuola in senso lato, intende ripercorrere la fortuna del tema, leggendone le varianti letterarie, simboliche e pratiche sia in Italia che Oltralpe. Ridefinire, in questo contesto, quale sia stata la diversa valenza del mito antico, sospeso tra leggenda e storia, può aiutare a chi partecipa a tale ‘evento espositivo’ a rinsaldare la convinzione che estirpare la violenza – anche morale – verso le donne è il primo passo di un recupero morale e civile.

Storia di Lucrezia

Secondo la versione di Livio sulla istituzione della Repubblica, l’ultimo Re di Roma, Tarquinio il Superbo aveva un figlio assolutamente sgradevole, Sesto Tarquinio. Durante l’assedio della città di Ardea, i figli del re assieme ai nobili, per ingannare il tempo si divertivano a vedere ciò che facevano le proprie mogli durante la loro assenza, tornando nascostamente a Roma. Collatino sapeva che nessuna moglie poteva battere la sua Lucrezia in quanto a pacatezza, laboriosità e fedeltà.

Così portò con sé gli altri nobili, tra cui Sesto Tarquinio, a vederla. Sesto Tarquinio ne restò affascinato e fu preso dal desiderio di possederla. Alcuni giorni dopo, all’insaputa dal marito, tornò a Collazia e venne accolto con grande ospitalità.

Ma dopo cena, quando la casa era addormentata, si introdusse nella camera da letto di Lucrezia che, svegliatasi di soprassalto, si trovò aggredita dall’uomo, armato di spada. Provò a respingerlo ma Sesto la minacciò: se ella non avesse acconsentito a soddisfare le sue voglie, l’avrebbe uccisa e accanto le avrebbe messo il corpo mutilato di uno schiavo, sostenendo di averla colta in flagrante adulterio.

A questo punto Lucrezia fu costretta a cedere alle voglie del figlio del re. Appena Sesto ripartì, Lucrezia inviò un messaggio a Roma dal padre e uno ad Ardea dal marito supplicandoli di correre da lei al più presto con un amico fidato perché una grossa sciagura era accaduta. Giunti i suoi cari, in lacrime spiegò l’accaduto e si trafisse con un pugnale che nascondeva nelle vesti.

La storia della virtuosa eroina Lucrezia è presente in letteratura sin dai tempi antichi ed è da sempre narrata da vari autori e declinata in modi diversi. Gli aspetti storici, erotici e morali hanno assunto diverso peso e connotazione. Come figura dai contorni morali Lucrezia si è guadagnata anche nel contesto etico e religioso un posto di riguardo Ciò vale naturalmente anche per le rappresentazioni iconografiche, che appaiono soprattutto in Italia nel Medioevo e nel Rinascimento. In area germanica, la storia di Lucrezia si diffonde sin dal tardo Medioevo, ancor prima che il fenomeno di sistematica ripresa di modelli antichi operato nel Quattrocento e Cinquecento si concretizzasse. A partire dal primo Cinquecento si incontrano con più frequenza rappresentazioni artistiche che diventano rapidamente sempre più comuni ed amate. In particolare Lucas Cranach il Vecchio, pittore di corte del principe elettore di Sassonia, si cimentò con impressionante frequenza in questo soggetto, tanto da poter parlare di una vera “febbre di Lucrezia”. La rappresenta con continuità, dalle prime matrone del 1510 fino a poco prima la sua morte, si apprezza lo sviluppo iconografico dalla mezza figura sino alla figura intera, e dalla presentazione della donna abbigliata sino alla nudità totale.

L’antica storia di Lucrezia viene svuotata sino a farla divenire principalmente un simbolo di bellezza erotica.

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