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7 Settembre 2016
L'ultimo film di Munzi narra il percorso delle lotte politiche tra il '68 ed il '77

Un assalto al cielo

di Redazione | 2 min

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sssUn film d’archivio fuori concorso di tutto rispetto alla 73a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia: Assalto al cielo, ultima opera di Francesco Munzi, romano, diplomato al Csc, da 13 anni sulla piazza, avendo esordito nel lungometraggio nel 2004 con Saimir che partecipò alla 61a Mostra del Cinema di Venezia dove vinse la menzione speciale del premio De Laurentiis per la Migliore Opera prima. Ottenne decine di premi in vari festival mondiali e pure il Nastro d’Argento come Migliore Regista esordiente.

Il suo terzo lungometraggio, Anime Nere nel 2014, fu in concorso alla 71a Mostra del Cinema di Venezia. Venne distribuito in oltre venti paesi ed ebbe nove David di Donatello e tre Nastri d’argento.

Era un docu-fiction notevole: mescolava elementi d’archivio ad ottima recitazione, parlando di argomenti scabrosi come i più pericolosi elementi della malavita italiana del secolo scorso quali Luciano Lutring, ad es., detto – qualcuno lo ricorderà – il solista del mitra.

Anche Assalto al cielo, dunque, è costruito esclusivamente con materiale documentario di archivio. Narra il percorso di quei ragazzi che animarono le lotte politiche extra-parlamentari negli anni compresi tra il 1968 ed il 1977 e che tra slanci e sogni, ma anche violenze e delitti, ed un pizzico di follia, inseguirono l’idea della rivoluzione, tentando, per l’appunto, l’“Assalto al Cielo”.

Diviso in tre movimenti come fosse una partitura musicale, il film esprime le sensazioni, anche con certa commozione, perché, no? che oggi – specie i cosiddetti ex-sessantottini – conservano di quegli anni, mescolando nelle scelte del materiale e nel montaggio, memoria personale, storia, spunti di riflessione…

Il dibattito nooooo – il famoso tormentone di Nanni Moretti in Io sono un autarchico, uno dei suoi primi film, del 1976,qui si esplica – con affettuosa ironia – grazie ad un siparietto che scende,entr’acte, e recita: Ora fermate la cinepresa e discutete di ciò che avete appena ri-visto.

Il film, in rigoroso b/n, naturalmente, con ‘tracce’ di colore, è stato ‘costruito’, grazie ai materiali dell’Archivio storico Istituto Luce Cinecittà – che l’ha prodotto con RaiCinema -di Rai Teche, di Associazione Alberto Grifi, dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e della Cineteca di Bologna.

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