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24 Gennaio 2016
A Bologna dal 29 gennaio, tra grandi retrospettive e talenti emergenti

Arte Fiera, 40 anni e non sentirli

di Redazione | 3 min

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128ecf78-6464-4322-83f2-e2a01043dae5di Maria Paola Forlani

Dal 29 gennaio al 1 febbraio prossimi il padiglione fieristico di Bologna ospita un’edizione speciale di Arte Fiera per festeggiare i 40 anni di attività della grande fiera dell’arte moderna e contemporanea bolognese. Curata da Giorgio Verzotti e Claudio Spadoni, che da quattro anni sono guida della manifestazione. L’evento propone sia uno sguardo retrospettivo che prende le mosse da Giorgio Morandi, sia uno sguardo in avanti che vorrebbe indicare quali nuovi talenti animeranno i prossimi quarant’anni.

La parte storica nasce con l’aiuto di documenti d’archivio, ma anche delle gallerie che hanno contribuito ad animare la manifestazione e che, anzi, ne sono il vero motore. La parte rivolta agli emergenti è stata creata con la consulenza di un comitato scientifico di curatori e direttori di museo – Andrea Bellini, Francesco Bonanni, Laura Carlini Fanfogna, Giacinto Di Pietrantonio, Hou Hanrou, Luca lo Pinto, Alberto Savadori – che ha selezionato le proposte delle gallerie.

d1c0393d-29f2-4ef1-b51b-ca7584703ffdEcco dunque tutti gli attori di scena: la committenza fatta da gallerie che dipendono da alcuni collezionisti opinion maker, e che ne influenzano altri; l’istituzione museale; la figura del curatore indipendente o anche legato a un museo, che, nata negli anni Cinquanta, è arrivata negli ultimi decenni a un ruolo centrale; dietro a questi ultimi intravediamo le riviste specializzate e in generale gli organi di informazione, che svolgono il doppio ruolo di formare molti tra galleristi, collezionisti e curatori. Attraverso la danza che si crea tra questi coprotagonisti, la cronaca diventa storia e la storia si materializza in collezioni private, raccolte museali, libri che diventano punto di riferimento.

Sbaglierebbe di grosso chi pensasse, che una volta cristallizzato il giudizio su un certo artista esso sia destinato a permanere stabile nel tempo. Anni fa, prima della crisi, le case editrici straniere proponevano ogni anno centinaia di emergenti su cui puntare – paradigmatica la serie dei volumi Cream, Frech Cream, Creamer eccetera di Phaidon. Dei mille nomi proposti ne sono rimasti forse venti, e questo rientra nella logica di un mercato, delle idee così come delle opere, che si è fatto meno spasmodico benché non soffra più di tanto: in questo l’allontanarsi progressivo delle classi sociali aiuta, perché i ricchi sono sempre più ricchi e, seppure con prudenza, continuano a rivolgersi all’arte come bene di rifugio. Ma se la rapida obsolescenza degli esordienti è cosa nota e comprensibile nonché condivisibile – non nasce un genio al minuto – meno chiaro è il mecenatismo delle rivalutazioni dei nomi storici.

Un artista può rimanere per decenni dentro al cassetto del ‘ti ricordi?’ per poi venire ripresentato come una pietra miliare. Da alcuni anni, per esempio, si è ritornati a dare un’importanza crescente ad artisti a Milano nei primi anni Sessanta, come Gianni Colombo, celebrato da ormai da mostre internazionali, o Paolo Scheggi, del quale è in corso una furibonda rivalutazione.

c4f5dee9-892d-4eb1-8b29-bccce517cdb8Sono due artisti scomparsi che in vita ebbero fortune alterne e per anni, anche dopo la morte, sono rimasti in sala d’attesa. Che cosa ne ha resuscitato le fortune? Non si può dimenticare che queste e altre glorie seguono la celebrazione di Piero Manzoni, Lucio Fontana, Enrico Castellani, cioè dei loro compagni di strada più noti, da parte di gallerie potenti come Gagosian o di colossi culturali privati come la Fondazione Prada. I motivi per cui si rispolvera un artista sono in parte pratici: la sua di opere sta bene al mercato col tempo una più gallerie hanno deciso di rimetterlo in pista; complice necessaria, un’operazione di catalogazione sapiente che, nel frattempo, ha messo ordine tra le opere; solo così i potenziali compratori acquisiscono fiducia.

I cataloghi generali sono armi pungenti, necessarie per essere sicuri che dietro a quell’autore c’è qualcuno che se ne cura, una famiglia attenta, una fondazione, studiosi con piglio filologico. E qui arriviamo al nodo mercato-cultura, quello che rende interessante la cavalcata proposta a Bologna dal MamBo e dalla Galleria Nazionale mostrando le interrelazioni tra storia degli artisti, storia delle gallerie e storia di ArteFiera: solo quando un artista del passato porta con sé delle garanzie mercantili arrivano a occuparsene i curatori, spesso coadiuvati da collezionisti e galleristi nell’organizzarne le mostre e, se necessario, riprodurne le opere perché vengano esposte o comperarle per inserirle finalmente in collezioni museali.

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