Cronaca
27 Ottobre 2015
L'ex presidente dell'azienda parla dei rapporti con il grande accusatore Dianti. Sentiti anche i due artigiani accusati di corruzione

Concussione Acer, Ricci al banco dei testimoni

di Daniele Oppo | 6 min
Una delle immagini resgistrate di nascosto dalle fiamme gialle durante gli scambi di 'mazzette'

Una delle immagini resgistrate di nascosto dalle fiamme gialle durante gli scambi di ‘mazzette’

Prosegue il processo per la concussione in Acer che vede alla sbarra l’ex funzionario Salvatore di Salvatore  con l’accusa di aver preteso soldi dai titolari delle ditte edili per non rallentare l’iter burocratico dei cantieri nel periodo 2007-2012.

Nella giornata di lunedì davanti al tribunale collegiale la difesa di Di Salvatore ha chiamato a testimoniare l’ex presidente dell’azienda case (dal 2004 al 2012), Ivan Ricci (assistito dall’avvocato Fabio Anselmo) – indagato a suo tempo per delle presunte mazzette girate al Pd la cui posizione è stata però archiviata lo scorso gennaio – che ha a lungo parlato del suo rapporto con Filippo Dianti, il grande accusatore di tutto il procedimento.

Dal racconto è emerso nuovamente il rapporto amicale tra Ricci e Dianti, fatto anche di una serie di lavori di manutenzione svolti da quest’ultimo (o da imprenditori amici) per un totale di circa 30mila euro a casa di Ricci, “ma non volle mai soldi”. Una situazione, insomma, molto simile a quella descritta anche da Di Salvatore durante la sua deposizione.

“Un rapporto di stima reciproca” lo ha descritto l’ex presidente di Acer, dovuto anche alle capacità di Dianti nello svolgere l’appalto di Global Service per conto di Acer, almeno fino a che poi non cambiò qualcosa: “Era sempre disponibili – racconta Ricci – ma qualcosa stava cambiando, stava imparando a fare un altro mestiere e diventava un intermediario con subappalti che con il passare degli anni diventavano sempre meno qualificati, con imprese via via più deboli e con meno potere contrattuale”. Periodo in cui ci furono diverse lamentele da parte degli inquilini e che portò Ricci a ripensare il Global Service: “Nel 2008 mi rivolsi al mio avvocato di fiducia per avere un parere sulla mia idea del Global Service e la costituzione di una società”. Idea che prevedeva l’individuazione tramite un bando di un soggetto che avrebbe poi indicato le imprese “sparse per tutto il territorio” che avrebbero fatto i lavori di manutenzione negli alloggi, “sarebbero state quelle imprese – spiega Ricci – ad eseguire i lavori, senza subappaltare. Nel 2010 diedi poi l’incarico per il progetto”. In quel periodo, afferma l’ex presidente Acer, “avvertii un deterioramento: era arrivato ad affidarsi solo a imprese con una grande fragilità, i problemi erano aumentati e non era più Dianti l’uomo che li risolveva”.

E nel 2010 emerge la storia delle mazzette: “Nella primavera un consigliere Acer, Kiwan Kiwan, diceva in giro che un geometra prendeva delle mazzette. Andai da lui e lo aggredii, e lui poi mi disse che glielo aveva detto Dianti e che il geometra era Di Salvatore – racconta Ricci -. Feci venire Dianti da me e aggredii anche lui, gli chiesi perché non era venuto da me. Lui parlava poco, balbettava, era rosso, mi disse che Di Salvatore pretendeva che desse lavoro alla moglie”. Poi, più avanti, Ricci racconta che Dianti accennò anche ai soldi. Un’accusa che comunque valutò come “risibile”, anche perché “Di Salvatore non c’entrava nulla con l’assegnazione degli appalti, si occupava solo dei pagamenti e faceva qualche verifica dei lavori”. Racconta ancora Ricci: “Gli dissi di denunciare e di andare in procura se aveva qualcosa”.

La pm Patrizia Castaldini ha chiesto all’ex numero uno di Acer se si mosse per verificare le accuse contro Di Salvatore, o se Dianti disse di avere delle prove e il perché non denunciò (Ricci venne indagato anche per questo ma, sempre a gennaio, ci fu l’archiviazione). “Parlai con Di Salvatore, mi disse che non aveva fatto nulla ma che si sarebbe dimesso. Chiesi anche all’ingegner Cazzola di Acer di fare dei controlli (questo punto è stato però contestato dalla Castaldini perché non corrispondente a quanto emerso in precedenza, ndr). Non ho segnalato alla procura – prosegue l’ex presidente Acer – perché non credevo a questa cosa, forse avrei fatto meglio ma in quel momento non lo pensavo. Dianti non mi ha mai detto che c’erano dei filmati, e che c’erano altri due coinvolti. Mi disse che aveva le prove – continua Ricci – ma non me le ha fatte vedere, poteva venire anche il giorno dopo ma non l’ho mai più rivisto”.

La difesa di Dianti, assistito dall’avvocato Alberto Bova, ha incalzato poi Ricci sui lavori fatti dall’imprenditore a casa sua – rilevando che il progetto di un impianto elettrico relativo alla posa di un condizionatore lo avesse fatto un ingegnere di Acer- e chiedendogli se avesse mai fatto fare un computo metrico in modo da pagarlo nonostante l’imprenditore non volesse. La risposta è stata negativa. È emerso poi che, almeno in alcune occasioni, i lavori venivano controllati da Di Salvatore.

Nel pomeriggio è stata la volta proprio della moglie di Di Salvatore che ha confermato di aver lavorato per due mesi alle dipendenze di Dianti, per svolgere le pulizie negli appartamenti, con un collaboratore dell’imprenditore che la accompagnava nel tragitto casa-lavoro.

Uno dei testimoni chiave per Di Salvatore, un imprenditore edile, ha provato a spiegare il perché Dianti avesse consegnato a Di Salvatore la somma di 4.500 euro: sarebbero dovuti essere il pagamento per dei lavori in un’abitazione di un vicino di casa di Dianti. Quest’ultimo avrebbe chiesto a Di Salvatore di trovargli un’impresa che li svolgesse e l’imputato avrebbe fatto da tramite per il pagamento. Ma la sua deposizione non è stata supportata da fatti verificabili: il teste non ha mostrato fatture e non ha ricordato dove e a casa di chi quel lavoro fosse stato eseguito. Per questo il giudice Marini ha disposto il passaggio degli atti alla procura per indagare su una possibile falsa testimonianza.

Oltre ad altri testimoni, l’udienza ha visto anche le deposizioni degli altri due imputanti: gli artigiani Melazim Albrahimi e Marcel Danu, accusati invece di corruzione. Al centro i rapporti con l’ex funzionario Acer Luca Rivelli (già condannato a seguito di un patteggiamento, come Ruggero Sinigaglia). Secondo quanto emerso non sarebbero stati loro a pagare per poter lavorare, ma avrebbero subito pressioni per consegnare dei soldi in modo da non avere contestazioni e poter svolgere altri lavori per conto di Acer. “Per il primo lavoro a Porotto fecero dei controlli e venne applicata una penale di 1.500 euro – racconta Albrahimi -. Poi per un lavoro in un appartamento al Barco Rivelli mi ha chiamato per un sopralluogo e mi ha chiesto 1.500 euro dicendo che poi avrei potuto gonfiare i prezzi, ma non potevo perché i prezzi Acer sono fissi. Mi disse – continua Albarahimi – che se non accettavo mi avrebbe potuto contestare i lavori”. Una versione diversa rispetto a quella emersa nelle fasi precedenti del procedimento e per questo contestata dalla pm. Ma l’artigiano ha confermato la sua versione, raccontando di un’identica proposta per un altro lavoro a Baura. “A Rivelli ho dato 3mila euro, poi per altri due lavori al Barco mi ha chiesto 500 euro come anticipo per ciascun alloggio, gli ultimi glie li ho dati il giorno prima che venisse la Finanza a casa mia”. Perché non denunciò subito o non disse agli inquirenti che lui era parte offesa, gli ha chiesto il pubblico ministero: “A denunciare c’è sempre paura, poi il lavoro non c’era, avevo quattro bambini e i soldi da mandare alla mia famiglia. Cercavo di lavorare”.

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