Cronaca
21 Giugno 2015
Il pm chiede archiviazione per 25 indagati per omicidio colposo. Figli e moglie: “Faremo opposizione”

Esce morto dall’ospedale, la battaglia di una famiglia

di Marco Zavagli | 3 min

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unnamed (4)“Nostro padre è entrato sano in ospedale e dopo tre giorni è uscito morto per una infezione. Vogliamo sapere il perché”. A un anno dalla morte di Gaetano Lamburghini i figli e la moglie hanno una unica certezza. Che il pubblico ministero incaricato del caso, dopo aver iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo 25 persone tra medici e infermieri, ha chiesto l’archiviazione.

La richiesta è stata notificata mercoledì scorso. “Ironia della sorte – fa notare la sorella di Gaetano, Giuliana -, a un anno esatto da quando mio fratello è stato ricoverato”. Era il 17 giugno 2014 quando Lamburghini, agente immobiliare molto conosciuto in città, entra in ospedale a Cona. Lamburghini deve sottoporsi a un intervento chirurgico da eseguire in laparoscopia per l’asportazione del sigma, parte del colon. Questo perché due mesi prima, il 16 aprile, gli viene trovano un polipo nel colon, che viene asportato contestualmente alla colonscopia e che gli esami successivi individueranno come un tumore maligno.

L’operazione viene eseguita il 18 giugno. “Doveva essere un intervento di prevenzione, di sicurezza – afferma oggi il figlio Michele -. In tre giorni doveva essere a casa felice e contento e invece per noi è iniziato l’incubo”. “Una sciocchezza ci è stato detto – aggiunge la sorella del paziente, Giuliana -, con rischi operatori bassi, tanto che Gaetano aveva già programmato le vacanze”. Ma qualcosa non è andato come previsto dai famigliari.

Il 20 giugno si rende necessario un nuovo intervento d’urgenza. Si parla di peritonite stercoracea. Il giorno dopo, il 21 giugno, Lamburghini morirà per shock settico irreversibile.

La moglie e i tre figli sporgono denuncia. L’inchiesta penale che ne scaturisce porta la procura a iscrivere 25 persone nel registro degli indagati. Al medico legale Massimo Montisci, che effettua l’autopsia, viene conferito l’incarico di accertare la causa della morte e di ricostruire l’attività medica svolta sul paziente. Quella consulenza, dopo due richieste di proroga, dura nove mesi. Al termine dei quali non viene individuata alcuna responsabilità medica.

Non la pensano così i consulenti di parte, il dottor Luigi D’Alessandro e la dottoressa Elia Del Borrello. I due consulenti di parte sostengono che nel caso di un paziente anziano, obeso, diabetico, sottoposto a terapia farmacologica di insulina non è condivisibile la scelta operatoria dei chirurghi del Sant’Anna. I due specialisti pongono l’accento sulla modalità di intervento (legatura alta del segmento di intestino anziché legatura bassa, che avrebbe a parer loro evitato le complicazioni successive al primo intervento). Una scelta chirurgica diversa avrebbe, secondo loro, quasi con certezza, salvato il paziente.

A questo si aggiunge un altro particolare, da sottoporre ovviamente a future verifiche, che i familiari riferiscono a Estense.com. “Prima dell’intervento è stata fatta un’ecografia all’addome che non ha rilevato nulla; dopo l’intervento ci han detto che era pieno di materiale fecale”. E la causa della morte trascritta dai consulenti di parte parlerà di setticemia conseguente a peritonite stercoracea.

Non solo. “Consulente della procura e pm scrivono che nostro padre aveva 80 anni – lamentano i figli – quando invece ne aveva 66 ed era ancora una forza della natura. É per tutti questi motivi che ci muoveremo per fare opposizione alla richiesta di archiviazione. Nulla ci darà indietro nostro padre, ma questa battaglia gliela dobbiamo”.

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