Attualità
28 Marzo 2015

Una ‘biga’ per le strade di Londra

di Redazione | 4 min

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unnamed (9)C’e’ qualcuno che per le strade di Londra gira con una bicicletta ferrarese. L’ha smontata e portata in aereo. E ora la chiude con quattro catene. “Mi sono portata la bici di mio padre, comprata a Ferrara nel ‘78”. Il ‘mi sono portata’ e’ recente, ma per le strade di Londra Angelica Bollettinari si orienta da ormai sei anni.

“Da quando ho iniziato a girare in bicicletta, Londra mi sembra molto più piccola. E’ una percezione diversa. Inizi a capire la città. Inizi ad orientarti, ad essere consapevole di dove sei e dove vuoi andare, così finisce per sembrarti più piccola di quello che appare prendendo la metro.”

Enorme, infatti, e’come appare a me, che per arrivare da Angelica la metro l’ho presa e a dirla tutta nemmeno una linea sola. Perché lei vive nel south-est, io in west London. Quindi? Quindi ci ho messo due ore ad arrivare da lei con i mezzi pubblici. Un tempo comune per chi si sposta qui.

Angelica vive a Peckham, ha 24 anni e studia alla Goldsmith University. Il south-est, per intenderci, non e’ la zona dei grattacieli o degli appartamenti di lusso, o almeno non ancora. “Quando sono arrivata io, era molto più’ rough. La reazione di tutti i miei amici all’annuncio ‘mi sposto a Peckham’, ha prodotto facce incredule. Poi, negli ultimi quattro anni, hanno aperto tre o quattro gallerie d’arte. Apre un caffè nuovo ogni due mesi. Ci sono le mamme che vanno a passeggio con bimbo e caffè organico alla mano. L’ho vista cambiare.”

Angelica studia arte e sa di cosa parla. Il processo che sta raccontando si chiama ‘gentrification’. “Un’area si rigenera perché i giovani ci vanno. Appaiono i coffe shop e le gallerie d’arte e il processo prende il via. Perché dopo i giovani, quando l’area diventa cool, parte il processo dall’alto. Arrivano quelli con i soldi che vogliono rigenerare la zona e aprirci appartamenti di lusso.”

“Volevano rigenerare tutta l’area della stazione, recentemente. Ma la comunità si e’ attivata contro la chiusura della strada dove adesso ci sono le piccole gallerie, i piccoli bar gestiti da ragazzi giovani. Tutto volevano chiudere, per costruirci appartamenti di lusso.”

“Quando si racconta il processo, per semplificare si parla del gruppo di hypster che si muove nella zona povera e nel giro di qualche anno, dopo che hanno aperto bar e gallerie, costringe le persone a muoversi a loro volta perché gli affitti si alzano. E’ interessante ed e’ vero: spesso questi progetti partono da movimenti dal basso, dai ragazzi.”

E’ perfettamente consapevole di dove vive e di ciò che sta vivendo, Angelica. Consapevole di cosa le succede attorno. Recentemente poi ha ritrovato un legame tanto cercato, quello con l’Italia. Mi spiega che Arte e’ sempre stato quello che voleva fare, ma dopo un anno di ‘Arte pratica’ in East London, subito dopo le superiori, ha capito che non era esattamente quella la direzione per lei. Quello era il ramo, ma non era quello il punto di vista.

Così si è iscritta alla Goldsmith, triennale e poi Master. Da come ne parla, pare che il corso le abbia dato un paio di occhi nuovi e ascoltandola, dopo un po’, me ne convinco anch’io e capisco perché ha sentito il bisogno di venire qui e che cosa vorrebbe riportare a casa, nel nostro Paese.

“Io ho degli interessi abbastanza specifici riguardo all’arte contemporanea, che e’ quello che sto studiando. Mi occupo in particolare di arti performative, performance arts, live art, femminismo e studi di genere dal punto di vista teorico e sto lavorando ad un paio di progetti. In futuro vorrei rimanere nell’ambito. Fare la curatrice. Scrivere un po’ o avere un posto mio. O tutte queste cose insieme.”

Il futuro non sembra troppo lontano quando mi racconta uno dei suoi progetti. “Sto, per esempio, lavorando con un’associazione che e’ stata fondata a Londra nel 2013 da una ragazza italiana, Giulia Casalini. Si chiama ‘Archivio queer in Italia’, ed e’ un progetto che vuole diventare una piattaforma per coprire il contesto italiano di arte teoria e attivismo che hanno a che fare con tematiche all’intersezione tra i vari femminismi.” Mi racconta che sono state a Genova e che a febbraio saranno a Bologna. Organizzano serate di foundrising e fanno open call.

Si’ lo so che sto parlando arabo per tanti. Sono andata anch’io su Google a controllare di che cosa esattamente questa ragazza mi stesse parlando. Perché una performance di arte queer non l’avevo mai vista. Che e’ poi esattamente il motivo per cui lei vive a Londra e pare non voglia tornare a vivere un po’ più a sud. Pero’ vuole dare il suo contributo. Il suo paio d’occhi. E di prospettive nuove abbiamo tutti un gran bisogno.

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