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16 Marzo 2015
L'esposizione a Palazzo Albergati illustrata da Sergio Gaddi nel Castello Estense

Escher, un grande in mostra a Bologna

di Redazione | 3 min

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ESCHER a BOLOGNA dal 12 marzo 2015Una lectio magistralis davvero d’eccellenza quella del 24 febbraio scorso in Castello Estense a Ferrara, organizzata e curata da Sergio Gaddi, vera quintessenza di economia e cultura, ha illustrato e documentato con mezzi audiovisivi davvero molto validi ed efficacia la mostra su Escher che si è aperta a Palazzo Albergati di Bologna, ideale anche se non esattamente sovrapponibile a quella ( forte di un successo di oltre 200.000 visitatori) chiusa da poco al Chiostro del Bramante – a Bologna ci son altri pezzi non visti a Roma.

È prodotta da Arthemisia Group, in collaborazione con la Fondazione Escher, grazie ai prestiti provenienti dalla Collezione Federico Giudiceandrea, ed è curata da Marco Bussagli.

Una lectio che si è rivelata indispensabile baedeker per la mostra di Bologna che si è aperta oggi, presentata dai curatori e dall’assessore alla cultura del comune di Bologna, Alberto Ronchi.

Interessanti i confronti, il percorso originale di nascita dell’arte di Escher, il suo vivere in Italia per 13 anni – un ‘gran educational tour’ ultra-stendhaliano quasi permanente – dal 1922 al 1937, vigilia della promulgazione delle leggi razziali che porteranno il suo maestro Samuel Jesserum de Mesquita, quello che lo aveva introdotto alla sua futura professione, la carriera e, soprattutto, la passione della sua vita, il disegno, l’incisione, un tipo di arte scientifica che strabilierà gli scienziati da parte di un ‘ non – scienziato’, per lo meno non in senso canonico.

Disegnava per istinto, poi, in realtà, le sue opere si rivelarono opere di profonda scientificità, pieni di segni ante-signani, se si passa il calembour, davvero d’eccezione per un artista del suo genere che diverranno autentiche ‘lezioni’ per docenti della materia.

Tra le opere esposte i suoi capolavori più noti come Mano con sfera riflettente (M.C. Escher Foundation), Giorno e notte (Collezione Giudiceandrea), Nastro di Möbius II (Collezione Giudiceandrea), Casa di scale (relatività) (Collezione Giudiceandrea), Altro mondo II (Collezione Giudiceandrea), Vincolo d’unione (Collezione Giudiceandrea), e la serie degli Emblemata accanto ad una intera sezione dedicata all’eschermania che racconta l’influenza di questo artista sulla quotidianità di mezzo secolo a questa parte.

I confronti, eseguiti anche grazie ad intelligenti diapositive e mezzi audiovisivi, multimediali, selvies ad hoc, in mostra per grandi e, didatticamente, piccini, di effetto son presentati accanto alle opere, quasi Muse Gemelle come l’Arte, in movimento, scardinata, ribaltata, rigenerata – data la sua estrema modernità – di Escher coi mezzi digitali oggi offerti dalla computer grafica e la Musica.

Gli ascendenti di Escher, i giganti sulle cui spalle viaggiava pure lui, son stati grandi come Giotto, Leonardo, Piero della Francesca e poi per la parte più surreale nel tempo, nell’evoluzione Giambattista Piranesi – tra i più importanti – della sua arte, del ribaltamento più originale della/delle prospettive, il Piranesi delle Prigioni, Magritte, Van Gogh – excerpta d’eccezione collocati, sempre in termini di paragone, nella mostra bolognese.

L'assessore Ronchi

L’assessore Ronchi

Certo, voli pindarici, azzardati, quei confronti, ma fino ad un certo punto se si pensa che Mick Jagger – solista dei Rolling Stones e capo spirituale, avrebbe voluto un’opera di Escher per la copertina di uno dei loro dischi – ma ottenne solo uno sdegnoso rifiuto – anche se, più tardi, l’artista ‘soggiacque’ ai Pink Floyd, ed alle copertine di libri quali le Cosmicomiche di Calvino, per non citarne che una.

Muse Gemelle incrociate, dunque, per l’arte del grande olandese, perché commentate a livello sonoro e musicale da Bach – nona caso la correlazione con la copertina delle sue Suites suonate da YoYoMa ed illustrata da Giambattista Piranesi – retro citazione?, Schostakovich, valzer da Eyes wide shut di Stanley Kubrick ed il gran finale con le parole surreali, immaginifiche di The sound of silence di Simon e Garfunkel, a chiosa di questo percorso artistico che la mostra di Bologna offre appieno nello svolgimento e’godimento’ del suo iter.

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