Cronaca
15 Gennaio 2015
Per la Corte di Appello assenza di prove per l'ex ufficiale dei carabinieri

Noe-Niagara, assolto Amatiello. Pene ridotte per gli altri

di Marco Zavagli | 3 min

niagaraSergio Amatiello assolto ex art. 533 secondo comma (la vecchia formula dubitativa) e pene ridotte per Vito Tufariello e Marco Varsallona. È il verdetto della Corte di Appello di Bologna al termine del processo di secondo grado per tentata concussione che vedeva alla sbarra i due ex carabinieri del Noe di Bologna e l’imprenditore implicati nel caso Niagara.

La vicenda è arcinota, anche per le tante polemiche e appendici giudiziarie (querele per calunnia e richieste di oscuramento del sito dell’azienda che aveva pubblicato le intercettazioni) che ne erano seguite. Tutto nasce da un’ispezione del Noe presso la società con sede a Poggio Renatico, attiva nello smaltimento di rifiuti speciali nel febbraio 2008.

Secondo l’accusa il luogotenente Amatiello e il maresciallo Tuffariello, in concorso con Varsallona (legato ai primi due da rapporti extraprofessionali: stavano costituendo insieme una società di consulenza in materia ambientale) avevano indotto Marco Carretta (titolare di Niagara) a promettere loro una somma tra i 20mila e i 40mila euro per “ammorbidire” le conclusioni dell’informativa finale da depositare in procura. In pratica avrebbero prospettato ai vertici dell’azienda che, con quella mazzetta, avrebbero salvato gli impianti dal sequestro e loro stessi dalle misure cautelari. Il reato non si consumò perché Carretta denunciò il fatto alle autorità. Di qui la derubricazione della concussione in “tentata”.

Il 29 gennaio 2013 il processo di primo grado si chiuse con la condanna in rito abbreviato a 2 anni e 4 mesi per Tuffariello, 2 anni e 2 mesi per Amatiello e Varsallona (oltre a 120mila euro di provisionale alle parti civili: l’imprenditore e due dirigenti, Davide Gherardi e Fabiana Cosmar). La pena superiore per Tuffariello era dovuta a un altro capo di accusa che pendeva sul militare, la rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio relativamente alla fase della stesura della informativa finale sull’esito delle indagini sull’azienda.

Al termine della discussione in Appello il pg Miranda Barbace aveva chiesto pene più severe (tre anni per Amatiello e Varsallona e tre anni e due mesi per Tufariello), contestando il riconoscimento delle attenuanti generiche concesse dai giudici di prima istanza. Attenuanti che secondo il pg Miranda Barbace, non hanno ragione di sussistere. La Corte invece ha ritenuto che non sussistessero prove sufficienti contro Amatiello, assolto, e ha ulteriormente abbassato l’ammontare delle pene per i coimputati: un anno e otto mesi per Varsallona e un anno e dieci mesi per Tufariello. Per entrambi è stata stabilita la sospensione condizionale.

Nonostante l’assoluzione si dichiara “molto soddisfatto” l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo, che ragionando sull’assoluzione con formula dubitativa afferma che “la sentenza conferma evidentemente l’impianto accusatorio. Il processo non finisce qui – aggiunge -, avremo modo e tempo di discutere sulle motivazioni (attese tra 90 giorni, ndr), ma certamente nessuno può cantare vittoria contro di noi”.

“Comprendo che le parti civili nei confronti di Amatiello, capitanate dall’avvocato Anselmo e che dovranno anche restituire 40mila euro di provvisionale cui non avevano diritto, non si diano pace – replica l’avvocato della difesa Desi Bruno -, dopo aver lavorato per anni per distruggere la figura umana e professionale del luogotenente, a cominciare da quella lontana conferenza stampa organizzata da Niagara nel novembre 2009 quando, ad avviso di conclusione indagine non notificato ad Amatiello, vennero illegittimamente distribuiti atti, o meglio, parti di atti che erano ancora segreti, sino al blog poi sequestrato, alla campagna mediatica supportata da potenti mezzi e autorevoli simpatizzanti, e via dicendo. Ma non ci sono riusciti”.

L’avvocato Bruno ricorda inoltre che “la parte civile sta nel processo penale per ottenere, se ne ha diritto, un risarcimento, e non esiste nel nostro ordinamento l’accusa privata che sostituisce il pubblico ministero. Ma soprattutto i processi si fanno nelle aule di giustizia, altrimenti qualcosa non torna”.

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