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21 Ottobre 2014
Capolavori toscani e ferraresi dalla collezione di Vittorio Cini

Palazzo Cini, la Galleria

di Redazione | 5 min

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La Fondazione Giorgio Cini presenta al pubblico alcune sale del Palazzo Cini sul Canal Grande (riaperte al pubblico il 21 settembre) con opere ospiti importanti come “L’Adorazione dei pastori” di Lorenzo Lotto esposta come omaggio ai visitatori fino al 2 novembre. Dal 1919 dimora veneziana di Vittorio Cini e frutto dell’aggregazione di due residenze nobiliari, Foscari e Grimani, per mostrare la preziosa raccolta di dipinti, sculture e oggetti d’arte donata all’istituzione culturale nel 1981 dalla terzogenita del mecenate, la principessa Yana Cini, sposata al principe Fabrizio Alliata di Montereale. A sette anni dalla morte del mecenate si salutò la nascita della Galleria di Palazzo Cini a San Vio, scrigno di raffinata bellezza concepito come casa-museo, testimonianza eletta di un gusto e di una cultura che restituiscono in filigrana le “passioni d’arte” di uno dei più importanti collezionisti del Novecento. Un lascito che rese immediatamente percepibile il microcosmo che doveva rappresentare, nelle intenzioni dei curatori del progetto, l’universo polimorfo di Vittorio Cini raccoglitore ed esteta. Grazie al dono Alliata di Montereale, emblematico soprattutto dell’amore di Cini per la pittura dei primitivi, alimentato e stimolato costantemente da consiglieri e mediatori d’eccezione come Bernard Berenson o Federico Zeri, fu possibile dunque concepire e allestire la Galleria, che resta un unicum nel panorama museale lagunare, a pochi passi dalle Gallerie dell’Accademia.

Unicità data anche dalla presenza di un nucleo sceltissimo di dipinti ferraresi del Rinascimento, giunto in Galleria nel 1989, quando, con un nuovo atto di colto e lungimirante mecenatismo, la famiglia Cini ne consentì la fruizione: infatti in quell’anno la gemella di Yana, Ylda Cini Guglielmi di Vulci, decise di lasciare in comodato presso la Galleria alcuni capolavori di Tura, De Roberti, Dossi, Mazzolino, provenienti dalla raccolta paterna, arricchendo la visita di un segmento fondamentale per comprendere fino in fondo le predilezioni del collezionista e l’amore nei confronti dell’arte della città natia.

Proprio in concomitanza con il trentennale che ne celebra l’inaugurazione, avvenuto il 24 maggio 2014, la Galleria viene restituita a studiosi e visitatori. Essa resta intatta nella sua configurazione ormai storicizzata, così come venne concepita, quando fu intelligentemente allestita, con il supporto fondamentale di Zeri, come se si trovasse ancora nelle stanze abitate dal mecenate e dalle due consorti, l’attrice Lyda Borelli “diva del silenzio” per antonomasia, e la marchesa Maria Cristina Dal Pozzo D’Annone, sposata in seconde nozze nel 1967.

Vittorio Cini (Ferrara 1885-Venezia 1977), imprenditore, armatore e uomo politico coinvolto nelle più importanti imprese finanziarie e produttive che caratterizzarono lo sviluppo dell’Italia da paese agricolo a paese industriale avanzato, fu uomo di coltivati interessi nei confronti delle arti. Le raccolte, che accumulò incessantemente a partire dai primi acquisti di inizio secolo e che si intensificarono nel periodo postbellico, e che furono sistemate nel castello monselicense e nel palazzo veneziano di città, ne definiscono perfettamente la personalità, segnata da un’attrazione speciale per l’arte antica, che si esplicò in una passione da ‘principe rinascimentale’.

Le pulsioni collezionistiche di Cini, volte alla realizzazione, di ‘sapore faustiano’ – come suggerì Bernard Berenson nei suoi diari – di un microcosmo rappresentativo della civiltà occidentale del passato in ogni sua estrinsecazione artistica e artigianale, sono mosse da un’idea di raccolta ‘totalizzante’, di matrice storicistica, che fu fortemente orientata dalla presenza costante del critico ferrarese Nino Barbantini, il grande organizzatore delle mostre di Ca’Pesaro a partire dal 1908 e il curatore della memorabile esposizione sul rinascimento ferrarese a Palazzo dei Diamanti del 1933.

Nel modellare le stanze del palazzo non manca l’intervento d’autore del grande architetto alla moda, che rispose con puntualità a quel principio di ambientazione ‘in stile’ che è carattere peculiare e dominante delle residenze Cini: il grande architetto e designer valtellinese Tommaso Buzzi (Sondrio, 1900 – Rapallo, 1981).

I criteri di sistemazione delle opere, collocate in alcune sale del piano nobile del palazzo, seguirono i principi che avevano guidato Buzzi e Vittorio Cini nell’allestimento degli anni cinquanta: i dipinti, le sculture e gli oggetti d’arte furono distribuiti secondo una sintassi che fosse specchio fedele di quel gusto.

Nella prima sala, la commovente croce processionale duecentesca dipinta su entrambe le facce, raro esemplare di una tipologia afferente alla spiritualità mendicante, apre la serie ‘iconografica’ delle Crocefissioni, tra le quali spicca per bellezza quella devozionale quattrocentesca del senese Pietro di Giovanni Ambrosi.

La seconda sala si caratterizza per la presenza di primitivi toscani, in particolare per le due Maestà, che esemplificano accordi e divarificazioni tra il linguaggio giottesco e quello duccesco agli inizi del Trecento in Toscana.

Segue la grande sala dei Polittici che si apre, luminosa, sul salotto buzziano, che apparecchia sontuosamente le fini porcellane Cozzi. La denominazione è data dalle presenze di due polittici, integri e perfettamente conservati: quello d’ambito orcagnesco e quello di Lorenzo di Nicolò (1404).

La quarta sala espone i capolavori della raccolta: la tavola raffigurante la Madonna con il Bambino e Santi e angeli musicanti di Filippo Lippi; l’altissima Madonna con il Bambino e due angeli di Piero di Cosimo (1507), seguono Il giudizio di Paride di Botticelli e bottega. E molti capolavori ancora accolgono il visitatore in attesa del ritorno ( 20 luglio) di un capolavoro ‘senza tempo’ il sublime Doppio ritratto di amici di Jacopo Pontormo (attualmente a Firenze a di Palazzo Strozzi), sostituito dal Ritratto di giovane con liuto di Bronzino (Uffizi). Il percorso si chiude con la sala dedicata ai ferraresi.

Pare che fu proprio l’architetto Tommaso Buzzi che suggerì di trasportare un soffitto del Castello di Monselice (altra prestigiosa residenza di Vittorio Cini) nella casa natale del conte a Ferrara. Quella Casa che fu prestigioso Centro Culturale con i gesuiti prima ed in seguito con la direzione di don Franco Patruno che ne fece centro d’arte tra i più vivaci ed importanti in Italia e all’estero per l’arte contemporanea.

La scelta di intervenire pesantemente su l’edificio medioevale con un restauro che ne ha tolto tutto il sapore “dell’abitazione” e raffinatezza di un tempo, e di disperdere la straordinaria “Collezione d’arte del ‘900” da parte della curia ( dopo la scomparsa del suo direttore), resta una delle pagine più tristi e nere della storia ferrarese.

La speranza che un giorno, prevalga il buon senso e l’orgoglio di quei nipoti che tanto hanno amato quel nonno intraprendente, ripristinato, con orgoglio, il Museo di San Vio e narrato con libri e convegni il suo cammino di imprenditore e di collezionista alla Fondazione dell’Isola di San Giorgio, cammino che è nato proprio nella città estense che ha visto i primi passi di quest’uomo “generoso” che quella sua casa natale la volle donare ai giovani e alla cultura.

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