Cronaca
6 Aprile 2014
La madre di Aldrovandi, intervistata da Fazio: "La vicenda di Federico è conclusa, ma potrà aiutare altre persone"

Un nuovo capitolo per Patrizia Moretti

di Ruggero Veronese | 4 min

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fazio morettoi“Cosa mi ha dato la spinta per lottare? Non è stata una scelta, un’esigenza nata dalla forza. Per me è solo l’essere mamma”. Patrizia Moretti si racconta all’Italia nel salotto televisivo di “Che tempo che fa”, di fronte a un Fabio Fazio che, pur senza entrare nei dettagli della drammatica morte di Federico Aldrovandi, non esita a mostrare la sua ammirazione verso l’ospite della serata. Dalla “assurda solitudine in cui vi siete trovati” alla “riprovazione pubblica mostrata dalla società”, fino addirittura “alla reticenza del vescovo di Ferrara”, il presentatore di Rai Tre mostra abbastanza chiaramente la sua posizione su quanto accadde la notte del 25 settembre 2005 a Ferrara, anche se le sue domande hanno come sfondo un tema comune: quale sarà il futuro di Patrizia Moretti?

La pubblicazione del libro “Una sola stella nel firmamento”, scritto a quattro mani con la psicanalista Francesca Avon, segna infatti uno spartiacque per la vita di Patrizia Moretti. “È un libro che chiude definitivamente la storia o ne apre un nuovo capitolo?”: la risposta alla prima domanda di Fazio segna l’immagine che la madre di Aldrovandi vuole dare alla sua battaglia: “Sicuramente questo libro segna la chiusura della fase processuale, che ha smentito tutte le tesi proposte dai colpevoli, condannati per l’omicidio di Federico con una sentenza confermata in Cassazione e, in parte, anche incarcerati. È un libro che segna la conclusione della vicenda di Federico, ma non la fine di tutto. Spero che rendere pubblico quello che è successo a mio figlio possa aiutare anche altre persone”.

Un messaggio che tornerà più volte nel corso dell’intervista, in cui Fazio cita anche le battaglie di altre donne coinvolte e protagoniste nei processi per i “morti di Stato”, come le sorelle di Stefano Cucchi e Giuseppe Uva. Ma qual’è la giustizia a cui puntano – si chiede il giornalista – nelle loro battaglie in cui si trovano contrapposte alle stesse istituzioni dello Stato? Secondo la Moretti, “c’è la giustizia dei tribunali,ma poi c’è anche quella che passa attraverso le altre fasi. Quella per cui la società è a conoscenza dei veri colpevoli e fa in modo che da un dramma personale possa nascere una consapevolezza pubblica”.

ImmagineQuella consapevolezza che per Fazio è mancata per un anno intero dalla morte di Federico, almeno fino alla manifestazione pubblica a Ferrara del 2006, e che inizialmente ha portato molte persone a fidarsi “della versione più semplice che era stata proposta, secondo cui Federico è morto perchè era si drogato”. Ma se da una lato la Moretti condanna “quelli che hanno provato a nascondere la verità” (il riferimento è agli agenti condannati per favoreggiamento), sull’altro lato ammette che “spesso è molto più semplice credere alla versione di chi è ritenuto più autorevole, anche con i sindacati di polizia che solidarizzano con i quattro agenti. È molto più facile per tutti e anche noi all’inizio lo abbiamo pensato, perchè credevamo che una cosa del genere non potesse capitare a noi”. E malgrado la propria tragedia personale, la madre di Aldrovandi cerca di chiarire il suo rispetto per le forze dell’ordine: “Si tratta di responsabilità individuali. Mio marito è un agente della polizia municipale, la nostra famiglia frequenta agenti di polizia”.

Così come la prima domanda, anche la conclusione dell’intervista di Fazio cerca di tirare le somme e guardare al futuro della giustizia italiana in queste drammatiche vicende: “Ci siamo resi conto che la giustizia non è democratica – afferma la Moretti – perchè per affrontare un processo di questo tipo, vista la controparte, ci vogliono molti soldi e molta forza. Nessuno ti può aiutare, se non gli avvocati – e ne abbiamo trovati di particolarmente motivati – ma è una battaglia che devono condurre le famiglie. Questo non è giusto e, in altre nazioni, quando c’è una vittima chiede giustizia per le azioni dello Stato non deve sostenere tutto il peso del processo”. E così, dalla tragica morte del figlio, Patrizia Moretti cerca di ricavare una proposta che possa evitare che si verifichino nuovi ‘casi Aldrovandi’: “Abbiamo costituito l’associazione Federico Aldrovandi e tra le proposte c’è l’introduzione del reato di tortura e l’identificazione delle divise. Vorremmo che cambiasse qualcosa nella cultura delle forze ordine. Adesso certe azioni, anche se non sono ammesse, sono tollerate. E infatti i quattro agenti condannati sono tornati in servizio”.

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