Cronaca
25 Febbraio 2014
Per Tonelli il processo mediatico ha spinto i giudici a errori di valutazione. Invitati a Ferrara i poliziotti condannati

Aldrovandi. Il Sap: “Gli agenti sono innocenti”

di Marco Zavagli | 4 min

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tonelli“Oggi siamo in grado di dimostrare che in questi nove anni la maggior parte delle cose dette sono menzogne”. A parlare è Gianni Tonelli, presidente nazionale del Sap, il sindacato autonomo di polizia maggiormente rappresentato nella questura di Ferrara. Fresco di congresso provinciale, Tonelli presenta la campagna #vialamenzogna (in contrapposizione alla manifestazione #vialadivisa organizzata dalla famiglia e dagli amici di Federico per chiedere la destituzione dei poliziotti), tesa a spiegare “attraverso le carte processuali” che i quattro poliziotti condannati in via definitiva per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi “sono innocenti e vittime di un errore”. Un errore cagionato da “una campagna di stampa molto aggressiva, irruente e forte” tale da condizionare attraverso processo mediatico l’esito di quello giudiziario.

E la convinzione dell’innocenza dei quattro agenti, della correttezza del loro intervento e di una diversa causa della morte del ragazzo, Tonelli e gli iscritti Spa presenti in conferenza stampa lo hanno detto anche ai quattro colleghi, invitati al congresso. A Ferrara si sono presentati Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri, che “ci hanno ringraziato per questa iniziativa – afferma Tonelli -. La vicenda ha destato in loro dolore, ma sanno di essere innocenti e confidano comunque che un domani ci possa essere il modo di riscrivere un esito diverso”. D’altronde “tanti sono i casi in Italia la cui verità viene accertata solo decenni dopo, dalla storia partigiana alle foibe”.

Paragoni a parte Tonelli è convinto di poter dimostrare all’opinione pubblica l’innocenza dei poliziotti pregiudicati “proprio attraverso le carte processuali”. Le stesse che li hanno condannati. E questo a partire dai ‘falsi miti’, o, per usare le sue parole, “le menzogne propinate come verità”. Un esempio? I manganelli rotti. “Si è detto che gli agenti avrebbero tentato di inquinare le prove e questo convincimento è finito nelle sentenze, mentre invece il primo atto finito sul tavolo del pm è l’informativa di reato redatta dalla questura quel 25 settembre 2005 sulla base delle dichiarazioni dei colleghi e trasmessa il giorno successivo alal procura”. Tonelli mostra le fotocopie di quei documenti. Le date coincidono. Segno che né la questura di allora lo disse ai genitori del ragazzo quando li convocò a Palazzo Camerini, né l’allora procuratore capo Messina lo rivelò ai giornalisti nel corso di una frettolosa conferenza stampa dalla quale emerse che “il ragazzo non è morto per le botte”. Eppure dei due sfollagente rotti nella colluttazione si saprà solo a metà gennaio 2006, grazie a una interpellanza parlamentare.

L’informativa di reato redatta dalla questura

L’informativa di reato redatta dalla questura

Il Sap contesta anche la dinamica degli eventi, “sulla quale si leggono affermazioni gravissime”: “la perizia medico legale parla di ecchimosi allo scroto, non di spappolamento, e sappiamo che quell’escoriazione se l’è procurata saltando sull’auto della polizia e scivolando a cavallo della portiera”. La stessa causa del decesso individuata dal professor Thiene, lo schiacciamento del fascio di His che ha bloccato il cuore, “è stata desunta da una semplice polaroid bidimensionale, una foto che può dire tutto e niente”. Per Tonelli è più veritiera la ricostruzione del medico legale della procura che eseguì l’autopsia, Malaguti, che non ravvide ecchimosi ma un coagulo post mortem.

Per tutti questi motivi “consideriamo i nostri colleghi innocenti e vittime di un errore” e lo dimostreremo con una serie di iniziative, ma sempre basandoci sulle carte processuali”. Il sindacalista ammette per assurdo che questa “operazione di verità” possa portare alla conferma della colpevolezza. In questo caso “avremo servito comunque la causa della giustizia e allora porterò avanti la causa di chi li ritiene manigoldi” concede Tonelli, che in ogni caso di dubbi ne ha pochi. Tanto che ha voluto incontrare il prefetto di Ferrara “per chiedergli di inoltrare al ministro dell’Interno la richiesta di fare esaminare all’ufficio legale del Viminale le carte processuali e gli riferisca in merito”.

Tutto per una “operazione di verità che si basa sulla buona fede”, per “riaprire una stagione diversa all’insegna dell’onestà”, tanto che “se qualcuno polemizza allora sarò legittimato a pensare male”.

L’ultimo pensiero va sempre ai quattro colleghi condannati, intervenuti “per soccorrere un ragazzo che stava male” e le cui ricostruzioni “non sono state contestate”. Eppure il giudice Caruso definì “fantasiose ipotesi” la loro difesa. “Perché allora non li ha indagati per falsa testimonianza?”, ribatte Tonelli, dimenticandosi che il nostro ordinamento riconosce il privilegio contro l’autoincriminazione all’imputato, che in aula può anche mentire. A ogni modo “spero che ora per loro inizi il percorso del riscatto”.

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