Occhiobello
19 Febbraio 2014
Casa di cura "Santa Maria Maddalena" come centro di riferimento per le tecniche operatorie poco invasive

A Occhiobello l’ultima frontiera della chirurgia vertebrale

di Redazione | 4 min

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Giuseppe Maida e Vittorio Morello

Giuseppe Maida e Vittorio Morello

Occhiobello. L’unità operativa di chirurgia vertebrale della casa di cura “Santa Maria Maddalena” compie un anno e si candida come centro di riferimento per il territorio nell’utilizzo delle ultime e più sofisticate tecniche operatorie mininvasive e percutanee. Tutto merito del neurochirurgo e chirurgo vertebrale Giuseppe Maida che ha fatto scalpore per aver lasciato due anni fa l’azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, “emigrando” da Cona alla casa di cura privata di Occhiobello. Merito anche dell’amministratore delegato di quest’ultima, Vittorio Morello, che ha creduto nello specialista e nella sua specializzazione (chirurgia della patologia degenerativa ed artrosica della colonna vertebrale cervicale dorsale e lombosacrale).

“Per la specificità della sua professione, Maida è un acquisto importante per la casa di cura – si compiace l’amministratore – e in un anno che è iniziata questa collaborazione, ha messo in piedi questo centro”. Un centro realizzato con la preziosa collaborazione dell’unità operativa di algologia e terapia del dolore, presente già da anni presso la clinica, nell’ottica della creazione di un moderno “spine center”, specializzato nel trattamento a 360° di un certo tipo di patologia della colonna vertebrale. Un compiacimento meritato dato che il centro, specializzato in una nicchia di attività non molto sviluppata, ha una capacità attrattiva nazionale: “I pazienti provengono da tutta Italia, l’unica regione che manca all’appello è la Valle D’Aosta” specifica Morello. Per questo motivo il centro ha deciso di aprirsi alla comunità scientifica internazionale organizzando un convegno internazionale, a cui prenderanno parte numerosi professionisti venuti dall’estero, che si svolgerà all’hotel Ferrara il prossimo 21 e 22 febbraio.

“L’obiettivo del convegno, che ho scelto di dirigere a Ferrara per una questione di scaramanzia dato che ogni due anni organizzo un congresso monotematico nella città estense – specifica il luminare – è quello di fare il punto sulle ultime innovazioni della chirurgia vertebrale convocando i massimi professionisti che ne hanno fatto la storia”. L’idea, quindi, è quella di confrontarsi con la comunità scientifica per creare un protocollo sugli aspetti innovativi della chirurgia vertebrale, come le tecniche mini-open e percutanee, perché ad oggi è possibile trattare patologie difficili con interventi estremamente poco invasivi. “È un aspetto importante perché, mentre prima si effettuavano incisioni notevoli sul paziente a cui seguivano lunghi tempi di recupero, queste tecniche permettono di fare grossi interventi con piccoli tagli e con brevi tempi di degenza (24-48 ore) e di recupero post-operatorio (14-50 giorni)”.

Se queste tecniche innovative sono già realtà, il primario specifica che bisogna trattare la questione con cautela. Le industrie propongono ogni giorno nuovi materiali per affrontare questo tipo di interventi, ma bisogna capire quando la strumentazione è realmente vantaggiosa, inutile o controindicata. Per questo urge la necessità di un confronto con tutti gli esperti e la costruzione di un protocollo. Motivo per cui si rivelerà molto interessante il dibattito in programma sabato mattina: 11 esperti proporranno un caso e quattro soluzioni per affrontarlo, a cui seguirà la discussione con la platea per capire la tecnica più idonea. Ma saranno tante altre le tavole rotonde previste per il weekend, tanto che il congresso ha ricevuto il patrocinio della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (Sicv) e della Società Italiana Neurochirurgia (Sinch): “Due bollini di garanzia che testimoniano lo spessore dell’incontro”.

Tornando alla situazione veneta, nel corso del 2013 sono stati realizzati ad Occhiobello 200 interventi in convenzione, di cui 90 di chirurgia protesica, e sono stati 130 i pazienti provenienti da Ferrara e provincia. Come spiega il chirurgo, il territorio ferrarese e basso polesine ha un alto livello di patologie di questo tipo per il clima: l’esposizione costante all’umidità non incide sulla determinazione della patologia ma sugli aspetti dei sintomi, in pratica non determina la malattia ma la rende debilitante e poco sopportabile per cui si richiede un intervento. In particolare la malattia colpisce pazienti tra i 25 e 55 anni, una fascia d’età ancora in fase lavorativa, per cui la degenza in ospedale e il recupero post operatorio costano delle spese allo Stato. Un motivo in più per fare ricerca su queste tecnologie moderne e innovative che permettono interventi a basso impatto anatomico sul paziente e che rendono la casa di cura un fiore all’occhiello per il trattamento chirurgico della patologia degenerativa ed artrosica della colonna vertebrale.

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