Cronaca
17 Novembre 2013
Il figlio del prete che stuprò la madre a 14 anni, parla da facebook

Erik, perché la verità dopo 30 anni

di Redazione | 5 min

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admin“Ho sempre avuto grosse difficoltà nel chiedere a mia madre di raccontarmi quel che era successo, sapere di ricordarle una parte di vita che voleva dimenticare, dalla quale cercava faticosamente di uscire è sempre stato un freno. Quando ho deciso di parlarne era già passata una vita. In più sapevo quello che era stato fatto dalla curia e dal Vaticano”. Erik Zattoni torna a parlare sul caso di don Pietro Tosi, il sacerdote che stuprò la madre quando aveva 14 anni e che non riconobbe la paternità. Lo fa dalla pagina facebook del gruppo “Migliarino city” per rispondere  a quelle persone “dubbiose e reticenti” che “chiacchierano a sproposito infangando il nome di persone per bene (come per 32anni ho sentito le voci di chi diceva che Tosi era mio padre, è ovvio che sento anche le altre voci)”.

Erik non lo dice, ma dalla sua lettera aperta si evince che i punti interrogativi riguardo alla sua storia si riferiscono al tempo passato prima di denunciare pubblicamente il caso e al fatto che dietro ci possa essere una ragione economica. “Ci si chiede perché 32 anni fa non si fece niente, in realtà si provò a fare qualcosa – premette Erik -. 32 anni fa mia madre parlò, raccontò la verità, ma in pochi le diedero credito, era troppo rispettato Tosi per mettere in dubbio la sua credibilità. Pochi le credevano, pochi cittadini comuni, pochi uomini delle istituzioni, si trovò sola, violentata, impaurita e minacciata. Chi le credeva preferiva far finta di niente, sicuramente tante persone che oggi si indignano, sono le stesse che all’epoca si voltarono dall’altra parte perché era troppo facile andare contro una ragazzina che contro un prete e chi gli stava dietro. Era facile voltarsi perché la figlia violentata non era la propria”.

Chi cercò di fare qualcosa fu suo zio Enzo, che si rivolse ad altri sacerdoti e alla curia. Ma venne accusato dallo stesso don “Tosi e da un altro prete del quale non si può fare il nome (perché non è presente una documentazione che ne attesti il coinvolgimento)” di essere stato lui a violentare la sorella. Lo zio “dovette sottoporsi nel 1982 all’esame del dna per dimostrare di non essere stato lui a mettere incinta mia madre. Quell’accusa per lui fu devastante, provate per un attimo a mettervi nei suoi panni. Economicamente non erano in grado di sostenere un processo (tra l’altro sconsigliato dall’avvocato al quale si erano rivolti perché andare contro quell’istituzione era un suicidio) quindi andarono dal vescovo di allora per far sì che a Tosi venisse fatto un processo interno (sarebbe stato giudicato da un tribunale Vaticano e condannato), ma si trovarono di fronte a un muro. Come confermato dalle lettere scritte dai vescovi di allora (presentate in tribunale) non c’era modo di far valere le proprie ragioni, un’omertà pazzesca”.

I tentativi di far emergere la verità ottennero solo lo sfratto, nel 1986. “Ci trovammo senza casa. Vivevamo infatti, come molti di voi sapranno, in una casa costruita appositamente per la numerosa famiglia di mia madre per volontà di Tosi. Quest’ultimo, dopo aver stuprato mia madre, minacciò di sfrattarla nel caso in cui avesse parlato. Lei 5 mesi dopo parlò e arrivò lo sfratto, divenuto esecutivo anni dopo e non immediatamente grazie alla tenacia di mio zio. Si trovarono quindi senza casa, psicologicamente a pezzi, senza risorse economiche, massacrati, senza essere ascoltati dalla chiesa e dovettero lasciar perdere tutto”.

Questo fino al 2010, “quando ho deciso di fare quello che poi avete visto ora”.

“L’ho fatto – spiega Erik – pur sapendo che penalmente Tosi non è perseguibile, l’ho fatto per dare giustizia morale a mia madre, la vera vittima, l’ho fatto per creare un precedente, l’ho fatto per risvegliare le coscienze, l’ho fatto per poter chiudere questa pagina della mia vita senza rimpianti, l’ho fatto perché era giusto farlo. Non l’ho fatto per i soldi, che Tosi non ha sia ben chiaro, come si può pensare”.

Se invece un qualche risarcimento dovesse arrivare dal Vaticano, “non ci sarebbe niente di strano, ricordatevi che mia madre mi ha cresciuto lavorando dignitosamente come avete fatto voi con i vostri figli, a lei però è mancato quel 50% che contribuisce a mantenere un figlio”.

“Io non ce l’ho con Tosi di adesso – ribadisce Erik -, anziano, malato e bugiardo per il quale provo pietà (nonostante mi abbia mandò via in malo modo più di una volta dal suo studio di Cornacervina quando andai a chiedere spiegazioni, anche con mia madre, prima e dopo il risultato del dna) ce l’ho con il Tosi che ha fatto finta di niente per 30 anni vedendomi crescere per 6 anni, ce l’ho con Tosi 54enne che violenta una ragazzina 14enne uccidendola dentro, portandosi via tutta la bellezza e spensieratezza dell’adolescenza, ce l’ho con l chi l’ha protetto fino a un mese fa. Ognuno può dire se abbiamo fatto bene o male a far tutto questo, ma chiediamo solo di non essere giudicati perché nessuno può sapere com’è stata la nostra vita, i nostri sentimenti, il nostro stato d’animo, quanto è stato difficile tutto questo”.

“Vorrei – questo il suo desiderio – che le persone critiche nei miei confronti si mettessero nei miei panni, vorrei pensassero per un attimo ai loro figli mentre vengono violentati, e vorrei mi dicessero se sono disposti a voltarsi dall’altra parte anche in quel caso. Vorrei capissero quanto è distruttiva una violenza sessuale. Vorrei che voi parlaste con queste persone cercando di aprir loro gli occhi. Io so di poter camminare a testa alta, sereno e orgoglioso di quello che ho fatto per mia madre e per chi troverà il coraggio di denunciare dopo aver visto la mia storia. Spero di aver messo un tassello importante per costruire un futuro migliore per mia figlia e per i vostri figli”.

“Ho voluto scrivere queste (troppe,non pensavo di dilungarmi tanto) righe – conclude la lettera – perché ci tenevo a far sapere cose che in tv e sui giornali non ci sono, come non ci sono tanti nomi di prelati e non solo che avrei voluto fare ma purtroppo non posso. Ad oggi sono in attesa di un incontro con il Papa, è l’unico che può punire Tosi togliendoli l’abito, 33anni in ritardo, ma sarebbe un grandissimo precedente e un grande risultato”.

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