Politica
12 Settembre 2013
Dure critiche di Tavolazzi (Ppf) alla decisione di vendere al ribasso con "pesanti perdite patrimoniali"

Azioni Hera: “Svendita ai danni della collettività”

di Redazione | 4 min

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tavolazzi 1Potrebbero essere definite domande impellenti quelle che il consigliere Ppf, Valentino Tavolazzi, rivolge in merito alla vendita di azioni Hera al ribasso . L’ex city manager rivolge dure critiche a quella che chiama una “svendita di beni comuni”, che porterebbe a una pesante perdita patrimoniale, calcolata in “circa mezzo milione di euro ogni dieci centesimi di minusvalenza tra prezzo e costo di acquisto delle azioni”.

Dopo l’autorizzazione alla vendita delle azioni Hera non vincolate, approvata in consiglio il 3 giugno scorso, ora lo stesso consiglio sarà chiamato a discutere sulla modifica che vorrebbe far sparire il limite minimo di vendita, che era stato fissato in 1,556 euro per azione, così da poter permettere la vendita stessa di azioni il cui valore si aggira ora attorno a 1,50 euro. Si tratta di 5 milioni di azioni che, negli obiettivi del Comune, servirebbero a ottenere quei 7 milioni e 400mila euro necessari a estinguere tre buoni ordinari comunali (Boc) e risparmiare 700 mila euro di interessi nel bilancio del 2014 già gravato da 5 milioni di tagli stabiliti dal governo. Per Tavolazzi, in questo modo, a pagare “è sempre pantalone”. E critica la decisione di Tagliani di cedere le azioni a un prezzo inferiore al costo di acquisto di 1,68 euro, chiedendo carta bianca ” per svendere un pezzo di patrimonio collettivo non nell’interesse dei normali cittadini, ma di chi potrà comprare (si spera non Hera) e di chi incasserà la mediazione (Carife)”.

Poco importa, secondo Tavolazzi, che la contabilità pubblica non registri la perdita patrimoniale derivante dall’operazione, perché comunque “si tratta di soldi persi dalla collettività”. “Siamo spaventati – spiega il consigliere comunale Ppf – dai ritardi, dalla superficialità con cui si affrontano questi problemi e dalla delega in bianco chiesta dal Pd, di poter agire al ribasso in questa operazione, dopo i danni causati ai ferraresi con le svendite di Agea, delle reti del gas e con lo scandaloso immobilismo sul derivato Dexia. Vicende che, oltre ad aver determinato lo spreco di milioni di euro in danno ai cittadini, hanno dimostrato la subalternità politica del partitone all’azienda monopolistica, che di fatto governa la città”.

L’opinione di Tavolazzi è che la vendita delle azioni doveva essere fatta, ma a tempo debito, quando lo aveva proposto Ppf, sia nel febbraio 2010 che nel marzo 2011, “allo scopo di abbattere il debito e destinare i vantaggi a famiglie, imprese ed estinzione anticipata del derivato”. Nel 2010, ricorda Tavolazzi, “il titolo Hera superava 1,7 euro (tra marzo e aprile) e gli scambi erano di milioni di pezzi al giorno”. “Oggi – aggiunge – vale meno di 1,5 euro, dunque per 5 milioni di azioni il Comune incassa un milione di euro in meno. Invece di approvare quell’emendamento, nell’interesse dei cittadini, il capogruppo Simone Merli, a nome del Pd, sventolò in aula il patetico dossier di presunti insulti Ppf, dissertò sul “Bignamino”, mentre Portaluppi si dilungò sulle mansioni dei bagnini. E tutti udirono in aula gli strilli in falsetto del sindaco che mi accusava di ritenerlo un “utile idiota” e/o un “disonesto”, vocaboli da me mai proferiti, né scritti”. Nel marzo 2011 Ppf ripropose la vendita di azioni Hera per abbattere il debito, “ma ancora una volta – riferiscew Tavolazzi – il Pd fece muro, buttando dalla finestra i soldi dei cittadini.  L’assessore allo sbilancio Marattin dichiarò ‘La nostra linea è: 1) non conviene vendere le azioni Hera per estinguere il debito; 2) non conviene in generale destinare i proventi di qualsiasi vendita… ad abbattere il debito’. Sorge allora spontanea una domanda: se non conveniva vendere quando il titolo valeva 1,7 euro (fino al giugno 2011) e gli interessi sul debito erano più alti di oggi, come può convenire ora, con un incasso previsto di un milione di euro in meno? Il pallottoliere di Marattin fornirà di certo una risposta convincente”.

Dal giugno 2011, da quando cioé il titolo Hera ha poi iniziato una discesa durata fino ai primi mesi del 2013, Tavolazzi precisa che da allora Ppf “ha smesso di sollecitare il sindaco a vendere le azioni Hera, ritenendo più conveniente attenderne la risalita”. Ed è a questo punto che Tavolazzi snocciola quelle che abbiamo definito “domande impellenti”. “Tagliani invece – conclude infatti il consigliere di opposizione – da maggio 2013, ha cominciato a sentire l’impellente bisogno di liberarsi di quel peso, anche a fronte di una pesante perdita patrimoniale. Perché questa svolta? Perché non ha venduto quando lo chiedeva Ppf e conveniva alla città? Chi vuole ora quelle azioni, acquistabili a basso prezzo, da un Comune obbligato a fare cassa a qualunque costo? Perché il Pd a Roma strozza i Comuni e a Ferrara, per rimediare, svende il patrimonio collettivo”?

 

 

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