Cronaca
8 Aprile 2013
L’autore di Gomorra. “Allontanare dalla polizia anche chi solidarizza con loro”

Aldrovandi, Saviano: “Chi difende i colpevoli non può difendere la società”

di Marco Zavagli | 4 min

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admin-ajax.php“Chi difende quei colpevoli non può difendere la società”. Usa parole durissime Roberto Saviano per descrivere le ultime vicende legate al caso Aldrovandi. E chiama “assassini” i poliziotti condannati, anche se sono stati giudicati per omicidio colposo. In un intervento su L’Espresso lo scrittore di Gomorra chiede di prendere le distanze dai poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi. Più che prendere le distanze, i loro colleghi delle forze dell’ordine “devono battersi perché i quattro agenti non siano reintegrati. E perché chi solidarizza con loro sia allontanato. Chi difende quei colpevoli non può difendere la società”.

Già il giorno successivo al sit in del Coisp a Ferrara, che scatenò nuove polemiche a livello nazionale, il giornalista che da anni vive sotto scorta aveva manifestato solidarietà alla famiglia. “Immagino – aveva scritto su facebook quanto dolore provi la mamma di Federico Aldrovandi a mostrare, a vedere, quella foto terribile di Federico con l’aureola di sangue”. Non un cuscino, nel caso Giovanardi fosse in ascolto.

Ora torna sull’argomento dalle colonne del settimanale L’Espresso toccando uno degli aspetti più controversi a livello sociale della vicenda. “Spesso in Italia far valere i propri diritti è una corsa ad ostacoli. Prevale quell’immobilità che un Parlamento in perenne stallo alimenta. Accade così che sull’assunzione di sostanze stupefacenti, per fare un esempio, ci sia una “letteratura” costantemente smentita dai fatti che però consente al politico di turno di raccogliere consensi assumendo che si è stati picchiati – anche a morte – dalle forze dell’ordine e si era in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di oppiacei, in qualche modo la colpa è del “drogato” e non di chi lo ha manganellato a morte”. Ma “uno spinello non è l’anticamera della tossicodipendenza, un bicchiere di vino o un cocktail se in corpo a un diciottenne non sono prova di mancanza di senno. Assunzione di alcol e droghe non possono in nessun caso – non dovrebbero, ma spesso lo sono – essere usate per giustificare morti dovute ad abusi di potere. Ed è assurdo che quando quattro poliziotti uccidono di botte un diciottenne, ci vogliano 11 anni (sette, ndr) per avere una sentenza definitiva di condanna. E’ assurdo avere la certezza che scontata la pena, quei quattro agenti saranno reintegrati ai loro posti. Assurdo che i quattro poliziotti che hanno ucciso con calci, pugni e manganellate Federico Aldrovandi possano tornare a fare il loro lavoro. Il carcere può riabilitarli ma non saranno mai più idonei a difendere la collettività che si è dovuta difendere dalla loro follia, dalla loro spietata violenza”.

Ugualmente assurdo, per Saviano, è che dopo le scuse del capo della polizia Antonio Manganelli alla famiglia Aldrovandi, dopo una sentenza di condanna per omicidio colposo, “ci sia ancora chi scenda in piazza in solidarietà dei quattro assassini. Assurdo che a scendere in piazza siano poliziotti (rappresentanti del Coisp), che hanno giurato fedeltà alla nostra costituzione. Sono certo che, se fosse stato ancora vivo Manganelli, sarebbero stati più prudenti a fare questa orrenda sceneggiata squadrista. Assurdo che non si rispetti la decisione di un tribunale. Assurdo che si abbia tanto in spregio la vita umana e il dolore di una madre. Assurdo che i protagonisti di tutto questo siano rappresentanti delle forze dell’ordine. I casi Aldrovandi, Cucchi, Uva, Gugliotta, sono casi di abuso di potere nei quali i famigliari – quando ci sono riusciti – hanno dovuto lottare con tutte le forze umane ed economiche per vedere ristabilita la verità”.

“Ogni giorno si effettuano migliaia di controlli, centinaia di arresti – conclude Saviano -. Non dirò di come molti poliziotti, carabinieri, finanzieri lavorino senza mezzi adeguati in territori difficili, non lo farò perché sarebbe superfluo e non lo farò perché è importante che le forze dell’ordine si difendano da sole prendendo nettamente le distanze da quei colleghi che con i loro comportamenti macchiano intere categorie. E’ fondamentale che si battano perché i quattro assassini di Federico Aldrovandi, scontata la pena, non vengano reintegrati nella Polizia. Che si battano perché chi il 27 marzo 2013 ha manifestato in solidarietà ai quattro assassini venga allontanato dalla Polizia. Chi difende degli assassini non può difendere la società”.

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