Cronaca
23 Settembre 2012
L’ippodromo ha ospitato la serata concerto organizzata in memoria di Federico

Nel nome di Aldro

di Redazione | 4 min

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25Aprile. “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”

“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che auguro a voi di non sentire mai”. 

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di Daniele Oppo

Si è svolto all’Ippodromo, nella via in cui perse la vita Federico Aldrovandi, il concerto “Verità grido il tuo nome”. La Zona del Silenzio, quella annunciata da un cartello in via Ippodromo e divenuta tristemente famosa nella storia di Ferrara nel caso Aldrovandi, è stata spezzata per una volta da una serata concerto dedicata alla memoria di Aldro -la cui foto campeggiava sullo sfondo del palco-  e a tutte le altre vittime dell’ingiustizia di Stato.

La serata, iniziata con un’ora di ritardo, condotta da Giulia Innocenzi, ha visto l’alternarsi di gruppi musicali e interventi di tanti ospiti.

Ad aprire la carrellata di discorsi è stato l’avvocato Fabio Anselmo che nel suo intervento ha rimarcato un argomento -poi ripreso da molti dei successivi ospiti-, che è quello della necessità di un’esposizione mediatica dei casi come quello di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e Giuseppe Uva. “Il processo mediatico serve per informare la gente e raggiungere una verità che se poi coinciderà anche con quella processuale sarà ancora più grande” ha detto, riferendosi poi allo specifico caso Cucchi per il quale sostiene che la famiglia “oggi ha già vinto” dato che i giornalisti e l’opinione pubblica sanno cosa è successo a Stefano. L’avvocato ha puntato poi l’indice sul “corporativismo che colpisce le forze dell’ordine”, auspicando che “chi porta la divisa, anche se ad essere imputato è un suo collega, faccia un passo indietro e lasci che la giustizia faccia il suo corso”.

Dopo un intermezzo musicale è stata la volta di Francesca Boari che ha letto uno spezzone del suo libro Aldro accompagnata sul palco da una visibilmente commossa Patrizia Moretti, madre di Federico.

E’ stato poi il turno di Filippo Vendemmiati, giornalista e autore del docu-film E’ stato morto un ragazzo, che ha letto in pubblico una lettera aperta al Ministro Cancellieri accompagnato alla chitarra da Matteo Pedrini -autore della canzone Aldro Vive, parte della colonna sonora del film. Il cantautore si è poi rabbiosamente e appassionatamente esibito insieme a Nicola Banchio, gridando più volte la sua indignazione per il silenzio di Via Ippodromo e invitando la città di Ferrara a svegliarsi.

Lucia Uva, sorella di Giuseppe, accompagnata da Patrizia Moretti ha poi pronunciato alcune delle parole con più impatto emotivo, rivolgendosi in prima persona a Federico Aldrovandi, guardando la sua foto sul palco e dicendogli di dover ringraziare i suoi genitori, perché la sua battaglia deriva dalla forza dei suoi genitori. Poi rivolgendosi a Patrizia Moretti ha detto “tu sei il nostro perno”.

La madre di Federico ha poi ammesso la difficoltà di trovarsi lì in quel luogo a pochi passi da dove sette anni fa perse la vita suo figlio, ha ringraziato le persone che le sono state vicine nella sua battaglia (ma “è una battaglia di tutti noi” ha ricordato più volte la Innocenzi) e anche lei come l’avvocato Anselmo e come poi farà anche Ilaria Cucchi, ha ricordato “il valore e l’importanza della visibilità mediatica”. Non è mancato l’aggiornamento sul suo incontro con il ministro Cancellieri, alla quale, insieme con il marito Lino, ha chiesto “con forza che i quattro poliziotti condannati” per l’omicidio del figlio vengano licenziati ed espulsi dalla Polizia e che venga fatto di tutto per introdurre il reato di tortura. La risposta del Ministro, che ha espresso solidarietà alla famiglia, sarebbe stata “molto istituzionale ma positiva” e “ha assicurato che le motivazioni della sentenza di Cassazione contro gli agenti potrebbero essere molto rilevanti in sede di commissione disciplinare”, dove verrà valutato il loro comportamento.

Ilaria Cucchi (accompagnata da Luigi Manconi dell’Osservatorio sulla Repressione), visibilmente emozionata, ha ricordato quanto siano “sole le famiglie delle vittime della violenza di Stato”, raccontando del “clima di omertà e ingiustizia” nel quale sono costrette a vivere e sottolineando ancora una volta quanto importanza abbiano manifestazioni come questa “per non far cadere le cose nel silenzio”.

Molto polemico Italo Di Sabato, che ha dipinto l’Italia come “il paese del mistero e dei paradossi”, rivolgendosi alle “tante verità taciute sulle stragi dei decenni passati” e al fatto che “uccidere Federico vale 3 anni di carcere, mentre spaccare una vetrina ne costa dieci: la giustizia italiana è giustizia di classe”.

A chiudere gli interventi è stato infine Lino Aldrovandi che ha usato parole toccanti e molto equilibrate: “tutti abbiamo delle colpe, nessuno escluso -ha affermato- ma Federico doveva vivere”. “Non era un eroe, ma solo un ragazzino di 18 anni” ha proseguito per poi affermare “non ci sarà mai odio nelle mie parole, ma non ci sarà neppure perdono per quelle persone che hanno reso così difficile il nostro cammino, ostruendo la giustizia e nascondendo la verità”. Infine un appello per la ricostruzione di un senso di legalità e giustizia nella società civile, da “costruire giorno per giorno” e con “la memoria che deve restare aperta” e una nota di speranza che risuona come un abbraccio alle altre famiglie delle vittime: l’augurio che “ogni cosa creata dall’intelletto per Federico, attraverso la musica o la poesia, possa trasformarsi in amore per altri figli”.

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