Comacchio
28 Novembre 2022
L'intervento del professor Romeo Farinella sugli ultimi disagi creati dal maltempo ai lidi nei giorni scorsi

La mareggiata di Volano, un evento non imprevisto che richiede strategie e non solo settorialità

di Redazione | 5 min

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di Romeo Farinella*

L’incremento delle mareggiate e la loro periodicità non è una novità così come il progressivo innalzamento del livello del mare a causa dei cambiamenti climatici. Credo si debba seriamente iniziare a riflettere non solo in termini di emergenza ma di ripensamento strutturale del sistema costiero nazionale, da un punto di vista urbanistico, paesaggistico, socioeconomico e ovviamente geologico-ambientale. Questi aspetti hanno una loro dimensione settoriale ma la scommessa sarà nel farli interagire in una visione di futuro per il territorio deltizio che richiederà nuove strategie progettuali e scelte orientate anche alla decostruzione.

Il Delta del Po condivide, assieme a tutte le altre aree deltizie del mondo, una situazione di crescente precarietà, accentuata dai cambiamenti climatici in atto, dovuta ad eventi meteo-marini sempre più estremi che contribuiscono all’aumento del rischio idraulico sul territorio. Più in generale, c’è un consenso scientifico sul fatto che tali aree subiranno conseguenze sempre più significative a cui potrebbero seguire inevitabili stravolgimenti di natura socioeconomica. Dai rapporti dell’ISPRA sul dissesto idrogeologico in Italia (Triglia A. et al., 2018), si evince che, per estensione e numero di abitanti, l’area deltizia padana costituisce la zona a maggior rischio idraulico della penisola italiana. Insomma non vi è nessuna fatalità in quello che sta capitando.

Il pericolo riguarda i fiumi, il reticolo idrografico secondario, cioè i canali di bonifica, che possono risentire dell’intensità delle precipitazioni e causare eventi alluvionali, mentre i fenomeni di mareggiate e moto ondoso, combinati con l’innalzamento del livello medio del mare, sottopongono la costa deltizia padana a preoccupanti fenomeni di erosione costiera ed ingressione marina. Nell’ultimo decennio le mareggiate hanno impattato in modo significativo su tutta la costa dell’Emilia-Romagna. Ciò è accentuato da un’urbanizzazione costiera diffusa che non si è posta il problema della morfologia del territorio, andando a stravolgere un tratto costiero molto delicato con opere di impermeabilizzazione che spesso risentono degli effetti dell’erosione.  Se un tempo la difesa dell’entroterra era garantita naturalmente dalla presenza di cordoni di dune sabbiose e boschi costieri e da un territorio che assecondava la mutevolezza naturale del delta, oggi lo spianamento delle stesse dune, l’irrigidimento dei corsi d’acqua, unito alla presenza di opere pesanti, favoriscono, oltre ai problemi sopra citati, l’ingressione marina nei terreni interni posti ad una quota altimetrica più bassa rispetto alla costa. La proposta di continuare a trivellare l’Adriatico a fini energetici appare indubbiamente senza senso. I litorali sono protetti tramite opere rigide, quali arginature artificiali di pietra, palizzate lignee, scogliere frangiflutti o ripascimenti ma si tratta di soluzioni temporanee, costose e bisognose di continua manutenzione e rafforzamento con il prelievo annuale di inerti dai fondali marini. Va ricordato che la sabbia è una risorsa naturale sempre più rara il cui mercato è il terzo più lucrativo al mondo che genera inoltre fenomeni rilevanti di sfruttamento umano in continenti come l’Africa o l’India. Altrove si sono avviati progetti di ricostituzione delle dune sabbiose con dispositivi utili per la captazione dei sedimenti trasportati dal vento mentre in Olanda da tempo si sperimentano i sand motor come dispositivo naturale per la captazione della sabbia e il ripascimento naturale della costa. Tali tipi di intervento consentono la formazione della duna nel giro di pochi anni (i tempi non sono certo immediati) e potrebbero costituire lo spunto per un ripensamento generale dei tratti costieri più precari, inaugurando un nuovo modo di pensare alla difesa di una costa ibrida e mutevole per sua natura, non più in termini tecnico-ingegneristici ma attraverso un sistema basato su un approccio che può definirsi ecosistemico-adattivo.

Tali obiettivi potrebbero attuarsi attraverso progetti finalizzati alla rinaturalizzazione della costa, ripristinando il sistema dunoso e ridisegnando le urbanizzazioni retrostanti, come prima ricordato, e l’organizzazione del fronte spiaggia, anche attraverso progetti di controllata decostruzione. Il modello del bagno come “piazza aperta” sulla spiaggia è probabilmente da rimettere in discussione, meglio sarebbe pensare a strutture su pilotis poste dietro un cordone dunoso continuo. Il geomorfologo dell’Università di Ferrara Paolo Ciavola in un suo articolo sul Resto del Carlino del 26 novembre scorso parla giustamente di zone cuscinetto in grado di assorbire l’allagamento e poi giustamente pone il problema del “ridisegno” dell’intera morfologia dei paesi e delle urbanizzazioni costiere. Su questi temi in questi anni abbiamo lavorato sui territori dei lidi di Volano, delle Nazioni e degli Estensi in collaborazione con università italiane ed europee. Da questi lavori emerge la necessità di una grande operazione di rigenerazione urbanistica costiera così come evidenziano anche i lavori e le attività condotte recentemente nella DISS-Delta International Summer School, promossa da UNIFE insieme a Delta 2000. Per tre anni si è lavorato nel territorio deltizio ferrarese e ravennate con un approccio interdisciplinare e coinvolgendo urbanisti, geologi, ecologi, paesaggisti, agronomi in un lavoro comune. Sarebbe forse opportuno che le istituzioni pubbliche a tutti i livelli, non si limitassero solo ai saluti formali in occasione di tali attività ma ne prendessero in seria considerazione anche i risultati, per definire le loro politiche di medio e lungo termine.

L’acqua, nelle sue molteplici declinazioni, nonostante sia il fattore geografico e storico distintivo del nostro territorio, non è mai stata al centro di una visione culturale ed economica portatrice di azioni integrate, multi-attoriali e interdisciplinari: ha sempre prevalso un approccio settoriale. Nonostante la presenza delle più antiche strutture di gestione idraulica delle acque del nostro paese, e di un’economia agricola fondata sul riso IGP che coinvolge tutto il territorio deltizio, e sulla pesca,  la costa e l’acqua non sono mai diventate parole chiave attorno a cui impostare una visione di territorio e di futuro, ad esclusione della salvaguardia dei luoghi di interesse naturalistico e patrimoniale inseriti nella rete delle tutele e vincoli ambientali e delle zone di sfruttamento economico. È arrivato il momento di cambiare approccio e di orientarsi verso una progettualità diffusa e multi-scalare che associ gli approcci nature based solution ad una ricerca progettuale seria e consapevole (research by design) sul come organizzare le nostre urbanizzazioni costiere. Non dimentichiamoci che la storia ci ha insegnato che la storica mutevolezza del paesaggio deltizio è paradossalmente il carattere più permanente del nostro territorio.

*professore di Urbanistica del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, dove dirige il CITERlab, un laboratorio di ricerca che opera nel campo della progettazione urbana e territoriale

 

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