Politica
25 Luglio 2022
Secondo i legali le dimissioni della consigliera ex Lega non erano valide. A rischio tutti gli atti successivi

A ottobre il Consiglio di Stato si pronuncia sul caso Arquà

I cassonetti dove sono state fatte firmare le dimissioni di Rossella Arquà
di Redazione | 3 min

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I cassonetti dove sono state fatte firmare le dimissioni di Rossella Arquà

I cassonetti dove sono state fatte firmare le dimissioni di Rossella Arquà

Il Consiglio di Stato ha fissato la data dell’udienza che vede contrapposti Rossella Arquà e Comune di Ferrara. Il caso è quelle delle dimissioni in corsa formate sui bidoni dell’immondizia.

Erano i giorni in cui la Digos perquisì la casa della fedelissima del vicesindaco Nicola Naomo Lodi, scoprendo che alcune delle lettere anonime minatorie nei confronti di Naomo provenivano proprio da lei.

Era il pomeriggio del 10 giugno dello scorso anno. Il mattino successivo la chiamò il segretario provinciale della Lega Davide Bergamini, che – non si sa come – era perfettamente a conoscenza della perquisizione del giorno prima. Bergamini le intima “perentoriamente di rassegnare le dimissioni”, come scrivono nel ricorso gli avvocati Fabio Anselmo e Carlotta Gaiani, oltre che dalle cariche di partito (responsabile organizzativo provinciale, responsabile dei tesseramenti e incaricata dell’apertura della sede provinciale del partito), anche dalla carica di consigliera comunale.

Bergamini – ancora una volta non si sa come – era anche a conoscenza del fatto che il giorno dopo un giornale locale “avrebbe dato ampio risalto all’oggetto delle indagini a suo carico”.

Poco dopo, sempre quella mattina, Arquà riceve la telefonata del presidente del consiglio, anch’egli in quota Lega, Lorenzo Poltronieri. La invita a recarsi in Comune per firmare le dimissioni da consigliera comunale. Lei rifiuta e lui, dopo averle chiesto dove si trovasse in quel momento, la raggiunge sul posto (di fronte alle Poste di via Spadari), portandosi dietro il suo segretario particolare, Giuseppe Milone.

Qui, sopra i bidoni della raccolta indifferenziata, le fa firmare un documento già predisposto, contenente la dichiarazione di dimissioni. Un documento, sottolinea il ricorso, “che la stessa non solo non ha redatto ma non ha avuto nemmeno modo di leggere compiutamente”. Poltronieri correrà quindi in municipio a protocollare il tutto.

Al primo consiglio comunale utile, quello del 28 giugno 2021 viene deliberata a maggioranza la surroga. Ad Arquà subentra Stefano Franchini, ora capogruppo.

Insieme ai suoi legali Arquà prima diffiderà i consiglieri dal votare quell’atto e poi, a cose fatte, impugnerà la delibera davanti al Tar. Il giudice amministrativo di prima istanza, pur rilevando la “atipica sequenza procedimentale”, rigetta il ricorso. Ora è il turno del Consiglio di Stato, al quale viene chiesto di annullare quella delibera e “ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente”.

“La sottoscrizione del documento – spiegano Anselmo e Cariani -, materialmente predisposto da altri, da parte della sig.ra Arquà, avveniva in un momento di assenza di lucidità, in cui la stessa si trovava in uno stato di profonda ed

evidente prostrazione e disorientamento emotivo a fronte della perquisizione domiciliare da poco subita e dalla preannunciata campagna di stampa relativa alla vicenda giudiziaria che la vedeva protagonista”.

Rossella Arquà

Rossella Arquà

All’elemento soggettivo se ne aggiunge uno formale: “tale documento non veniva nemmeno rilasciato in copia alla sig.ra Arquà, che ha potuto prenderne visione solo dopo aver presentato istanza di accesso agli atti”. Lo stesso Consiglio di Stato, in una precedente decisione, ha affermato che le dimissioni dalla carica di consigliere comunale devono essere presentate mediante la materiale e personale consegna al protocollo, da parte dell’interessato, del documento contenente l’atto delle dimissioni stesse, con la conseguenza dell’improcedibilità e, comunque, della mancanza di efficacia delle dimissioni presentate per interposta persona o inoltrate per posta o con altri mezzi.

“In mancanza di valide dimissioni e di seggio vacante – concludono gli avvocati -, risulterà travolta la validità della delibera di surroga che si fondava su detti presupposti”.

Se il Consiglio di Stato dovesse dar ragione ad Arquà, tutti gli atti e delibere successivi al quel 28 giugno potrebbero essere passibili di annullamento.

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