Cronaca
9 Giugno 2022
L'ingegnere e imprenditore è accusato di bancarotta fraudolenta per aver distratto fondi al fallimento tramite operazioni tra le sue società

Magazzini Darsena, chiuse le indagini a carico di Mascellani

di Daniele Oppo | 3 min

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La procura di Ferrara ha chiuso le indagini a carico dell’ingegner Roberto Mascellani, imprenditore notissimo in città, accusato di bancarotta fraudolenta per una serie di operazioni che hanno riguardato società da lui controllate e relative alla Magazzini Darsena, società di cui era amministratore delegato e che è fallita nel 2013.

L’indagine – condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dal pm Stefano Longhi – è durata circa sette anni e nell’agosto 2016 portò al sequestro di 4 milioni di euro in liquidità e titoli da conti riconducibili allo stesso Mascellani. Nel dettaglio vennero sequestrati 700mila euro in titoli e 3,3 milioni suddivisi in 33 assegni. Un sequestro tuttora in vigore e che ha retto anche in Cassazione agli attacchi della difesa che, da quanto si apprende, ha presentato un nuovo ricorso su basi differenti, anche sulla scorta dell’andamento di una parallela causa civile: davanti al tribunale delle imprese di Bologna, il curatore ha ridotto l’importo iniziale di 36 milioni a 3 milioni quanto a richieste risarcitorie in solido.

La contestazione della procura avrebbe come fulcro il versamento, nel 2006, di 6 milioni di euro da parte della Magazzini Darsena a favore della controllante Sinteco Real Estate – altra grossa società della ‘galassia Mascellani’, poi dichiarata fallita nel 2020 – in modo che quest’ultima potesse comprare 155.000 azioni della Cassa di Risparmio di Ferrara cedute da Mascellani in proprio, per il prezzo complessivo di 5.595.000 euro.

Gli inquirenti si sono concentrati sull’esame dei flussi finanziari di tutte le imprese collegate alla Magazzini Darsena Spa, notando che una consistente parte delle somme prestate nel tempo alla società controllante e non restituite sarebbe stata fatta confluire su conti fiduciari intestati a terzi e poi in un conto di una società svizzera che per gli inquirenti era nell’esclusiva disponibilità proprio di Mascellani, che poi avrebbe fatto rientrare le somme in Italia tramite una fiduciaria.

In sede di giudizio cautelare, la difesa di Mascellani ha sempre sostenuto che in realtà, prima dell’operazione da 6 milioni di euro, la Magazzini Darsena era debitrice verso la controllante di circa 11,4 milioni di euro e che peraltro la stessa Magazzini, tra 2006 e 2013, aveva ricevuto finanziamenti da altre società del gruppo per circa 8,5 milioni di euro. La difesa, sempre riguardo al sequestro, sostenne il passaggio di liquidità da Magazzini Darsena a Sinteco Real Estate e poi da questa a Mascellani avvenne in forza di un titolo specifico e lecito: la compravendita dei titoli azionari.

L’avviso di chiusura indagini, da quanto si apprende, era già stato notificato mesi addietro all’interessato e ai suoi legali.

L’ingegner Mascellani, contattato da Estense.com, non rilascia dichiarazioni, ma concede solo un “sono stupito” e si lascia andare a una battuta: “Che strana fuga di notizie, invito tutti i cittadini ferrarese ad andare a votare al referendum sulla magistratura”.

“Non possiamo che condividere lo stupore e l’amarezza del nostro assistito di dover ora affrontare il processo anche sugli organi di stampa – dichiarano i suoi legali, gli avvocati Marco Linguerri e Lorenzo Valgimigli -. Vigileremo affinché ogni forma di divulgazione e risonanza mediatica del processo venga espressa correttamente e nel rispetto delle regole della presunzione di non colpevolezza, anche di recente approvate. Tanto più che il processo riguarda una persona, come l’ing Mascellani, che ha attraversato da protagonista molte vicende della città contribuendo al suo sviluppo e al suo miglioramento economico e sociale. Siamo convinti che il confronto processuale, se potrà svolgersi in modo sereno e senza condizionamenti ambientali pregiudizialmente ostili, non potrà che giovare alla verità dei fatti e alla ricostruzione di vicende fallimentari che non dipesero da condotte rimproverabili all imprenditore, ma semmai da interessi antagonistici, che purtroppo hanno caratterizzato la storia non nobile del capitalismo italiano in tante, ed anzi troppe vicende”.

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