Cronaca
5 Maggio 2022
Il gip archivia l'indagine a carico di un docente Unife (e dei due membri della commissione) accusato di aver ‘pilotato’ un concorso per assegni di ricerca

“Opacità” ma nessun abuso d’ufficio: archiviazione per il prof

di Daniele Oppo | 3 min

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“Nonostante le opacità di talune circostanze in cui si sono svolte le procedure di assegnazione fino alla loro sospensione, non sussistono elementi sufficienti per sostenere in giudizio l’accusa nei confronti degli indagati”. Si chiude con un’archiviazione da parte del gip l’indagine a carico del professore Unife Livio Zerbini, presidente della commissione per l’assegnazione di un assegno di ricerca, denunciato per abuso d’ufficio da due ricercatrici perché il concorso sarebbe stato ‘pilotato’ verso due vincitrici prima del suo svolgimento.

Con lui erano indagati anche il prof Sandro Bertelli e la ricercatrice Rachele Dubbini, membri della commissione, nei confronti dei quali già il pm Ciro Alberto Savino (che aveva chiesto l’archiviazione per tutti) aveva constatato non esservi alcun elemento nemmeno per sospettare una loro partecipazione alla presunta macchinazione. Anche le loro posizioni sono state ovviamente archiviate.

Il principale indagato era Zerbini. D’altronde tutto è nato da alcuni suoi un po’ improvvidi messaggi WhatsApp inviati a una delle denuncianti che gli chiedeva conto del perché non fosse stata informata della pubblicazione del bando per gli assegni.

“Servono persone per il sea [Se@, il Centro di tecnologie per la comunicazione dell’Ateneo estense, di cui Zerbini era direttore, ndr] e non persone con vostro profilo, mi dispiace ma si doveva fare così per far funzionare il sea”, rispose il prof, prima di tornare sui propri passi, affermando che “l’assegno è un concorso e quindi chi otterrà i risultati maggiori otterrà l’assegno” e spiegando di essersi “sbagliato con le borse di studio del Sea, in quel caso si tratta di rinnovi. Quanto ai due assegni chi otterrà il risultato migliore vincerà”.

In ogni caso, dopo la candidatura delle due denuncianti, Zerbini si dimise dalla procedura selettiva (e con lui anche gli altri due commissari) che così si bloccò.

Una condotta che, tirando le somme, non vale “ad integrare la prova della sussistenza del tentativo di abuso d’ufficio”, per il quale servono atti idonei e univoci. Caratteristiche che difettano nel caso in questione: “La procedura selettiva – rileva il giudice Carlo Negri nel decreto di archiviazione – si è arrestata a seguito delle dimissioni dei commissari, quando ancora nessun concreto atto era stato posto in essere ai fini dell’ipotizzata ‘assegnazione pilotata” […]. Di fatto, alcun atto esecutivo idoneo a integrare il tentativo è stato computo dallo Zerbini”.

Nemmeno i messaggi inviati hanno un valore come “atti preparatori”, “non essendo le affermazioni dello Zerbini oggettivamente rivelatrici del fine criminoso”. “La condotta posta in essere dallo Zerbini – scrive il giudice – non può dunque considerarsi penalmente rilevante perché arrestatasi prima della soglia di punibilità del tentativo e limitatasi alla manifestazione di una possibile intenzione”.

“L’archiviazione – commenta l’avvocato Salvatore Mirabile, che assiste l’unica rimasta delle due iniziali denuncianti – arriva sull’assunto che i comportamenti di Zerbini non hanno raggiunto la soglia del tentativo punibile, ne prendiamo atto ma quel che resta è che il giudice non mette in discussione che ci siano stati quei comportamenti e quelle azioni”.

Soddisfazione vi è nelle parole dell’avvocato Pasquale Longobucco, che assiste il professore: “Il gip ha escluso che la condotta del prof Zerbini avesse i connotati, non solo dell’idoneità a superare la soglia degli atti preparatori, ma ogni oggettivo e concreto fine criminoso. Nell’accogliere le argomentazioni difensive – Zerbini ha sempre sostenuto la sua estraneità alle condotte attribuite, spiegando il senso e il contesto temporale dei messaggi inviati alle denuncianti -, ha rilevato come tutto il quadro accusatorio fosse caratterizzato da opacità nella descrizione delle procedure di assegnazioni degli assegni di ricerca. Con questa decisione si restituisce dignità umana e professionale a una persona che si è sempre comportata in maniera trasparente e corretta nella gestione della sua attività di docente. Non escludiamo ora azioni a tutela dell’immagine del professore”.

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